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Quattro regole etiche nell'argomentare

07/04/2008

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Sarà vero? Il dubbio ci coglie sempre più spesso, quando assistiamo a dibattiti pubblici, specie in periodo elettorale. Tutto e il contrario di tutto viene argomentato con certezza inossidabile. O addirittura urlando, come se la voce elevata o il tono aggressivo potessero aggiungere al discorso un’intrinseca forza di verità. Come giudicare la veridicità e correttezza di un discorso, oltre la simpatia per un candidato o il suo partito?
E, quesito più universale, che ci riguarda tutti, nel piccolo e grande mondo della vita, esiste un’etica dell’argomentare? Su questo merita rileggere qualche pagina di un filosofo tedesco, Jürgen Habermas, della Scuola di Francoforte. Teorico della comunicazione, a questo argomento ha dedicato pagine limpide e rigorose (Etica del discorso, trad. it. di E. Agazzi, Laterza, Roma-Bari, 1993).
Sostiene Habermas che ci sono quattro regole etiche dell’azione argomentativa. Merita condividerle, perché dovrebbero essere esercizio quotidiano nelle scuole, da parte di insegnanti e studenti, nei dialoghi familiari, oltre che professionali e, naturalmente, elettorali. La qualità etica dell’argomentare non si improvvisa. Fa parte dello stile di pensiero che è espressione della sostanza morale della persona. Ma è anche frutto di adeguato allenamento quotidiano, per dare sempre più nitore e chiarezza alle proprie parole, cui è demandato il finissimo compito di vestire i nostri pensieri, le nostre sensazioni, le nostre intuizioni ed emozioni, per esprimerli nel modo più compiuto.
La prima regola riguarda l’essenziale: la comprensibilità ossia la trasparenza argomentativa, il pilastro su cui costruire tutto il discorso. Questo presuppone chiarezza di idee, cui segue per natura il linguaggio, correttezza sintattica, semplicità nella scelta dei termini, efficacia. E, qualora il discorso verta su materie più tecniche, un uso accorto dei sinonimi e delle metafore appropriate. L’esempio pertinente consente infatti di tradurre in percezione quotidiana anche l’argomento più sofisticato, rendendolo comprensibile in modo trasversale, quasi indipendentemente dal livello culturale. Gratifica chi ascolta, perché dà la sensazione di “essere intelligente”: nel senso etimologico di essere in grado di “capire collegando”. Di comprendere, collocando quindi quel tema o quel discorso all’interno di una visione personale sul problema. Soprattutto, oltre la gratificazione, consente una trasmissione reale del messaggio che può essere recepito nella sostanza, fatto proprio ed elaborato. Premessa di un cambiamento: di idee, che possono rinforzarsi o modificarsi; di posizione, all’interno di un gruppo; ma anche di un diverso agire nel proprio piccolo o grande mondo, di un poter/voler cambiare le cose, quando meritano di essere migliorate.
La seconda regola, gemella per valore della prima, è la verità. La corrispondenza tra il discorso (il “logos”) e la realtà percepibile. E già qui la qualità etica di molto dell’argomentare contemporaneo finisce male: impazzano gli “opinionisti”, di cui esistono due grandi gruppi. Coloro che commentano problemi o quesiti di cui hanno specifica competenza professionale, in sé pregevolissimi, perché per lo meno partono da una base indiscutibile di verità. Anche se poi l’uso che a volte fanno della loro conoscenza può essere ribaldo. E gli opinionisti (e opinioniste) che potremmo definire generalisti. Parlano su tutto, soprattutto in TV, con arroganza spesso proporzionale all’ignoranza, discettando in modo umorale sui più vari temi. Purtroppo il pulpito, creduto autorevole in sé dai telespettatori meno accorti, e la frequenza della presenza, creano un’aura di autorevolezza senza sostanza, che mina al cuore l’etica di molta comunicazione televisiva.
La terza regola verte sulla veridicità. “Non è la stessa cosa di verità?”, pensano in molti. No: sottilmente, questa regola di Habermas fa un passo in più nel leggere il messaggio: valuta infatti la sua credibilità, pesando nello specifico il rapporto tra quello che viene detto (la dichiarazione) e l’intenzione di chi parla. Tutte le volte in cui esista un conflitto di interessi, la veridicità subisce un attacco frontale. Come si può essere credibili, quando si ha un palese interesse in uno o più aspetti critici della questione? Ecco perché il conflitto di interessi (economici, di potere, di relazioni) dovrebbe sempre essere dichiarato con trasparenza, come si fa negli articoli scientifici. Così che l’ascoltatore o il lettore possa fare subito da sé la valutazione sul peso lordo, il peso netto e la tara di quello che viene detto.
Infine, la quarta regola riguarda la giustezza, intesa anche come conformità alle norme condivise. Esprime quindi l’aderenza ad un’etica comune. L’attuale deriva delle norme, la crisi etica contemporanea, il dominio dei cinici e dei manipolatori (argomentativi e non) rende questa regola sempre più vulnerabile, sempre più fragile. I dieci Comandamenti, che sono stati un’etica di riferimento millenaria, restano validi per una parte sempre minore della popolazione. Rubare è un segno di furbizia, onorare il padre e la madre è un accessorio del vivere, il senso del divino è smarrito, gli atti impuri sono occasione di diletto quotidiano e il desiderio si esercita sempre più nell’area del proibito, che va ben oltre la donna o l’uomo d’altri.
E’ superato, Habermas? Sì, se con tristezza ci arrendiamo alla qualità di molto argomentare contemporaneo. No, se curando le qualità etiche del nostro argomentare andiamo contro l’entropia, contro la perdita di energia e di valori di questo mondo. Testimoni di un ideale dell’Io e del mondo che merita il nostro impegno, perché nella qualità dell’etica, anche argomentativa, c’è l’essenza della qualità di un donna e di un uomo.
E i mass media? Anche loro possono svolgere due ruoli addirittura opposti: essere, come moltissima televisione e molta carta stampata, luogo di conformismo acritico e di massificazione del pensiero. Oppure essere il simbolo di una nuova “agorà”, di una piazza simbolica in cui ciascuno ritrovi in gusto di argomentare, con un’etica forte dentro al cuore.

Comunicazione Educazione Etica e bioetica Riflessioni di vita

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