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Dolore intimo: come affrontarlo dopo una plastica vaginale

Dolore intimo: come affrontarlo dopo una plastica vaginale
27/12/2023

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«Ho 58 anni, e sono in menopausa da quattro. Tre gravidanze con brutti parti mi hanno causato il prolasso della vescica e del retto. Cinque mesi fa sono stata operata di plastica vaginale: un disastro! I rapporti sono impossibili, perché provo un dolore tremendo, come se la vagina fosse ristretta e accorciata. Mi dispiace tanto anche per mio marito, che mi ha sempre voluto bene».
Giuseppina S. (Arezzo)
Gentile signora, intuisco la sua preoccupazione e la sua crisi. Premessa: l’intervento di plastica vaginale (colpoplastica) è necessario per correggere il prolasso della vescica (cistocele) e del retto (rettocele), seria conseguenza di parti vaginali difficili. Questi ledono proprio l’anatomia e la capacità di tenuta della parete vaginale anteriore e posteriore, in quanto lacerano anche le fibre mediali (pubococcigee) del muscolo elevatore dell’ano, che sostiene il pavimento pelvico. L’intervento va fatto quando il prolasso interferisce con la vita quotidiana della donna e l’intimità della coppia.
A volte, la colpoplastica può ridurre l’abitabilità della vagina, dando la sensazione che sia ristretta e accorciata, con un dolore forte sin dall’inizio della penetrazione. Questa sensazione diventa più evidente quando l’intervento va di necessità a ricostruire la parete vaginale anteriore e posteriore. La colpoplastica anteriore riposiziona la vescica, rinforzando la parete vaginale anteriore lesa dai parti. La colpoplastica posteriore rinforza la parete vaginale posteriore e riposiziona il retto. E’ indicata quando l’indebolimento della parete vaginale, causato dai parti e peggiorato da un’eventuale stipsi ostruttiva, porta alla protrusione in vagina della parete del retto (rettocele). L’intervento riduce il diametro della vagina, riportandolo idealmente alla norma, ma dovrebbe consentire di mantenere la fisiologica abitabilità.
Una visita competente e accurata è indispensabile per scegliere la terapia più appropriata. Si dovrebbero valutare: il grado obiettivo di riduzione dell’abitabilità vaginale dopo l’intervento; la presenza e la gravità della sindrome genito-urinaria della menopausa, causata dalla carenza di ormoni sessuali dopo la fine dell’attività ovarica; la presenza e la gravità di un’eventuale vestibolodinia; il tono dei muscoli del pavimento pelvico, che potrebbero essere dolenti e contratti in risposta all’atrofia e al dolore; il grado di atrofia della vagina; l’acidità vaginale, mediante la semplice misurazione del pH con uno stick che ci dice il valore in pochi secondi: da pH 4 (normale) a pH 7 (post-menopausale, tipico dell’atrofia).
Attenzione: se non ha mai fatto una terapia ormonale sostitutiva, la carenza di ormoni sessuali tipica della menopausa può esasperare le conseguenze dell’intervento, perché accelera l’atrofia dei tessuti, la secchezza vaginale e la vulnerabilità alle abrasioni. In positivo, una terapia ormonale almeno locale potrebbe aiutarla a recuperare una buona normalità, in associazione con una breve fisioterapia del pavimento pelvico.

Pillole di salute

«L’herpes zoster può colpire anche i genitali?».
Anna C. (Genova)

Sì, seppure raramente. Le lesioni, molto dolorose, vanno differenziate da quelle causate dall’herpes genitale.

Dolore ai rapporti / Dispareunia Menopausa e premenopausa Plastica vaginale Prolasso Sindrome genito-urinaria della menopausa

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