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Gli estrogeni aiutano a prevenire e combattere il morbo di Parkinson

12/03/2008

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Le terapie ormonali dopo la menopausa possono rendere meno aggressivo il morbo che distrugge le cellule nervose del movimento.
“Ho 55 anni e purtroppo da 5 anni soffro di morbo di Parkinson. In vacanza ho conosciuto una signora italo-americana di 65 anni, che ha la mia stessa malattia, e che si fa curare a New York da un bravissimo Professore. Questo medico l’ha incoraggiata a continuare la terapia ormonale per la menopausa, dicendo che rallenta la progressione del morbo di Parkinson. Io non ho mai preso ormoni e in Italia nessuno mi ha mai parlato di questa possibilità. Leggendola so che lei è molto favorevole a queste cure ormonali. In che modo gli estrogeni potrebbero aiutarmi? E’ una questione di benessere generale o potrebbero davvero essermi utili anche per la malattia di Parkinson?”.
Maddalena T. (Trieste)
Le rispondo molto volentieri, gentile signora, perché in effetti gli estrogeni (e probabilmente anche il testosterone) possono essere molto utili nel rallentare il deterioramento delle cellule cerebrali, anche, ma non solo, nel morbo di Parkinson. Io stessa incoraggio le mie pazienti affette da questa malattia a fare la terapia ormonale, per due ottime ragioni; per i benefici generali (sulle vampate, sull’umore, il sonno, il dolori articolari, l’osso, la salute urogenitale, la sessualità) e per l’effetto specifico sulla salute del cervello, come autorevolmente sostiene il Collega statunitense.

Come posso essere sicura che mi siano davvero utili?

Le “evidenze”, come si dice in medicina, sono di due tipi: sperimentali e cliniche. Negli animali da esperimento, gli estrogeni aiutano le cellule nervose a riparare i danni dovuti all’età, allo stress, all’inquinamento, ai tossici ambientali, e quindi a mantenersi vitali più a lungo; migliorano la capacità di creare nuove connessioni tra le cellule (”spine dendritiche”), e di mantenere un migliore produzione di neurotrasmettitori, le “parole” grazie alle quali migliora la comunicazione tra le cellule e l’efficienza funzionale del cervello; inoltre proteggono anche i vasi sanguigni cerebrali, garantendo migliore ossigenazione e nutrimento delle cellule nervose. Un sostanziale effetto “anti-age”, tanto più efficace quanto più gli ormoni sono assunti subito dopo la menopausa. Purtroppo il morbo di Parkinson compare quando sono già distrutte il 70-80% delle cellule nervose (“nigro-striatali”) che regolano il movimento. Ecco perché la prevenzione, anche con gli ormoni, è preziosa.

Ma queste terapie ormonali sono così criticate! Che cosa dimostra che nelle donne siano utili per ridurre il morbo di Parkinson?

Anche qui le evidenze sono solide e crescenti. Segnalo specificamente gli studi in questione, perché la mia passione per le terapie ormonali dopo la menopausa, in particolare per la salute del cervello, nasce da una lunga esperienza clinica e da solidissimi dati scientifici. Eccone alcuni: da un lato, le donne che hanno avuto una menopausa precoce chirurgica (dovuta all’asportazione delle ovaie) e che quindi hanno “perso” gli estrogeni molto prima dell’età giusta, ossia prima dei 50 anni, hanno un rischio di sviluppare un morbo di Parkinson aumentato del 68 per cento (!) rispetto alle donne che hanno avuto una menopausa naturale all’età giusta. Un dato che fa pensare, non le pare? Senza estrogeni, il cervello invecchia prima e molto peggio, ecco il dato di fatto.
Lo studio è stato pubblicato a gennaio su Neurology (rivista autorevolissima di Neurologia) da Walter Rocca e i suoi collaboratori, della Mayo Clinic, che hanno seguito per ben 25-30 anni oltre un migliaio di donne operate negli anni Settanta. Per inciso, in uno studio precedente, condotto sempre su donne in menopausa precoce, questi Autori hanno anche descritto un aumento del morbo di Alzheimer del 46 per cento. Due dati forti a sostegno del ruolo protettivo che gli estrogeni hanno sulla salute delle cellule nervose.

Se una donna fa la terapia ormonale non avrà queste malattie?

Attenzione: assumerli non significa che queste malattie (che hanno anche una predisposizione genetica) non compariranno, ma che daranno sintomi più tardi e con una progressione più lenta! In effetti, il secondo gruppo di studi ci dice proprio questo: che le donne in terapia ormonale hanno una progressione del morbo di Parkinson più graduale, e quindi meno aggressiva, rispetto alle donne che non assumono estrogeni. Grazie alla maggiore gradualità necessitano quindi di minori dosi di farmaci per curare la malattia. Sono proprio la migliore risposta ai farmaci, e la riduzione delle dosi, i due dati obiettivi con cui ogni donna affetta può sentire il miglioramento ottenuto con gli estrogeni. In particolare uno studio americano dal titolo poetico “Poetry”, poesia, conferma questo ruolo benefico. Le farà poi piacere sapere che altri neurologi italiani hanno confermato questo effetto positivo degli estrogeni sul cervello!

Prevenire e curare – Con un po' di moto potete tener svegli la testa

Come aiutare il cervello a invecchiare bene, anche sul fronte del movimento?
A) Scegliere un ginecologo esperto di terapie ormonali sostitutive, che sappia valutare in maniera globale rischi e benefici, su tutti i fronti. Non solo della mammella, ma della salute globale;
B) preferire ormoni bioidentici: estradiolo e progesterone naturale, a basse dosi e a lungo (aggiungendo il testosterone, in caso di menopausa chirurgica);
C) mantenersi attivi e in movimento, quotidianamente, preferendo ballo e danza, anche a casa: è dimostrato che nel Parkinson la musica aiuta a sincronizzare i movimenti, riducendo sia le rigidità sia i tremori.
L’obiettivo è aumentare non tanto l’aspettativa di vita, ma la nostra aspettativa di salute, ossia gli anni in cui restiamo pienamente sani e autonomi. Obiettivo che conta mille volte di più, se vogliamo invecchiare al meglio!

Estrogeni Menopausa e premenopausa Morbo di Parkinson Terapia ormonale sostitutiva

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