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Papillomavirus: quando e perché vaccinarsi

Papillomavirus: quando e perché vaccinarsi

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Papillomavirus: quando e perché vaccinarsi
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22/07/2007

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

A cura di: Angela Pederiva

Sintesi dell'intervista e punti chiave

I papillomavirus (HPV) sono una grande famiglia di virus a trasmissione sessuale, formata da oltre cento ceppi diversi: sono detti anche virus a DNA, perché usano lo stesso “alfabeto” biochimico del nostro codice genetico. Questa caratteristica mimetica li rende particolarmente pericolosi, perché una volta entrati all’interno della cellula non possono più essere eliminati: ciò comporta il rischio di recidive e, soprattutto, di evoluzione tumorale dell’infezione. C’è però una buona notizia: è da poco entrato in commercio un vaccino “tetravalente”, così chiamato perché neutralizza i ceppi 6 e 11, responsabili del 90 per cento dei condilomi genitali (lesioni benigne ma molto fastidiose), e dei ceppi 16 e 18, che provocano il 70 per cento dei carcinomi maligni del collo dell’utero.
Il vaccino è preventivo, cioè adatto a chi non abbia ancora contratto il virus: attacca il capsìde, ossia la “carrozzeria” del virus, e impedisce che questo infetti le cellule. Un altro tipo di vaccino, ancora in fase di studio, mira a impedire che le cellule già infettate progrediscano nel processo di trasformazione tumorale: una vera e propria “vaccinazione terapeutica”, ossia curativa.
In questa intervista illustriamo:
- l’affidabilità del vaccino preventivo: al momento è dimostrata nel 90 per cento dei casi, perché non si hanno ancora dati certi per i soggetti con una risposta immunitaria ridotta (per esempio, a causa di terapie immunosoppressive, predisposizione genetica o malattie come l’HIV);
- i possibili effetti collaterali del vaccino: nell’1 per cento dei soggetti si possono manifestare una leggera febbricola, rossore, dolore, gonfiore e prurito nel punto dell’iniezione; nello 0.1 per cento dei casi, si assiste invece a broncospasmo e reazioni allergiche. Si tratta dunque di effetti blandi e molto rari, che però vanno subito segnalati al medico;
- l’importanza di somministrare il vaccino solo se le condizioni generali di salute sono soddisfacenti: in caso di febbre alta da bronchite o influenza, per esempio, è meglio aspettare, perché un organismo debilitato è più esposto agli effetti collaterali del farmaco;
- quando è bene vaccinarsi: in teoria a qualsiasi età, purché non si siano mai avuti rapporti sessuali o li si abbia sempre avuti con la protezione del profilattico. La fascia più a rischio è però quella dei giovani, che tendono ad avere rapporti più frequenti, più promiscui e meno protetti: il Ministero della Salute ha quindi predisposto la vaccinazione gratuita per le ragazzine dai 12 ai 16 anni, che si presume non abbiano ancora una vita sessuale;
- la durata della copertura: per il momento è sicura fino a 5 anni, perché è questo l’orizzonte temporale degli studi sino ad ora condotti; è però probabile che, con il tempo, i dati di follow up dimostrino che, una volta attivata, la prevenzione è permanente;
- i motivi per cui sarebbe bene vaccinare anche i ragazzi;
- l’importanza che l’uso del profilattico mantiene nella prevenzione di infezioni provocate da ceppi di HPV non coperti dal vaccino e di altre malattie a trasmissione sessuale (prima fra tutte la Chlamydia).

Parole chiave:
Malattie sessualmente trasmesse Papillomavirus Vaccino anti HPV

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