EN

Ritroviamo il piacere del Natale vero

19/12/2011

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

«Te lo dico francamente: il Natale lo detesto. Non ne posso più di tutta questa concitazione, dell’obbligo dei regali, di questo buonismo di copertura, di queste finzioni. Adesso ancora più di prima, con la crisi che c’è. Guarda: io, il Natale, lo abolirei. E amen». Cresce la schiera di coloro che non amano questa festa. O, meglio, che non ne amano l’aspetto consumistico, la corsa ai regali (spesso inutili), la finzione, la compressione del tempo per fare cose che in tutta sincerità, potessimo scegliere davvero, eviteremmo di fare. Che soffrono perché la corsa ai regali fa sentire ancora di più i limiti del proprio reddito, le ristrettezze che si accentuano se ci si trova in cassa integrazione o si è stati licenziati. O ancora, se una separazione ha messo alla corda economica uomini che non riescono più a far fronte ai costi di due case e due famiglie, e donne per le quali la gestione della famiglia da sole sta pesando più di quanto prima immaginassero.
E’ come se il Natale mettesse tante persone con le spalle al muro: costrette, senza più vie di fuga, a fare i conti – economici e simbolici – con quello che significa la crisi economica incombente. E su quello che comporta vivere da soli, o da separati/divorziati, e con bambini da seguire. La lacerazione delle famiglie diventa più dolorosa, e viene avvertita con maggiore profondità, se tutti intorno esaltano il calore degli affetti familiari come il bene più prezioso della vita (dopo la salute).
Dal lato opposto, resiste e si compatta il gruppo degli amanti veri del Natale: per fede, perché ne vedono ancora e anzitutto la dimensione sacra e trascendente; per senso della famiglia, perché fa piacere davvero ritrovarsi con chi si ama, soprattutto se ci sono bambini e nuovi nati. La freschezza dei bimbi, il loro sguardo curioso e poetico sulla vita e sulle feste, la loro energia viva aperta al futuro riaccendono di luce anche gli sguardi altrimenti più opachi degli adulti e dei vecchi. Tornano a sorridere le case, soprattutto se gli adulti depongono le armi e si consentono uno sguardo più morbido e pacato anche su antiche crisi e mai del tutto sopiti furori. Aspetta il Natale anche chi ama le luci e i colori di festa, le decorazioni che alleggeriscono il grigiore delle città d’inverno, la liturgia di prendersi il tempo per preparare l’albero o il presepe, magari andando a cercare il muschio nei prati o sulle vecchie pietre all’ombra, come si faceva una volta. Chi cerca ancora il vischio sulle vecchie querce o sui valloni delle colline, o l’agrifoglio in giardino, e magari si riprende il gusto di colorarne le foglie d’oro e d’argento, come in tante famiglie si faceva da piccini. Chi accende musiche natalizie, perché la mente e il cuore ritrovino un’altra musica, più pacata e riflessiva, ma anche più gioiosa.
Si può cambiare idea sul Natale e tornare ad amarlo, se si appartiene al gruppo deluso che cordialmente lo detesta? E ha senso farlo? Forse sì, se abbiamo il coraggio di tagliarne via tutto l’aspetto consumistico. Regali minimi: un fiore, un libro, un disco, un biglietto scritto con il cuore. Qualcosa di diverso, e particolare, solo se ci viene dal cuore: se ci sorridono gli occhi a pensarlo, se è un piacere prenderci il tempo per sceglierlo, se acquistarlo ci rende contenti, se regalarlo ci mette di ottimo umore. Diciamoci invece un sereno e pacato “no” per tutti gli acquisti che sentiamo come un obbligo. Piuttosto, facciamo beneficenza. Se per un anno abbiamo bisogno di fare gli eremiti natalizi, facciamolo: non per depressione né per autocompatimento, ma per scelta. Può essere rigenerante passare il Natale da soli: non contro nessuno, ma per se stessi. Per riflettere, per ascoltarsi, per gustare la differenza, la libertà o la nostalgia. Se è una scelta, e non una ritorsione o una dichiarazione di guerra o di inadeguatezza, ben venga. E se scegliamo di stare con gli altri, pensiamo bene con chi e perché.
Il Natale può riprendere un valore in sé, per laici o cattolici, se segna un momento di riflessione per una (ri)nascita personale. Per autorizzarci a lasciare le vecchie scorie di apparenza e cercare una misura di maggiore sostanza e sobrietà, negli stili di vita e negli affetti. L’essere umano è un animale liturgico. Ha bisogno di scandire il tempo e la vita, personale e sociale, con riti di passaggio, con feste, con momenti di coesione per ritrovarsi e ricaricare le energie fisiche, psichiche, morali e spirituali.
Bentornato, Natale, se il nostro senso del tempo e del valore della vita sa lasciare gli orpelli del consumismo e dell’apparire, e valorizzare l’essenziale.

Crisi esistenziale Riflessioni di vita Separazione e divorzio Solitudine

Iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato su questo e altri temi di salute e benessere con la nostra newsletter quindicinale

Iscriviti alla newsletter