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Sindrome metabolica e obesità: perché le donne sono più colpite?

Sindrome metabolica e obesità: perché le donne sono più colpite?
04/06/2019

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Mia mamma, 76 anni, è diabetica e molto sovrappeso (il medico la definisce obesa). Ha la pressione alta e ha già avuto un infarto. E’ spaventata e intristita, con tanti disturbi e tante pastiglie da prendere ogni giorno. Io ho 52 anni e sto letteralmente lievitando di peso, anche se mangio come prima. Anche pressione e glicemia si stanno alzando. Quanto conta l’ereditarietà in queste patologie? Cosa dovrei fare per non stare male come mia mamma e migliorare la mia salute per gli anni a venire?”.
Tiziana R. (Belluno)
Gentile signora, sua mamma presenta molti sintomi tipici della cosiddetta sindrome metabolica. Questo termine raggruppa diverse condizioni patologiche:
- obesità “centrale”, in cui il grasso si accumula a livello dei visceri addominali e del sottocute peri-addominale («Mi è venuta la pancia»);
- diabete;
- ipertensione arteriosa;
- aumento dei livelli di colesterolo e dei trigliceridi (lipidi);
- basso HDL-colesterolo.
Questi fattori condividono molte cause tra cui l’eccesso di calorie, rispetto ai consumi, con aumento dei cibi grassi e dolci, e l’inattività fisica. La familiarità è importante in quanto costituisce una forte predisposizione. Tuttavia i geni, pur determinando una vulnerabilità, non obbligano a una patologia! Lei è “a rischio”, come si dice oggi, ma con stili di vita sani e costanti le sarà possibile minimizzare gran parte degli aspetti di familiarità coinvolti in questa sindrome.
Purtroppo, la sindrome metabolica è oggi un fattore di allarme sanitario perché, non curata, aumenta di molto i rischi per la salute cardiovascolare (con aumento di infarti, ictus e trombosi), ma anche tumorale (con aumento di tumori al seno, all’utero, al colon e al pancreas) e cerebrale (depressione, poi Alzheimer e Parkinson). Le caratteristiche salienti della sindrome metabolica, e i criteri per diagnosticarla, sono indicati nel Box 1.
L’epidemia di sovrappeso e obesità, in atto in tutto il mondo ad alto reddito, Italia inclusa, rischia di costituire la più temibile catastrofe sanitaria per le serie patologie associate (comorbilità) e per la maggiore mortalità che comporta, dopo anni di malattia, di dolore, di dipendenza da cure farmacologiche, mediche e infermieristiche. Per non parlare del carico assistenziale per la famiglia. Davvero, il miglior regalo che un genitore può fare a un figlio è mantenersi in buona salute il più a lungo possibile, con stili di vita sani, anzitutto, e costanza nelle cure farmacologiche, quando indicata e prescritte.

Box 1. Sindrome metabolica: i 5 fattori chiave da misurare in tutta la famiglia

Tre o più di questi fattori portano alla diagnosi di sindrome metabolica:
- obesità addominale (circonferenza vita: uomini superiore a 102 cm, donne superiore 88 cm. Ma attenti all’altezza e alla razza: allarmarsi se si è di etnia europea, e se l’uomo è già superiore ai 94 cm di circonferenza e la donna agli 80 cm: prendete un metro da sarta, e misuratevi subito);
- aumento della glicemia (a digiuno, superiore a 100 mg/dl), o terapia farmacologica specifica, o precedente diagnosi di diabete mellito di tipo 2;
- aumento dei trigliceridi nel sangue (superiori a 150 mg/dl), oppure trattamento farmacologico in atto per ipertrigliceridemia;
- basso colesterolo HDL (quello buono) (uomini inferiore a 40 mg/dl, donne inferiore a 50 mg/dl), o terapia farmacologica specifica;
- ipertensione arteriosa (superiore a 130 mmHg di massima, o sistolica, e superiore a 85 mmHg di minima, o diastolica), oppure trattamento farmacologico in atto.

Tratto da National Cholesterol Education Program, Adult Treatment Panel III. NCEP: ATP III, 2005

Quando comincia la sindrome metabolica?

La sindrome metabolica può iniziare già in utero! Se la mamma aumenta molto di peso in gravidanza, oltre i normali 10-12 chili perfetti quando la donna inizia la gravidanza normopeso, il metabolismo del bambino viene influenzato per tutta la vita futura. Se poi compaiono un diabete gestazionale e/o un’ipertensione, si accendono due semafori rossi: il primo sul rischio di diabete, obesità e malattie cardiovascolari per la donna, patologie che ricompaiono e peggiorano con la comparsa della menopausa, il secondo per le stesse patologie nel figlio. Dunque la prima prevenzione comincia in gravidanza sia per la mamma, sia per il bambino.
L’infanzia è il secondo periodo a rischio: i bambini italiani sono i più grassi d’Europa. Abituiamoli ad attività fisica quotidiana, gioco e sport, pochissimo tempo con tablet e TV, e un’alimentazione sana, con pochissimi dolci e grassi, e molta frutta e verdura sin da piccini.

Donne più a rischio dall'adolescenza alla menopausa

L’adolescenza costituisce il terzo periodo di rischio:
- alterazioni della funzione ovarica, associate a un inadeguato utilizzo periferico dell’insulina, provocano la sindrome da policistosi ovarica (PCOS), con aumento di peso, e aumento di androgeni, che causano acne, irsutismo, seborrea, da contrastare con dieta, attività fisica quotidiana e integratori come il mio-inositolo;
- fattori ormonali, sindrome premestruale e il terremoto emozionale possono portare a cercare i cibi dolci come compenso alle frustrazioni emotivo-affettive e come “antidepressivo” naturale, soprattutto prima del ciclo;
- il grande abbandono dello sport, soprattutto tra le ragazze (quasi il 50% delle adolescenti tra i 12 e i 20 anni, secondo dati ISTAT) è un altro fattore che complica lo scenario metabolico, con un crollo dei consumi calorici, mentre l’alimentazione resta invariata o addirittura aumenta sul fronte dolci.
La gravidanza è una prova da carico per tutto il metabolismo della donna: se l’aumento di peso è superiore ai 14 chili (dal concepimento al parto, partendo normopeso), se compaiono ipertensione o diabete, siamo (quasi) certi che la donna è candidata alla sindrome metabolica, a meno che non adotti con costanza stili di vita sanissimi, cominciando da almeno 45 minuti al giorno di camminata veloce o altra attività aerobica.
La menopausa dà un’ulteriore accelerata al rischio obesità: il metabolismo basale si riduce di circa il 10%, ogni 10 anni, dopo i vent’anni di età. La menopausa, da sola, lo riduce di un altro 20%. Per restare in peso forma, a 50 anni una donna deve mangiare il 50% in meno rispetto ai vent’anni, a parità di attività fisica! L’attivazione di alcuni enzimi (aromatasi) promossa dalla perdita di estrogeni menopausali porta poi all’accumulo di grasso proprio sui visceri e sul sottocute addominale (adiposità centrale). Se anche la tiroide rallenta (ipotiroidismo) l’aumento di peso può diventare preoccupante. E attente all’alcol: insieme all’inattività fisica è il più potente fattore predittivo (ma modificabile) di obesità e sindrome metabolica durante e dopo la menopausa. In positivo, una terapia ormonale ben personalizzata, unita a stili di vita sani, riduce il rischio di sindrome metabolica, e di diabete in particolare, dopo la menopausa.
Curioso: la vulnerabilità all’accumulo di grassi nel tessuto adiposo sta nella nostra evoluzione! (Box 2)

Box 2. Non siamo orsi!

L’accumulo di grasso nelle cellule adipose (adipociti) sarebbe un retaggio metabolico degli animali, nostri antenati, che andavano in letargo e quindi preparavano cospicue scorte per l’inverno in cui non si sarebbero potuti alimentare. Ma noi non siamo orsi, e non avendo più periodi di letargo e digiuno prolungati (e nemmeno carestie), mangiando calorie in più rispetto al fabbisogno giornaliero rischiamo l’obesità progressiva con tutti i guai associati.

Sindrome metabolica: prima previeni, meglio è

La sobrietà nell’alimentazione è essenziale: varietà e sapore, ma porzioni ridotte (usate piatti piccoli, e le porzioni sembreranno maggiori; il contrario, per effetto ottico, se il piatto è grande…); se siete a dieta, alla sera preferite cereali integrali o legumi (lenticchie, fagioli, ceci, fave) che aumentano la glicemia di poco ma in modo prolungato, evitando gli attacchi di fame notturni.
Evitate l’alcol, vino e birra inclusi: sono molto più calorici di quanto le donne pensino!
Evitate i dolci, le bibite zuccherate, caramelle e cioccolatini («Un minuto in bocca, una vita sui fianchi…»).
Fate attività fisica aerobica, per esempio 45-60 minuti di camminata veloce o, se siete più giovani, jogging: aumentano il metabolismo non solo mentre si praticano, ma anche nelle ore successive (diversamente dall’attività anaerobica, ad esempio i pesi, in cui il metabolismo aumenta solo mentre la si pratica). Ore ideali: il mattino, anche presto, prima di andare al lavoro, o andandoci a piedi o in bicicletta, se possibile.
Rispettate il sonno: la carenza di sonno stimola la produzione di ghrelina, una sostanza che aumenta l’appetito per cibi grassi e dolci. Stare a dieta è più facile, se si dorme per otto ore ogni notte.
In sintesi: cercate di mantenere il peso forma ideale per tutta la vita. Come calcolarlo? Le regolette sono al Box 3.

Box 3. I numeri della salute

- Il peso ideale? Ecco la sottrazione facile: la vostra altezza meno 110. Per esempio, se una donna è alta 164 cm, il suo peso ideale sarà 164 – 110 = 54 chilogrammi.
- 9.000 calorie danno un chilo di peso in più. Aumentare è facile. Dimagrire è più difficile, se, oltre a ridurre le calorie, non si aumentano i consumi con l’attività fisica quotidiana.
- Indice di massa corporea (IMC), in inglese Body Mass Index (BMI): indica il rapporto tra peso, espresso in chilogrammi, e il quadrato dell’altezza, espresso in metri. Ci dà non solo il peso forma ma anche le categorie di rischio, quanto più il BMI è elevato. Per valutazioni più accurate va corretto considerando la circonferenza addominale, la massa magra e la massa grassa, e altri parametri biometrici. Un girovita elevato raddoppia la probabilità di morte da infarto o ictus.
Quindi tutti in forma per gustare un magnifica longevità in grande salute. Con soddisfazione propria e di tutta la famiglia!

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