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Sindrome del bambino scosso: conoscerla per prevenirla

30/12/2013

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

La “sindrome del bambino scosso” (Shaken Baby Syndrome, SBS) è un’espressione medica per descrivere i danni cerebrali interni che un bambino subisce quando viene scosso violentemente, con o senza il contatto con una superficie dura. Ne parlo perché:
1. il problema è poco conosciuto: pochi genitori, babysitter o altre figure che si occupano dei piccoli sono consapevoli dei danni neurologici derivanti dallo scuotere con violenza un piccolo;
2. la SBS è molto più diffusa di quanto si pensi e rappresenta un grave abuso del piccolo, oltre che una progressiva diminuzione delle sue potenzialità, fino a poterne causare la morte;
3. parlarne serve a prevenire, senza che nessuna famiglia o categoria professionale debba sentirsi offesa dai gravi dati (scientifici) che qui riassumo.
Le conseguenze dello scuotere con violenza un piccolo sono stata descritte per la prima volta nel 1946 da John Caffey, radiologo pediatra, che nel 1972 coniò l’espressione “sindrome del bambino scosso”. La diagnosi è insidiosa e difficile: il primo problema è pensarci quando un piccolo presenta vomito, difficoltà di respiro, di suzione o deglutizione; quando si presenta torpido, immotivatamente e a lungo sonnolento, o, all’opposto, ha convulsioni.
Perché è difficile? Lo scossone violento è un vero colpo di frusta, procurato dall’adulto quando scuote violentemente il piccolo tenendolo per il torace o le estremità, in genere per cercare di farlo tacere se continua a piangere. L’azione lesiva meccanica è determinata dalle brusche accelerazioni e decelerazioni cui viene sottoposto il cervello. Come il colpo di frusta, non dà segni esterni, come ecchimosi o abrasioni, ma lesioni interne, neuronali e vascolari, con tre segni estremi: emorragie/ematomi subdurali, diffuse lesioni neuronali con edema cerebrale, emorragie retiniche. Più una serie di quadri sfumati, molto più frequenti, che senza raggiungere questi estremi, possono causare comunque lesioni permanenti.
La diagnosi richiede: il pensarci (chi porta il bambino in pronto soccorso non dice che è stato scosso); una TAC o una risonanza magnetica cerebrale. E intervenire subito, con farmaci anti-edemigeni e le cure più avanzate per ridurre il rischio di danni permanenti o di morte. Per chi sopravvive, la riabilitazione è lunga ma alcuni danni sono irreversibili.
I medici prima pensavano che queste lesioni fossero accidentali: non è così. Dipendono dal comportamento violento degli adulti che hanno letteralmente in mano il piccolo. Solo negli Stati Uniti, si calcola che circa 50.000 bambini l’anno ne siano vittime. Con una prevalenza di 30 casi gravi per 100.000 bambini. Pochi, potrebbe dire qualcuno. E se uno di quei 30 fosse tuo figlio? Nel 2001, 1300 bambini sono morti in conseguenza della SBS. Oggi si calcola siano circa 2000 l’anno. Molti di più hanno avuto ritardi mentali, perdita della vista e/o dell’udito, paralisi, difficoltà di linguaggio e di apprendimento, lesioni motorie. Il problema è più frequente nei bambini di età inferiore ai due anni, perché i muscoli del loro collo sono ancora deboli rispetto al peso della testa. Nel 60% dei casi, i piccoli sono maschi. I responsabili, nel 40% dei casi, sono uomini: il padre o il compagno della madre. Tra le donne, le più in causa sono babysitter o altro personale che ha in cura il piccolo.
Si può prevenire un problema così grave? Sì: parlandone. Affinché tutti sappiano che non si deve mai scuotere un bambino, perché questo può procurargli danni gravi fino alla morte. Se la frustrazione si accumula, perché il bambino non smette di piangere e non si calma, i pediatri raccomandano di:
a) chiedersi perché lo fa: vuol dire che sta male, fisicamente o emotivamente; se si è soli, metterlo nella culla e uscire dalla stanza per calmarsi: urlare o scuoterlo peggiora solo le cose. Con più calma, cambiarlo, dargli un biberon di camomilla, mettere musica dolce, parlargli piano, cullandolo dolcemente tra le braccia;
b) se si è esausti, e se possibile, è meglio affidarlo a un’altra persona o chiamare un familiare o un’amica;
c) se il pianto continua, il piccolo potrebbe avere coliche o più seri quadri addominali o cerebrali. Nel dubbio, chiamare il medico.
Mai lasciare che la collera o la frustrazione da stanchezza e da insonnia prendano la mano. Pochi secondi di violenza possono ferire il piccolo per sempre. O ucciderlo.

Aggressività e violenza Bambini Lesioni cerebrali Morte e mortalità Sindrome del bambino scosso

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