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Quando l'amore è grande

19/03/2007

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Quando l’amore è grande? Quando fa (ri)fiorire l’altro, quando lo fa sbocciare, quando lo incoraggia ad esprimersi al meglio. Questo è vero non solo per l’innamoramento. Vale per il rapporto tra genitori e figli, come nel rapporto tra amici, e perfino nella professione.
Nell’impero dei sensi che caratterizza l’urgenza erotica dei nostri tempi, si ritiene che l’amore grande sia quello in cui i feromoni fanno cantare la pelle, in cui l’odore dell’altro diventa una sirena cui non si può resistere, in cui la sua vista diventa un fantasma che ci seduce come una musica o ci perseguita come un problema. In cui la voce crea vibrazioni profonde, in cui la gelosia può essere più tormentosa di una malattia e l’assenza lacerante quanto la morte. E il desiderio così imperioso da vanificare qualsiasi senso del dovere e della responsabilità, e da portare dal paradiso all’inferno, e viceversa, in un battere di ciglia. Questo, tuttavia, non è amore, è passione, anche se spesso (a torto) ne viene vissuto come la forma più alta, per l’esaltazione dei sensi e della mente che la caratterizza. Chi ha vissuto una passione squassante (ne basta una, in una vita) conosce per esperienza la verità del suo étimo: che non a caso deriva dalla radice di “patire”. A ben sottolineare la sofferenza che si intreccia con il desiderio e che può rivoluzionare la vita. La passione ardente si nutre di impossibilità, scardina per sua natura regole e vincoli: e tende a lasciare sul terreno morti (affettivi, s’intende) e feriti. Il volto istintivo, urgente, primitivo e pervadente della passione può renderla molto distruttiva, per la vita personale come per la professione, per non parlare dell’immagine di sé, pubblica e privata. “Ha perso la testa” è il commento sintetico, preoccupato, disperato, ilare o inquieto di chi, a vario titolo, sia direttamente o indirettamente coinvolto dal ciclone passione.
In quest’epoca di passioni tristi e surrogate, una passione vera e travolgente, ancorché rischiosamente distruttiva, conserva una grande attrazione. Perché dà la sensazione di essere finalmente e veramente vivi, dopo anni di automatismi, schiacciati da ritmi frenetici, in cui alla fine ci sentiamo marionette impazzite in uno scenario di cui si è perso il senso. E perché il sentirsi “trascinati” in una esaltante “folie à deux”, in una follia a due, dominati dall’urgenza e dal piacere dei sensi, invece che dal frigido controllore cognitivo che regge molta della nostra vita, può essere liberatorio, anche se foriero di molti altri guai, come spesso succede quando gli impulsi prendono la guida della nostra esistenza.
L’amore grande, invece, è oggi relegato nell’ombra, quasi dimenticato. Perché ha bisogno, per crescere, di nutrienti sempre più rari. Ha bisogno di tempo, per sviluppare tutto il suo calore, perché non divampa come un incendio ma cresce e si mantiene con la quieta costanza del fuoco in un camino ben curato. Ha bisogno di dedizione. Ha bisogno di attesa, perché i cambiamenti che comporta hanno un tempo di gestazione che non può essere compresso. Ha bisogno di pazienza, qualità sempre più negletta e invece essenziale allo sviluppo di tutti i progetti grandi: dalla crescita di un figlio ad un amore che sappia diventare il centro pulsante e generoso della propria vita. Ha bisogno di tenacia, perché le difficoltà, nell’amore come nella quotidianità, sono ineludibili: ed è attraverso le prove che la forza – ma anche la convinzione – di un amore aumentano la sua capacità di abitare in modo luminoso la nostra esistenza. Ha bisogno di umiltà e di autocritica: perché non si può essere sempre nel giusto, né aver sempre lo sguardo migliore su cose e persone, e nemmeno su noi stessi. Ha bisogno di fiducia, data e ricevuta: quel credere profondamente nell’altro, fino a farne emergere la parte migliore. Ha bisogno di reciprocità: durano a lungo – e in crescendo, e sono grandi – gli amori che sanno dare e ricevere, con consapevolezza e dolcezza. L’amore oblativo, unilaterale, può sembrare grande, ma spesso è anche (o solo) compensatorio: perché nasce da bisogni personali che vengono in parte colmati sentendosi generosi, “buoni”. Proprio per questa asimmetria, finisce spesso per presentare conti salati, o essere distruttivo, in un sol colpo di rabbia, di tutto il bene che ha dato prima. L’amore che trasforma ha una reciprocità speciale: non il triste “do ut des”, tipico dell’Homo oeconomicus, fatto di oggetti, cose o anche quantità di sentimenti misurati con il bilancino. “Io che per te ho fatto questo o quest’altro” e viceversa. No. L’amore grande è una capacità, un’attitudine dell’anima, e, insieme, frutto di un’attenzione morbida e continua: nasce dal sentire, dal saper riconoscere, molto prima con l’intuizione e con il cuore, che non con la ragione, la parte più vera e autentica dell’altro. La sua ricompensa? Sentire e vedere che l’altro sboccia, si riconosce, esprime finalmente il meglio di sé perché ha sentito su di sé quello sguardo amoroso. E sentire il piacere profondo, la gioia, la soddisfazione di vedere che quell’amore sa nutrire, sa far sbocciare, sa far crescere. E che può essere sublimato, come l’amore di un padre per un figlio, di un’insegnante per un allievo, di una nonna per il nipotino. Chi di noi ha vissuto un amore grande, che lo ha fatto crescere, sa e sente che la sua vita ha ricevuto una benedizione speciale. Ma sente, e questo lo rende libero, che, nel farlo, è cambiato in meglio anche chi ama.
Qualche settimana fa dicevo che il dolore non ci lascia mai dove ci ha trovati. Questo, è vero, per fortuna, anche per l’amore. Soprattutto per l’amore grande, che non finisce, anche quando la relazione si trasforma, anche quando conosce separazioni e distacchi: basti pensare a quanto è importante che un figlio, alla fine, si distacchi per fare la propria strada. Sta a noi non smarrire questa straordinaria forza della vita, riscoprendo, tuttavia, che non va avanti per forza d’inerzia o perché è partita con un grande incendio. L’amore grande ci chiede di riscoprire il senso del tempo, della dedizione, dell’attesa, dell’impegno, della fiducia, della pazienza, dell’umiltà, della responsabilità: alla fine, nulla andrà perduto in un sentiero d’amore ben tracciato.

Amore e relazioni affettive Rapporto di coppia Riflessioni di vita

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