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Cistiti ricorrenti, come vincerle

Cistiti ricorrenti, come vincerle
02/11/2018

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, da circa sei anni mia moglie soffre di cistiti ricorrenti, dovute esclusivamente al batterio Escherichia Coli. Ha provato svariate terapie antibiotiche, che però non hanno sortito nessun effetto duraturo. Adesso è davvero demoralizzata e non sa più cosa fare: lei quale terapia ci consiglierebbe? Grazie infinite”.
Alberto (Livorno)
Gentile signor Alberto, ho già parlato in passato di questo argomento, ma lo riprendo volentieri perché il problema delle cistiti è davvero diffuso e rappresenta il tema della maggior parte dei messaggi che ricevo, anche sul sito della mia Fondazione.
Il problema delle cistiti ricorrenti è molto delicato. La cura con antibiotici va bene solo se l’infezione è acuta: per liberarsi della tendenza alle recidive bisogna invece lavorare sui fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento.

Quali sono i fattori predisponenti?

Iniziamo col dire che sono i più numerosi e complessi. Innanzitutto vanno diagnosticati e curati i problemi intestinali: stitichezza e sindrome dell’intestino irritabile, ma anche intolleranze alimentari (specialmente al glutine e/o al lattosio), che peggiorano la vulnerabilità alle cistiti, e tutte le condizioni che infiammano la parete dell’intestino.

Perché bisogna prestare attenzione all'intestino, se la cistite riguarda la vescica?

E’ presto detto. I germi intestinali, di cui il più noto è proprio l’Escherichia Coli, penetrano nelle cellule intestinali infiammate (con un meccanismo che si chiama “traslocazione batterica”), arrivano nel sangue e da lì passano alla vescica: di fronte a un corto circuito di questo tipo, prendere una montagna di antibiotici, o insistere con un’igiene intima aggressiva, non serve a niente.

Poi che cosa bisogna considerare?

Occorre fare attenzione al diabete, che triplica il rischio di cistiti: per accertarne la presenza, basta fare un prelievo di sangue, e valutare la glicemia e l’emoglobina glicata. In terzo luogo, bisogna valutare il tono del muscolo elevatore dell’ano: se è contratto, facilita il danno meccanico dell’uretra durante il rapporto, oltre a causare microabrasioni dell’entrata vaginale, con conseguente dolore ai rapporti.
Il livello di estrogeni vaginali, infine, condiziona sia il pH e l’ecosistema vaginale, sia la capacità dell’uretra di difendersi dai traumi meccanici e di evitare la risalita di germi dai genitali esterni. La misurazione del pH è un modo semplice e indolore per valutare il livello di estrogeni in vagina: in caso di squilibrio, può essere ripristinato con estrogeni locali.

Lei prima ha parlato anche di fattori precipitanti e di mantenimento: quali sono?

I più importanti sono i rapporti intimi (il 60% delle cistiti compare 24-72 ore dopo un rapporto), i colpi di freddo e lo stress acuto. I fattori di mantenimento includono:
- l’omissione diagnostica dei fattori che predispongono o mantengono il problema;
- una terapia inadeguata, come purtroppo è avvenuto nel suo caso.
In positivo, con una diagnosi accurata di queste diverse cause e la cura appropriata è possibile ridurre la ricorrenza delle cistiti fino a guarire.

Come si articola dunque una cura efficace?

Alla luce dei diversi fattori che, come abbiamo visto, favoriscono la patologia, la terapia non può che essere multimodale e includere:
- la regolarizzazione dell’intestino, con eliminazione degli alimenti a cui si sia eventualmente intolleranti e la limitazione degli zuccheri semplici;
- il rilassamento del muscolo elevatore contratto, con fisioterapia e/o biofeedback di rilassamento;
- l’ottimizzazione del livello di estrogeni in vagina;
- la massima attenzione ai colpi di freddo;
- il destro mannosio, uno zucchero inerte che intercetta l’Escherichia Coli e ne riduce la capacità aggressiva nei confronti della parete interna della vescica (urotelio);
- gli estratti di mirtillo rosso e i probiotici, che aiutano a migliorare l’ecosistema intestinale e a proteggere l’urotelio dagli attacchi dell’Escherichia Coli;
- l’evitamento della penetrazione finché non si siano normalizzati questi diversi aspetti.

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