“Gentile professoressa, tre mesi fa abbiamo avuto il nostro primo bambino, che è sano e buono. Mia moglie, ancora per qualche mese, starà a casa dal lavoro e lo potrà seguire come si deve. Il nostro dubbio riguarda l’allattamento: per quanto tempo si può allattare? E’ vero che dopo sei mesi al massimo si deve smettere, altrimenti il piccolo si abitua troppo e rifiuta gli altri alimenti? La seguiamo sempre con interesse e la ringraziamo tanto per i suoi preziosi consigli”.
Valerio e Maria, Ascoli
- raccomanda l’allattamento materno esclusivo (a richiesta del piccolo, non a orari fissi) per almeno i primi sei mesi;
- afferma la necessità di mantenere il latte materno come alimento principale fino al primo anno di vita, pur introducendo gradualmente cibi complementari;
- suggerisce infine di proseguire l’allattamento fino ai due anni e oltre, se il bambino si dimostra interessato e la mamma ha il latte e lo desidera.
E se la donna deve tornare al lavoro?
Che cosa motiva un tempo così lungo di allattamento?
Inoltre, durante la suzione, aumenta nel sangue un neurormone importantissimo, l’ossitocina. Questa, oltre a favorire la contrazione dei dotti galattofori per agevolare la fuoriuscita del latte, incide nel cervello di entrambi quel viso, quel profumo, quel tono di voce che li rende reciprocamente cari: in questo modo aumenta il senso di appartenenza e gratifica il bisogno di attaccamento affettivo, il primo e più fondamentale bisogno in ogni neonato.
Quali sono i vantaggi dell'allattamento materno?
Attraverso il latte materno, il piccolo riceve acqua, nutrimento e anticorpi, con la massima digeribilità; ma come abbiamo visto, attraverso il profumo della pelle della mamma e il calore del suo corpo, nutre anche il proprio cuore e la certezza di essere amato. Questo modula favorevolmente la sua capacità immunitaria di difendersi da virus e batteri, specie respiratori e intestinali. Non solo: il bambino allattato al seno è meno soggetto alle allergie e alle atopie (disturbi infiammatorio-immunitari a manifestazione prevalentemente dermatologica), perché è meno esposto a sostanze potenzialmente allergiche, ingerite con il latte artificiale e lo svezzamento precoce, quando la mucosa intestinale non ha ancora raggiunto la completa capacità di barriera per impedirne l’entrata nell’organismo.
Dal canto suo, l’ossitocina prodotta durante la suzione facilita, come abbiamo visto, il legame affettivo fra madre e bambino, ma anche l’involuzione dell’utero, ossia il suo ritorno alla normalità. La gratificazione emotiva che l’allattamento dà alla mamma, infine, agisce da ottimo antidoto naturale contro la depressione puerperale.
Quali fattori favoriscono la produzione del latte?
- gli estrogeni e il progesterone fanno ingrossare la ghiandola mammaria durante la gravidanza;
- la prolattina è responsabile della produzione del latte;
- l’ossitocina ne consente l’emissione.
Il seno è pronto per la produzione del latte a partire dal quinto mese di gravidanza. Durante l’ultimo periodo di gestazione le mammelle cominciano a produrre il colostro, un liquido giallo trasparente, molto nutriente e concentrato, ricco di anticorpi che proteggono il neonato, in particolare con l’immunoglobulina di tipo A, e che rafforzano il suo sistema immunitario.
Dopo due o tre giorni dal parto, il colostro si trasforma gradualmente in latte di transizione, e successivamente, nelle prime due o tre settimane, in latte maturo. Rispetto al colostro il latte diventa più opaco, ed è bianco. La montata lattea compare in media dopo tre-cinque giorni dal parto. La produzione di latte si regola in base alle effettive necessità del neonato: più il bambino succhia, più il latte viene prodotto. Il neonato infatti, tramite la suzione, dà origine a un riflesso nervoso che assicura una continua e abbondante produzione di prolattina. Al contrario, l’eccesso di latte nel seno ne inibisce l’ulteriore produzione. La natura è davvero meravigliosa nella sua capacità di autoregolazione!