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Vecchi, sani e soprattutto felici

11/04/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Per invecchiare a lungo e bene, restando indipendenti, bisogna essere sani e felici”. Questo ha sostenuto il professor David Lipshitz, docente di Psichiatria all’Università dell’Arkansas, in un convegno tenutosi a Vancouver (Canada) venerdì scorso. L’essere sani, per vivere a lungo, è questione lapalissiana. Il punto di interesse è sull’essere felici. Anche i medici – per fortuna – cominciano a studiare non solo gli aspetti legati alla biologia delle malattie, ma anche quei fattori psichici e sociali che ne modulano grandemente l’andamento. Perché il “come” invecchiare è cardinale, anche nei suoi aspetti psichici? Perché l’allungamento della vita, che tanto superficialmente ci rallegra, è in realtà inquietante per le molte disabilità ad esso associate.
Tra 15 anni, nel 2020, la percentuale degli abitanti degli Stati Uniti  al di sopra dei 65 anni aumenterà dall’attuale 12% al 20%. E la percentuale dei grandi vecchi, al di sopra degli 85 anni, salirà del 187%. Il 50% di questi super-anziani non è più autosufficiente. Per l’Italia, Paese di grandi longevi, le proiezioni sull’invecchiamento della popolazione sono ancora più nette. Una vertigine.
L’obiettivo da perseguire, dice Lipshitz, è che il 90% della popolazione sopra gli 85 anni (!) sia in grado di vivere autonomamente e, se possibile, di essere socialmente utile. Altrimenti i Paesi ad alto reddito, quelli cioè con le popolazioni più longeve, si  troveranno ad affrontare la più grave crisi economica interna della loro storia.
Per raggiungere questo ambiziosissimo obiettivo (che tuttavia darebbe speranza a tutti noi, se davvero arrivassimo a vivere bene così a lungo) bisogna agire sui fattori predittivi di longevità potenzialmente migliorabili. L’analisi delle evidenze scientifiche finora disponibili ha portato Lipshitz a identificare tre fattori di salute e quattro fattori di felicità  significativamente associati a più lunga “aspettativa di salute”, altro modo per dire il vivere sani a lungo.
I primi due fattori di salute sono ben noti: nutrizione appropriata (dieta mediterranea, e greca in particolare) ed esercizio fisico almeno un’ora al giorno (e se è di più, tanto meglio). L’esercizio fisico aumenta infatti la massa muscolare. Migliora il metabolismo, mantiene una migliore massa ossea, riduce il rischio di depressione e conserva quella prontezza di riflessi e quell’efficienza psicofisica che sono essenziali per una soddisfacente capacità di autonomia fino a tarda età. Il terzo fattore è un po’ più nuovo: utilizzo intelligente delle opportunità fornite dai programmi sanitari, di prevenzione e diagnosi precoce, del Paese di appartenenza.
L’aspetto più meritevole di riflessione, tuttavia, riguarda i fattori predittivi di felicità, associati ad invecchiare in autonomia e dignità:
1) amare e sentirsi amati: vivere in coppia monogama e stabile allunga la vita  mediamente di 10 anni (!) agli uomini e di 3 anni alle donne. La coppia stabile a lungo, con il suo senso di appartenenza, la rassicurante quotidianità, l’intimità emotiva e affettiva, è il miglior antidoto alla solitudine, altrimenti  foriera di infelicità e disabilità fisica e psichica;
2) aver fede: le ricerche scientifiche evidenziano una forte associazione tra sentimento religioso e più sana longevità. Credere è un potente fattore di speranza, di fiducia e di benessere psichico, di adattamento positivo e reattivo alle malattie, di  migliore competenza immunitaria, di appartenenza e supporto da parte della comunità religiosa cui si appartiene, preziosi specialmente nei momenti difficili. Interessante: la capacità di perdonare, intrinsecamente legata al sentimento e all’etica religiosa, è il fattore psichico che meglio predice la qualità dell’invecchiare;
3) essere creativi e avere progetti ed obiettivi: mantenere attività e hobby appassionanti, e continuare ad essere “life long learners”, cioè persone che amano apprendere per tutta la vita, anche dopo il pensionamento, sono tutte caratteristiche che mantengono attivissimo il cervello, contrastando l’altrimenti tragico deterioramento cognitivo associato all’età;
4) avere un’alta autostima: gli studi condotti dalla Fondazione McArthur, che negli Stati Uniti ha investito enormi risorse nelle ricerche sull’invecchiamento qualitativo, hanno dimostrato che fiducia in se stessi e  un buon giudizio di sé sono tratti costanti nei centenari ancora capaci di serena autonomia.
A ben guardare, tutti questi fattori agiscono come promotori di salute e di autonomia psicofisica nell’arco dell’intera esistenza: l’anziano raccoglie quello che ha prima seminato, sia sul fronte degli stili di vita, sia su quello degli affetti, della crescita spirituale, della vivacità psichica, aspetti che poi nutrono l’autostima e la fiducia in sé. Quanti di questi fattori sono oggi espressi e coltivati nella nostra vita?

Anziani Invecchiamento e longevità

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