Luisella C. (Trento)
Le ragioni del corpo
I geni a rischio più importanti sono stati chiamati BRCA-1 e BRCA2. Questi geni possono essere trasmessi da entrambi i genitori in maniera “autosomica dominante”: in concreto, questo significa una probabilità del 50% di ereditare quel/quei geni, se un genitore li possiede. Attenzione: non si eredita il tumore, ma la predisposizione a svilupparlo sia alle mammelle, sia alle ovaie, in età più giovane rispetto ai tumori causati da fattori non genetici. Per esempio, Angelina Jolie, portatrice del gene BRCA-1 come la madre e la zia, morte di cancro al seno, aveva una probabilità dell’87% di avere un tumore al seno e del 50% all’ovaio!
Questa predisposizione può essere aumentata o diminuita da fattori modificabili, legati per esempio alle scelte procreative e agli stili di vita. Il fumo di sigaretta e l’alcol aumentano nettamente il rischio di tumore al seno. Le gravidanze in giovane età, invece, proteggono. La pillola contraccettiva riduce il rischio di tumori ovarici del 5% circa per ogni anno d’uso, perché diminuisce le ovulazioni e questo significa meno rischi di cancro. A riprova di questo dato, in natura gli animali con più cancri ovarici sono… le galline ovaiole! Per inciso, se un uomo è portatore di quegli stessi geni (ereditari), avrà più rischi di avere un tumore alla mammella (altrimenti raro nei maschi), alla prostata e al pancreas.
Che cosa fanno questi geni? O meglio, cosa non fanno? Si tratta di geni “oncosoppressori”, ossia che sopprimono i tumori. In pratica, quando questi geni sono normali agiscono come mini-medici biologici: intercettano le prime alterazioni che trasformano una cellula normale in tumorale, e le eliminano. Quando questi geni sono alterati, questa formidabile protezione viene a mancare: molte più cellule tumorali possono moltiplicarsi indisturbate fino a dare luogo al tumore clinicamente evidente. Un tumore mammario “piccolo”, di circa un centimetro cubo, contiene un miliardo di cellule ed è iniziato 6-8 anni prima di essere visibile con gli attuali mezzi diagnostici (visita senologica, ecografia, mammografia, risonanza magnetica). E’ cioè “sottosoglia”, ma sta crescendo.
Nel momento in cui si ha la diagnosi di tumore, si dovranno fare cure complesse: non solo la chirurgia, ma anche la radioterapia locale; cure “anti ormonali”, di vario tipo e durata a seconda dell’età e dello stato menopausale (inibitori dell’aromatasi, tamoxifen, analoghi), oppure chemioterapiche, in caso di assenza di recettori ormonali nelle cellule tumorali. Cure lunghe e pesanti. E, dopo la menopausa, la donna non potrà più assumere ormoni amici (estrogeni, progesterone, testosterone, DHEA), trovandosi a subire tutti i sintomi di un’assenza ormonale che spesso sono di intensità devastante. Di converso, togliendo questi organi prima che il tumore compaia, se non esistono poche altre controindicazioni (per esempio, trombosi), potrà fare le sue cure ormonali fino a cent’anni!
Prevenzione primaria e secondaria
- la vera prevenzione primaria è intercettare i rischi evitando che si realizzino. Per esempio, se si hanno i geni BRCA1 o BRCA2, togliendo le due ghiandole mammarie e le due ovaie (intervento profilattico), si evita che compaia una sola cellula cancerogena. Così si è salvata la vita (da quei serissimi tumori);
- la prevenzione secondaria è la diagnosi precoce: in caso di tumori, significa diagnosticarli quando sono ancora piccoli. Attenzione, però: il rischio cancro si è già realizzato, perché il tumore maligno c’è già. A quel punto si cerca di limitare i danni, sperando che oltre ad essere piccolo sia anche localizzato: ossia non abbia già dato metastasi linfonodali o sistemiche, anche microscopiche, che nel tumore al seno possono dar segno di sé perfino vent’anni dopo l’asportazione del tumore primario.
L’intervento profilattico è una scelta difficile, da meditare bene e fare all’età giusta: per questo è prezioso parlarne con serenità, prima.
Le ragioni del cuore
E’ quindi essenziale che il percorso decisionale sia sempre ben accompagnato da punto di vista medico, psicologico ed eventualmente sessuologico, mettendo al centro il valore della vita.
Chi dovrebbe considerare la ricerca genetica per BRCA1 e BRCA2?
- carcinoma mammario diagnosticato prima dei 50 anni;
- tumori mammari in entrambi i seni;
- carcinoma al seno e all’ovaio (c’è un rischio geneticamente determinato in comune);
- tumori mammari multipli;
- due o più tumori primari correlati a BRCA1 e/o BRCA2 in un singolo membro della famiglia;
- un tumore al seno in un maschio di famiglia.
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