Quando incontro famiglie con figli sereni, solidi, affettuosi e realizzati, mi piace conversare con i genitori e i loro figli e sentire che cosa ha funzionato, in un mondo che è oggi un frullatore di famiglie. Da un lato ci vogliono certezze affettive: papà e mamma, anche separati, che diano la sicurezza di esserci e di amare il loro bambino, seppur con vite professionali impegnative. Che trovino il tempo di ascoltarli, con le antenne del cuore ben accese, e di accompagnarli a scuola, conversando e tenendo il cellulare spento; di fare sport insieme, che sia la bicicletta, il nuoto o la montagna. Genitori che, comunque vadano le cose, non usano i figli come proiettili nelle loro battaglie personali. E che mantengono un sostanziale rispetto tra loro, specialmente quando sono con i figli o cercano di scegliere insieme il meglio per il loro futuro.
Rispetto: ecco un comportamento cardinale dei rapporti umani, familiari in primis. Non sempre facile da mantenere, ma degno di essere la Stella del Nord di ogni rapporto significativo. «Respect is the hardest challenge», il rispetto è la sfida più dura. Questo sul lato luminoso del rapporto genitori e figli. E sul lato oscuro, difficile, a volte conflittuale, qual è il segreto di figli ben riusciti? Ho trovato interessanti più di tutto i “cinque no non negoziabili”, espressi da Colleghi di Paesi remoti tra loro per cultura e tradizioni: Francia, Irlanda, Lettonia, Messico, Ucraina. «Mia moglie si è dedicata alle nostre figlie. Non è stato semplice, soprattutto con la prima, con cui ci capiamo al volo ma che è molto tosta. Brava a scuola, l’abbiamo incoraggiata nello sport per far esprimere la sua esuberante energia in modo sano. In casa nostra, le ho detto, su cinque cose il “no” non è negoziabile: niente alcol, droghe e fumo, niente piercing e tattoo fino ai 18 anni. Farai quello che vuoi quando sarai più grande e autonoma. Punto. Queste sono le regole». «In realtà – aggiunge – le discussioni ci sono state, eccome, ma mia moglie e io eravamo un fronte unito. Oggi Scarlett ha un lavoro che la entusiasma, un ragazzo che la adora ed è una giovane donna felice. E con noi genitori ha un rapporto bellissimo». L’ho conosciuta. Confermo.
Ho ritrovato questo stile educativo in tante altre famiglie. Un Collega, separato da anni, mi ha fatto leggere il messaggio inviatogli dalla figlia, oggi ventottenne, con un bel lavoro nella moda a Parigi, il giorno del compleanno («Non credere che lo faccia vedere a tutti, anzi, solo a te, ma questa conversazione sui figli mi ha preso molto»). Una figlia, unica, con cui lo scontro su alcol e tattoo era stato, a suo dire, veramente duro. Scriveva la ragazza: «Caro Papà, abbiamo avuto momenti molto tesi, per la mia passione per i tattoo. Solo adesso capisco cosa vuol dire avere una pelle intatta e il cervello sano. Ho capito che sarebbe stato più facile per te dirmi di sì. E che mi hai dimostrato di volermi bene, proprio perché hai avuto il coraggio e la forza di dirmi di no. Ho avuto bisogno di anni, per capirlo… (cuoricini). Perdonami. Buon compleanno Papà, con tutto il mio affetto». Amore sì, ma anche il coraggio di dare le regole, e saper dire di no. Nel rispetto reciproco.
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