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Urgenza minzionale: oltre il tabù

08/10/2010

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

«Ho 55 anni, sono sposata, ho due figli grandi e un grave problema: da qualche mese devo andare in bagno tutti i momenti, praticamente quasi ogni ora. Questo disturbo non solo blocca ogni mia attività fuori casa, ma mi umilia anche terribilmente... come si fa a ridursi così alla mia età? Non ho il coraggio di parlarne con nessuno, ma intanto il disturbo peggiora, al punto che a volte perdo qualche goccia di urina prima ancora di arrivare in bagno. Che cosa mi è successo? Ho una grave malattia?».
Una donna angosciata
E’ vero: è molto difficile parlare con franchezza e serenità di disturbi che toccano una sfera così intima come la funzione urinaria. Nonostante la nostra società si consideri libera e disinibita, permangono (in questo caso, a torto) alcuni argomenti tabù che è davvero difficile infrangere. In positivo, gentile signora, il suo disturbo è spesso dovuto a cause disfunzionali, reversibili e quindi tanto più curabili, quanto più la diagnosi è precoce.
Da dove nasce questa congiura del silenzio intorno all’incontinenza? Dalla paura di un giudizio negativo da parte della società. L’incontinenza infatti “sporca” non solo i vestiti, ma anche e soprattutto l’integrità del corpo, rendendolo impuro e “indegno”. Da oggetto sano e non di rado desiderabile, lo trasforma in qualcosa di inquinato, che evoca in noi tutti i peggiori spettri legati all’invecchiamento, alla perdita dell’autocontrollo, alla morte. Pensiamo d’altronde al significato della parola “continenza”: nel linguaggio comune, indica la capacità di controllare ogni tipo di impulso, non solo quelli sessuali o escretori. L’incapacità di farlo, anche quando sia limitata a una funzione fisiologica, evoca un giudizio morale che stigmatizza l’intera persona: come se fosse una colpa, e non una malattia, non riuscire più a controllare la vescica. L’autostima ne esce profondamente ferita: se si fallisce in una cosa così elementare, che cosa si potrà mai combinare in tante altre situazioni ben più complesse della vita? Ecco perché lei, come molte altre persone nelle sue condizioni, si sente umiliata da questo disturbo, di cui però – lo ripeto – non ha alcuna responsabilità “morale”.
Detto questo, vediamo più da vicino che cos’è l’incontinenza urinaria, quali sintomi può dare e come si cura. Innanzitutto l’incontinenza può essere “da urgenza”, come nel suo caso, o “da sforzo”. Nella forma da urgenza, caratterizzata da una vescica instabile e iperattiva, lo stimolo appare all’improvviso, si impone imperiosamente e supera la capacità di controllo della persona. I sintomi più comuni sono la frequenza della minzione (più di 8 volte al dì), i piccoli “incidenti” in cui una moderata fuga di urina bagna inaspettatamente i vestiti, e la “nocturia”, ossia la necessità di alzarsi più di una volta per notte per andare in bagno. Nella forma “da sforzo”, invece, la perdita può essere provocata da atti respiratori, come uno starnuto o un colpo di tosse, da una risata, da movimenti del corpo, come un saltello, o da un’azione faticosa, come portare un peso.
Il primo passo per guarire è non arrendersi, non lasciarsi avvilire, ma rivolgersi subito al proprio medico di fiducia, magari portando con sé il “diario minzionale”. Per una donna della sua età, si possono seguire due strade principali. La prima è costituita da una terapia estrogenica locale, ossia da applicare in vagina due o tre volte la settimana, prescritta dal medico curante. Gli estrogeni sono amici non solo della vagina ma anche della vescica, perché migliorano nettamente la sua capacità di distendersi senza dare subito il segnale di svuotamento. E’ una terapia sicura anche per la mammella, perché solo un’infinitesima parte di questi ormoni locali viene assorbita dall’organismo: i primi risultati si vedono dopo tre mesi, ma è dopo almeno sei mesi che si può fare un bilancio della cura. A quel punto, se gli ormoni non bastano, si passa alla seconda strategia: la tolterodina, un farmaco che riduce l’iperattività della vescica e restituisce una buona capacità di controllo.
Come vede, gentile signora, il suo problema per quanto fastidioso è ben curabile, purché lei si faccia coraggio e ne parli senza imbarazzo con il medico. Dopo le cure si renderà conto di quanto ingiusta e ingiustificata fosse la vergogna che prova ora, e di quanto valesse la pena affrontare l’argomento con un professionista di fiducia, per recuperare salute, serenità e una piena autonomia di vita.

Un problema tutt'altro che raro

L’incontinenza urinaria interessa in Italia più di due milioni di persone. Di queste solo il 20% trova il coraggio di parlare con il proprio medico per chiedere aiuto: l’altro 80% vive il problema in totale solitudine, perdendo poco per volta fiducia in sé e autostima.
Ecco perché è importante che i giornali parlino dell’argomento e chiariscano che si tratta di un disturbo curabile, in modo che sempre più persone escano dall’isolamento della vergogna e ottengano cure efficaci.

Che cos'è il diario minzionale?

Per aiutare il medico a valutare le caratteristiche e la gravità dell’incontinenza urinaria, è utilissimo tenere un diario minzionale. Basta prendere un foglio a quadretti e disegnare un grafico: in ascissa (lato orizzontale) si indicano i giorni, in ordinata (lato verticale) le 24 ore della giornata. Se si è in età fertile, è meglio iniziare dal primo giorno di flusso mestruale, in modo che i sintomi siano meglio correlabili alle fluttuazioni ormonali del ciclo.
Disegnato il grafico, basta indicare ogni minzione in corrispondenza del giorno e dell’ora in cui è avvenuta; l’ideale è quantificare con un misurino anche la quantità di urina. E’ inoltre utile indicare, con abbreviazioni, il tipo di stimolo avvertito (da urgenza, da sforzo o misto) e altri eventuali sintomi associati (cistite, bruciore urinario, bruciore genitale e così via).
Il medico potrà così valutare con un sol colpo d’occhio se si tratti di frequenza minzionale (più di 8 minzioni al dì) o di nocturia (più di una minzione per notte), nonché le caratteristiche specifiche dello stimolo urinario, e formulare la terapia nel modo migliore. Il diario serve poi anche per monitorare i miglioramenti ottenuti nel tempo.

Tabù: dove inizia il proibito

“Tabù” è una parola che deriva dalla lingua di Tonga, stato insulare dell’Oceania, e indica la proibizione del contatto – reale o simbolico – con il sacro o, all’opposto, l’impuro. Il tabù esprime quindi una forte interdizione relativa a una certa area di comportamenti e consuetudini, e infrangerlo è solitamente considerato disdicevole e degno di condanna.
Ogni cultura ha i propri tabù, soprattutto in ambito religioso e nella codifica dei comportamenti sessuali. Per estensione, il termine indica anche la difficoltà a parlare di certi problemi medici, come l’incontinenza urinaria o altre malattie invalidanti.

Disturbi urinari Incontinenza Sindrome della vescica iperattiva

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