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Fecondazione in vitro: essenziali l'acido folico, l'omocisteina, le vitamine e il ferro

05/02/2017

Fecondazione in vitro: essenziali l'acido folico, l'omocisteina, le vitamine e il ferro
"Science News" - Segnalazioni e commenti on line su articoli scientifici di particolare interesse
Commento a:
La Vecchia I, Paffoni A, Castiglioni M, Ferrari S, Bortolus R, Ferraris Fusarini C, Bettinardi N, Somigliana E, Parazzini F.
Folate, homocysteine and selected vitamins and minerals status in infertile women
Eur J Contracept Reprod Health Care. 2016 Dec 15:1-6. [Epub ahead of print]

Valutare i livelli di acido folico, omocisteina, vitamine e minerali nelle donne che chiedono la fecondazione in vitro: è questo l’obiettivo dello studio osservazionale trasversale coordinato da I. La Vecchia ed espressione della Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, dell’Università di Milano e dell’Università di Verona.
L’alimentazione è un fattore che influenza in modo cruciale la salute del feto e della madre. E il tasso di successo dei trattamenti per l’infertilità è associato ad adeguati livelli di omocisteina, acido folico e vitamina B12. Pochi dati sono tuttavia disponibili sui livelli medi di questi micro-nutrienti nel sangue delle donne in età riproduttiva, e manca un sistema organico di valori di riferimento.
Lo studio è stato condotto su 269 donne (età media: 37±4 anni) con un prelievo del sangue a digiuno effettuato durante lo screening di routine che precede la fecondazione in vitro, per accertare i livelli di acido folico, omocisteina, vitamina B12, vitamina A, vitamina E, ferro e ferritina.
Questi, in sintesi, i risultati:
- solo il 69% e il 44% delle partecipanti avevano adeguati livelli di omocisteina e vitamina B12, rispettivamente;
- l’acido folico serico era adeguato nel 78% delle partecipanti;
- solo il 12%, tuttavia, aveva una concentrazione di acido folico nei globuli rossi ottimale per la prevenzione dei difetti del tubo neurale a carico del feto;
- i livelli di vitamina A, vitamina E, ferro e ferritina erano appropriati nella maggioranza delle partecipanti (>80%).
I livelli di acido folico e di vitamina B12 sono quindi ampiamente inadeguati nelle donne che si rivolgono alla fecondazione in vitro, e questo rappresenta un’autentica emergenza sanitaria. I difetti del tubo neurale (Neural-Tube Defects, NTD) sono un insieme di gravi malformazioni a carico della testa e della colonna vertebrale. La lesione più frequente è la spina bifida: la colonna non è perfettamente saldata, specialmente a livello lombare, e ciò può determinare danni neurologici di varia gravità a carico della vescica, con incontinenza, e delle gambe, con paresi e difficoltà di movimento. La spina bifida, a sua volta, può associarsi a malformazioni a carico della testa e del cervello, come l’anencefalia (assenza totale o parziale della volta cranica), la craniorachischisi (fessurazione profonda del cranio e della colonna vertebrale) e l’encefalocele (protrusione di tessuto cerebrale attraverso un’incompleta saldatura della volta cranica).
In questo contesto, l’acido folico è davvero una sostanza utilissima: 0,4 milligrammi al giorno, assunti per bocca, a partire da almeno tre mesi prima del concepimento e per tutto il tempo della gravidanza, riducono dell’83% i difetti del tubo neurale. Però è indispensabile iniziare a prenderlo prima, non dopo, l’inizio della gestazione: il tubo neurale, che dà origine al cranio e alla colonna vertebrale, si chiude infatti entro trenta giorni dal concepimento, quando la donna spesso non sa ancora di essere incinta. E’ quindi indispensabile che la profilassi copra questo termine critico, e l’unico modo perché ciò avvenga è iniziarla con congruo anticipo, quando si inizia a cercare il figlio. Purtroppo, più della metà delle gravidanze non sono pianificate, e così tante donne (e tanti bambini) non fruiscono di questa semplicissima e fondamentale forma di prevenzione.
L’acido folico offre anche altri vantaggi: riduce del 70 per cento il rischio di parto prematuro precoce (fra la 20a e la 28a settimana di gravidanza), e del 50 per cento il rischio di parto prematuro (fra la 28a e la 32a settimana). Altri studi indicano che può ridurre il rischio di labiopalatoschisi (il “labbro leporino”), malformazioni cardiache, ridotta crescita intrauterina (Intrauterine Growth Restriction, IUGR), basso peso alla nascita, sindrome di Down, pre-eclampsia e aborto spontaneo ripetuto.
Si tratta dunque di una forma di prevenzione di cruciale importanza, e il merito di questo studio è di avere ancora una volta sollevato il problema di un’adeguata informazione e di un counselling puntuale a livello clinico e ostetrico.
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