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Cicogne tardive: motivazioni antropologiche e limiti biologici

Cicogne tardive: motivazioni antropologiche e limiti biologici
19/04/2019

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, sui rotocalchi non faccio che leggere di gravidanze portate felicemente a termine, oltre i 40 anni, da attrici famose e donne comuni. Ma è tutto oro quello che luccica? Quali sono, in particolare, le cause di questa ondata di gestazioni tardive, e quali i possibili ostacoli opposti dalla natura? Grazie e buon lavoro”.
Giorgio (Torino)
Gentile signor Giorgio, lei solleva una questione molto importante in un’Italia: nel nostro paese, infatti, l’età media generale della prima gravidanza è di 31 anni e tre mesi, al pari dell’Irlanda. L’Italia, inoltre, detiene il record europeo e mondiale di prime gravidanze dopo i 40 anni.

Quali sono le principali ragioni del ritardo procreativo a cui si assiste sempre più di frequente?

Per le donne al primo figlio, il sogno di diventare madri, rimandato a lungo per un desiderio prima immaturo, oppure per ragioni di realizzazione professionale, per motivi economici o per la mancanza di un partner con cui costruire un progetto di famiglia, può diventare acutamente doloroso con l’avvicinarsi dei quarant’anni. Il problema è che la probabilità di concepire spontaneamente si riduce drasticamente dopo tale età, e aumentano i rischi di avere un bambino in vario grado imperfetto.

Quali fattori contribuiscono a questo cambiamento antropologico e sociale?

Innanzitutto, la differenza fra età psichica ed età biologica. A quarant’anni molte donne si sentono “ragazze”, con gli entusiasmi e i desideri di una donna di almeno dieci anni di meno. E non solo emotivamente. Soprattutto quelle che hanno seguito sani stili di vita, hanno corpi e volti decisamente più giovani. Sono donne ardenti, luminose, con la convinzione che il meglio della vita sia ancora davanti a sé, pronto ad accendersi con la scintilla dell’ultimo sogno: un figlio. Il pensiero diventa rapidamente dominante: se un figlio non è stato ancora concepito, perché non ora? Il bimbo è allora “espressivo” di un desiderio di chiudere il cerchio delle soddisfazioni esistenziali.
Accanto a queste donne, più nell’ombra ma anche più numerose, ci sono quelle che intorno ai quarant’anni fanno un bilancio di vita non del tutto soddisfacente: il lavoro non ha dato i risultati attesi, l’amore ha deluso più di una volta. Ed ecco la folgorazione: «Un bambino mio può riaccendere di luce la mia vita». Un figlio, questa volta, “riparativo”, che nasce con un’ipoteca complessa sul proprio destino: dare senso alla vita della mamma o della coppia.
Nel mezzo, tutte le donne per le quali un diverso senso delle priorità della vita, un diverso senso del tempo e del significato dell’essere madri ha comunque comportato un variabile ritardo rispetto ai tempi della procreazione più fisiologici.

Che cosa si oppone, a livello biologico, alle cicogne tardive?

Le difficoltà sono legate alla salute riproduttiva e alla salute generale. Vediamo le prime.
Con il passare degli anni, la fertilità si riduce per molteplici ragioni. La biologia ovarica, innanzitutto, mantiene i limiti di sempre. Le cellule riproduttive, gli ovociti, perdono la loro qualità migliore dopo i trent’anni, con un secondo crollo dopo i 35-38 anni. Questa scarsa qualità si traduce in un aumento degli aborti spontanei, che arrivano al 40% dei concepimenti a quarant’anni, e nell’8% di malformazioni a termine, una percentuale doppia rispetto alla media nazionale, che è del 3-5%, a seconda della zona di residenza. Aumenta, in particolare, il rischio di malattie cromosomiche.
In secondo luogo, diminuisce la qualità del trasporto tubarico: normalmente l’ovocita viene fecondato nel terzo esterno della tuba, dopodiché viene trasportato in utero dalle ciglia dell’epitelio tubarico che costituiscono una sorta di delicato “tapis roulant”. Con l’età, e la promiscuità contemporanea, aumenta la probabilità di infezioni delle tube, soprattutto da malattie sessualmente trasmesse (clamidia e gonococco, in primis) che ledono l’epitelio ciliato. La tuba è pervia, ma il trasporto non funziona correttamente. Ed ecco l’infertilità tubarica, oppure la gravidanza “extrauterina”, in cui l’uovo fecondato si annida nella tuba, con esiti non solo di aborto ma anche di pericolo di emorragie interne a volte gravissime per la madre.
Infine, l’utero non può non essere più la casa perfetta per il bimbo che verrà: i fibromi possono alterare la forma della cavità uterina riducendo la possibilità sia di concepimento e annidamento, sia di prosecuzione della gravidanza.

E le difficoltà legate alla salute generale?

Con l’età aumenta l’incidenza del diabete, delle malattie dismetaboliche, dell’ipertensione, delle malattie, il che rende più difficile sia il concepimento sia la prosecuzione regolare della gravidanza.

In conclusione

I fattori biologici che abbiamo esaminato ci devono indurre ad essere cauti rispetto a una prospettiva resa particolarmente attraente dalle copertine dei giornali. Lei ha ragione, signor Giorgio, ad essere in dubbio: davvero, non è tutto oro quello che luccica! Un discorso a parte meriterebbe la procreazione medicalmente assistita, che offre opportunità e pone problemi del tutto peculiari: ma per questo importante argomento la rimando agli articoli già pubblicati, in passato, su questo sito.

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