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Stop ai cellulari in classe

22/01/2007

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Stop ai cellulari in classe. Due sacrosante proposte di legge, di Verdi e Ds, chiedono di vietarne l’uso. Personalmente schermerei le scuole, tout court, come già si fa in moltissime aule per congressi scientifici. Con grande guadagno in silenzio, qualità dell’ascolto e della concentrazione, rispetto del docente e benessere di tutti. Si eviterebbero inutili discussioni, usi sottobanco o nei bagni. Giustamente, il silenzio telefonico dovrebbe includere studenti e insegnanti, perché la concentrazione degli uni è essenziale quanto l’attenzione dedicata degli altri.
Perché il telefonino è così mefitico per chi insegna e chi apprende?
Innanzitutto, distoglie l’attenzione di chi riceve o fa la telefonata o manda l’sms, tanto più a lungo quanto più il messaggio è emotivamente carico: sia esso un apprezzamento, un appuntamento o una minaccia. Così facendo l’interruzione mina alla radice il processo di memorizzazione. Per apprendere è necessario innanzitutto focalizzare l’attenzione, visiva, uditiva, emotiva e riflessiva, su quanto viene spiegato. Più concentrata è l’attenzione, maggiore è la probabilità che il messaggio si scriva nel cervello, in forma di tracce di memoria a breve termine. Queste verranno poi consolidate e trasformate in memoria a lungo termine, e quindi in apprendimento duraturo, attraverso la riflessione e la ripetizione a casa, con un ultimo consolidamento grazie a un sonno adeguato (altra carenza drammatica nei nostri adolescenti).
La frammentazione ripetuta dell’attenzione crea una sorta di caos mentale, una sovraeccitazione neuronale persistente, oltre che emotiva. Peggiora quindi quel deficit psichico (che diventerà poi un serio fattore di fallimento nella vita) oggi definito come “Disturbo dell’attenzione con iperattività” (“Attention Deficit/Hyperactivity Disorder”), che sta diventando un serissimo, epidemico problema di salute pediatrica e adolescenziale, oltre che sociale. Certo, si tratta di un problema complesso, neurobiologico e comportamentale (che può essere peggiorato anche da fattori alimentari, quali cibi contenenti conservanti e coloranti) ma che trova un fattore indubbio di esasperazione nell’ulteriore disturbo continuo da telefonino. Invece di circuiti predisposti e dedicati all’apprendimento, l’interruzione continua frammenta il flusso di informazione, lo distorce, lo blocca, lo devia. Come se il flusso su un’autostrada fosse continuamente interrotto da auto che si inseriscono alla selvaggia. Impossibile proseguire. Il problema non si limita a chi telefona o messaggia. Immediatamente coinvolge gli alunni vicini, in modo verbale e non verbale, perché le emozioni hanno una comunicatività “infettiva”, in particolare tra bambini e adolescenti. Lede la concentrazione anche di chi volesse seguire con passione una lezione particolarmente ben fatta: perché distoglie del pari la sua attenzione e sporca quell’atmosfera speciale che si crea in classe quando un insegnante appassionato trasmette il suo sapere ai suoi allievi. Mi ricordo lezioni magnifiche, al liceo, con l’attenzione sospesa perché eravamo letteralmente “catturati” dall’interesse intellettuale ed emotivo che alcune lezioni di latino, o di greco, di filosofia o di biologia suscitavano in noi. Il silenzio assorto era parte integrante di quei momenti sospesi, in cui apprendere era bellissimo e ti faceva volare su orizzonti di conoscenza esaltanti. Un imprinting, un assaporare profondo che poi ti regala il gusto di apprendere – con dedicata attenzione – per tutta la vita. Una premessa per una realizzazione personale e professionale di qualità. Un silenzio in cui c’era l’essenza dell’apprendimento, perché parole, riflessioni ed emozioni potevano risuonare in noi indisturbate. Certo: con la fortuna di avere alcuni insegnanti decisamente sopra la media, per preparazione e passione, e un gruppo di allievi vivaci, tosti di carattere e non sempre facili, ma che potevano essere coinvolti a fondo, con risultati di apprendimento eccellenti, se anche il silenzio e la disciplina aiutavano a rispettare le regole base della convivenza in classe.
Proibizionismo, come sostiene qualcuno? No: necessità di far rispettare le regole con una sana, elementare disciplina. Siamo onesti: il principio dell’autodeterminazione individuale e dell’educazione personale è un ideale oggi alla corda. Senza regole che vengano fatte rispettare la maggior parte degli umani è alla deriva. Soprattutto da piccoli. Lo sbandamento psichico e comportamentale di molti adolescenti, desolatamente ignoranti, bulli e aggressivi, e destinati allo spreco di talenti e di opportunità, è sotto gli occhi di tutti.
Anzi: il telefonino dovrebbe essere proibito anche a casa, per quelle tre o quattro ore pomeridiane che un figlio dovrebbe dedicare allo studio. Superando quella misteriosa paura che oggi molti genitori hanno nel far rispettare anche regole elementari, col risultato di tirar su dei selvaggi sbandati, a casa e fuori. I bambini e gli adolescenti vanno anche “contenuti” e indirizzati, con amore, sì, ma pure con ferma autorevolezza.
Recuperare l’educazione al rispetto del vivere civile, incluso il valore del silenzio nelle situazioni appropriate, migliorerebbe la salute psichica dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. Certo, la regola, come si diceva, dovrebbe valere anche per gli insegnanti. Insieme all’impegno di fare lezioni di qualità, che meritino un ascolto dedicato. E ancora appassionato.

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