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Differenze di genere nel morbo di Parkinson: una recente review statunitense

16/11/2014

Differenze di genere nel morbo di Parkinson: una recente review statunitense
"Science News" - Segnalazioni e commenti on line su articoli scientifici di particolare interesse
Commento a:
Smith KM, Dahodwala N.
Sex differences in Parkinson's disease and other movement disorders
Exp Neurol. 2014 Sep;259:44-56. doi: 10.1016/j.expneurol.2014.03.010. Epub 2014 Mar 28

Riepilogare le evidenze oggi disponibili sul ruolo protettivo degli estrogeni e dei modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni nei confronti del morbo di Parkinson e di altri disturbi del movimento: è questo l’obiettivo della review di K.M. Smith e N. Dahodwala, del Parkinson’s Disease and Movement Disorders Center di Philadelphia, USA.
I disturbi del movimento includono, oltre al morbo di Parkinson, la malattia di Huntington, la corea, i tic e la sindrome di Tourette: tutti mostrano sensibili differenze di genere nel profilo di vulnerabilità, nella patogenesi e nei sintomi clinici. Il morbo di Parkinson, in particolare, è nettamente più diffuso fra gli uomini che fra le donne.
Gli studi epidemiologici suggeriscono che l’esposizione agli estrogeni endogeni ed esogeni può contribuire a queste spiccate differenze di genere. In particolare, secondo gli studi esaminati dagli Autori:
- nei modelli animali del morbo di Parkinson, gli estrogeni prevengono la distruzione dei neuroni dopaminergici indotta dalle neurotossine, esercitando quindi una forte funzione neuroprotettiva nei confronti dell’insorgenza e della progressione della patologia;
- i cromosomi sessuali possono a loro volta determinare effetti protettivi sullo sviluppo e il mantenimento del sistema dopaminergico, indipendentemente dagli ormoni.
Per l’effetto combinato degli ormoni, dei cromosomi e di altri eventuali fattori sinora sconosciuti, si determina un dimorfismo sessuale nei gangli basali e nei neuroni dopaminergici che può condurre a distinti meccanismi patogenetici nei maschi e nelle femmine.
Gli Autori passano rapidamente in rassegna anche il modo in cui le differenze di genere nella funzione dei gangli basali e nelle vie dopaminergiche possono influire sullo sviluppo e sugli effetti della malattia di Huntington, della corea, dei tic e della sindrome di Tourette. E concludono sottolineando come una più approfondita comprensione delle differenze sessuali possa portare, in futuro, a nuove strategie terapeutiche per la prevenzione e la cura di queste malattie.
Alcuni studi recenti (Gatto NM, Deapen D, Stoyanoff S, Pinder R, Narayan S, Bordelon Y, Ritz B. Lifetime exposure to estrogens and Parkinson's disease in California teachers. Parkinsonism Relat Disord. 2014 Aug 19. pii: S1353-8020(14)00299-5. doi: 10.1016/j.parkreldis.2014.08.003. [Epub ahead of print]) suggeriscono che una più lunga esposizione agli estrogeni, sia naturali, sia dovuti alle terapie ormonali, riduca il rischio di Parkinson di circa il 43%. Studi precedenti (Rocca WA, Bower JH, Maraganore DM, Ahlskog JE, Grossardt BR, de Andrade M, Melton LJ 3rd. Increased risk of cognitive impairment or dementia in women who underwent oophorectomy before menopause. Neurology 2007, 11, 69 (11): 1074-1083) avevano invece dimostrato che l’asportazione di una o entrambe le ovaie, con menopausa precoce non trattata, aumentava del 68% il rischio di parkinsonismo (OR 1.68) con significatività borderline per il Parkinson.
Nel complesso, pur con dati ancora in parte contrastanti, le evidenze attuali suggeriscono che gli estrogeni, soprattutto a livelli costanti, abbiano un effetto positivo “neurotrofico” sulle cellule cerebrali (sia i neuroni, sia la microglia) riducendo la neuroinfiammazione, che è uno dei fattori più potenti nel causare la morte (anche) dei neuroni dopaminergici che regolano il movimento e dalla cui distruzione compaiono le tipiche alterazioni motorie del Parkinson.
Nell’esperienza clinica della professoressa Graziottin, la terapia ormonale sostitutiva in corso di Parkinson già comparso ne ottimizza la risposta ai farmaci specifici e rallenta la progressione della malattia, sempre se unita a sani stili di vita inclusivi di movimento fisico quotidiano (meglio se con musica, che ottimizza le capacità motorie compatibilmente con il livello di competenza motoria della donna). 
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