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Identità sessuale maschile: fattori di strutturazione, età critiche, disforie di genere

13/04/2012

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, oggi la televisione trasmette molti modelli di orientamento sessuale: etero e omosessualità, travestitismo, transessualismo… Il dibattito è acceso, e non passa quasi giorno senza che i giornali riportino una presa di posizione al riguardo. Per un lettore comune, però, è difficile a volte capire bene le differenze fra tutte queste situazioni… Mi aiuterebbe a capirci qualcosa di più?”.
Dino P. (BO)
Gentile signor Dino, la sua domanda tocca il grande e importante tema dell’identità sessuale: lo affronterò dal punto di vista maschile, rinviando l’analisi di quella femminile a un’altra occasione.
Iniziamo con il dire che l’identità sessuale è uno dei tre pilastri della sessualità: gli altri due sono la funzione sessuale e la relazione di coppia. Essa è costituita in particolare da tre fattori: l’identità di genere, ossia la rappresentazione intrapsichica che ognuno di noi ha della propria identità di uomo o donna, modulata dalla soddisfazione o meno con cui la vive; l’identità di ruolo, relativa al vissuto del proprio ruolo sociale, maschile o femminile; l’identità di meta, relativa all’orientamento del proprio desiderio su un partner del sesso opposto (eterosessuale) o dello stesso sesso (omosessuale).

Come si forma l'identità sessuale?

Alla strutturazione dell’identità sessuale concorrono fattori biologici, psicosessuali e relazionali. Il patrimonio genetico può concorrere alle basi biologiche della sessualità (taluni disturbi dell’identità, come il transessualismo primario, possano riconoscere anche una predisposizione genetica), ma anche all’identità di meta, etero od omosessuale: studi recenti indicano come nelle famiglie in cui esiste una particolare alterazione del cromosoma X vi sia anche una maggiore frequenza di figli maschi omosessuali.

Oltre ai fattori genetici, che cosa può influenzare lo sviluppo dell'identità?

Essendo espressione di un vissuto modificabile da fattori endogeni ed esogeni, biologici e psichici, l’identità sessuale è estremamente dinamica. In particolare, presenta la massima plasticità (e vulnerabilità) durante la vita fetale, la prima e seconda infanzia, e l’adolescenza. Tuttavia può andare incontro a ristrutturazioni significative a tutte le età, in risposta a fattori biologici e psicodinamici, e soprattutto ad eventi traumatici, affettivi o somatici.

Che cosa accade nella fase prenatale?

I nove mesi della gestazione sono per il nascituro un periodo di estrema sensibilità biologica, a livello sia neuropsichico sia genitale. Alterazioni dell’ambiente endocrino embrio-fetale per cause iatrogene, endogene (materne o fetali) o esogene (soprattutto da fattori tossici) possono modificare il normale sviluppo delle strutture anatomiche genitali: le alterazioni possono comparire alla nascita, quando sia stata alterata la forma dei genitali esterni (modificando quindi i caratteri sessuali primari, da cui dipende l’attribuzione del sesso anagrafico), o alla pubertà. Parallele alterazioni possono verificarsi a livello neuropsichico, per quanto riguarda l’imprinting endocrino delle aree cerebrali ormono-sensibili e ormono-dipendenti.

Quali sono i fattori tossici più pericolosi per la strutturazione biologica dell'identità?

Fra i più aggressivi vanno senz’altro ricordati i cosiddetti “xeno-estrogeni”: sostanze esterne ed estranee all’organismo (dalla parola greca xénos: straniero, estraneo), che hanno tuttavia la capacità di interagire con i recettori per gli estrogeni. Sono xeno-estrogeni alcuni anabolizzanti usati per far aumentare di peso gli animali da allevamento e perfino alcuni disinfettanti, come il vecchio DDT. Essendo lipofili, gli xeno-estrogeni si accumulano nell’adipe materno e possono manifestare la loro azione tossica sul feto anche mesi o anni dopo l'esposizione al fattore tossico stesso.
Gli xeno-estrogeni sembrano essere implicati nell’aumento di numerose malformazioni genitali maschili (ipospadia, estrofia vescicale, micropene, criptorchidismo), mentre per quanto riguarda le bambine sono indicati fra i possibili responsabili della pubertà precoce. Gli studi dimostrano come l’inquinamento da sostanze chimiche possa colpire anche i maschi di molte specie animali, riducendo la fertilità, rimpicciolendo gli organi sessuali e aumentando i casi di ermafroditismo.

Quali fenomeni si osservano nella prima e seconda infanzia?

Fin dalla nascita è di grande importanza il rapporto con i genitori o i loro sostituti stabili. Dal punto di vista psicologico, infatti, l’identità sessuale maschile si struttura attraverso due meccanismi: l’identificazione con il padre, purché il rapporto sia continuativo e affettuoso, e la complementazione con la madre. Una perturbazione di queste fondamentali interazioni, specialmente se associata ad anomalie genetiche e/o endocrine, può alterare lo sviluppo psicosessuale fino a determinare veri e propri disturbi relativi all’identità (disforie di genere).

E nella pubertà?

Intanto ricordiamo come, per pubertà, si intenda la transizione biologica dall’infanzia alla maturità sessuale; il termine “adolescenza”, invece, designa l’insieme delle trasformazioni emotive e psicosessuali che accompagnano la pubertà.
La pubertà è un’età molto importante, perché in quel periodo maturano i cosiddetti caratteri sessuali “secondari”: comparsa della peluria con la tipica distribuzione del sesso maschile, sviluppo muscolare e osseo, abbassamento della voce, comparsa delle polluzioni notturne, modificazioni della secrezione sudoripara e sebacea.
Dal punto di vista psicologico e relazionale, l’adolescenza si presenta come una fase di grande vulnerabilità: il divario fra le aspettative alimentate dai media e la percezione dei propri limiti obiettivi può infatti essere vissuto in modo persecutorio, con due gravi conseguenze: l’attivazione di dinamiche di tipo “dismorfofobico”, in cui la parte del corpo percepita come esteticamente inadeguata viene considerata responsabile di tutta la propria infelicità, affettiva ed esistenziale; e la manifestazione di un’ansia elevata, che può a sua volta determinare disfunzioni di tipo erettivo e/o eiaculatorio.
Va infine ricordato come proprio i disturbi dell’erezione possano minare, anche in età adulta, il senso di mascolinità, l’autostima e la fiducia in sé.

Quali sono le principali disforie di genere?

Nella maggioranza della popolazione maschile, l'identità, il ruolo di genere e il sesso biologico corrispondono. Un uomo di questo tipo ha caratteri sessuali maschili, si sente uomo, ed è percepito come tale anche dagli altri. Si parla invece di “disforie di genere” quando ci si trova di fronte a un disturbo relativo all’identità sessuale. Le disforie sono dieci volte più frequenti negli uomini rispetto alle donne, e si manifestano lungo un “continuum” che possiamo così individuare: disforie lievi, omosessualità, travestitismo, transessualismo. Vediamo in breve queste diverse tipologie.

Disforie lievi

Ci troviamo di fronte a questo tipo di disturbo quando rispetto all’identità biologica è presente un disagio di varia entità, che tuttavia non mette in discussione il nucleo profondo dell’identità. La disforia può esacerbarsi durante l’adolescenza, soprattutto in conseguenza di traumi affettivi, come la perdita di una persona significativa.

Omosessualità

L’identità di genere intrapsichica è maschile, ma l’identità di meta è omosessuale, e talora bisessuale. Il comportamento, variamente effeminato, può comportare aggressività e stigmatizzazioni sociali.

Travestitismo

Come nel caso precedente l’identità di genere intrapsichica è maschile, mentre l’identità di meta può essere omo, ma anche eterosessuale. Il vestirsi con abiti del sesso opposto assolve a due funzioni cardinali: riduce l’ansia e procura eccitazione.

Transessualismo

Si tratta di una disforia di genere profonda, che mette in discussione la coerenza fra sesso biologico e sesso intrapsichico. L’angosciosa autodiagnosi nel transessualismo Uomo-Donna è spesso espressa da queste parole: «Sono una donna intrappolata in un corpo d’uomo».
Il transessualismo è caratterizzato dalla convinzione precoce, permanente e irreversibile di appartenere al sesso opposto. Può avere un esordio precoce, nei primissimi anni di vita, in cui il bambino manifesta comportamenti e preferenze tipici del sesso opposto: si parla in tal caso di “transessualismo primario”, un fenomeno piuttosto raro. Più spesso la disforia di genere compare alla pubertà, o più tardivamente ancora: si parla allora di “transessualismo secondario”, dieci volte più frequente della forma primaria.

Che cosa significa, infine, il termine "transgender"?

E’ una categoria generale in cui possono rientrare tutte le persone che non si sentono racchiuse dentro lo “stereotipo” di genere maschile o femminile. Il transgenderismo, in particolare, sostiene che l’identità di genere di una persona non è una realtà netta (o maschio o femmina), ma un continuum di identità “miste” ai cui estremi vi sono i concetti astratti di “maschio” e “femmina”. In questo senso, quindi, il transgenderismo è anche un movimento socioculturale.

Identità sessuale / Disturbi dell'identità Sessualità maschile

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