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Perdersi in Venezia

11/07/2011

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Per gli innamorati di Venezia, ecco un libro imperdibile: “Perdersi in Venezia”, di René Huyghe e Marcel Brion. Libro deliziosissimo, che oggi possiamo (ri)assaporare grazie all’intelligenza e al gusto letterario di un editore veneziano di rara sensibilità, Giovanni Maria Fiore. Ho un entusiasmo di parte? Sì, sia perché adoro Venezia sia perché mi delizia la scrittura pregevole. E’ un libro per tutti? No. Ni. Forse sì. No, se si cerca una lettura immediata, lineare, sincopata, concisa, da guida turistica. Ni, se si cerca un’emozione che modifichi con pazienza lo sguardo, il tempo di osservazione, la musica interiore che si decide di ascoltare. Osservando e lasciandosi sedurre, silenziosamente, dalla malia di questa città da amare d’inverno, quando silenziosa palpita sotto una pioggia leggera. Da amare di tardo autunno, muovendosi sul far della sera tra isole silenziose e musicanti di storia e nostalgie, fino a Torcello. Da amare a primavera, quando il profumo del glicine, abbracciato alle vecchie case, danza persuasivo col salmastro, accendendo la Giudecca di bagliori antichi e fugaci malinconie. Da amare d’estate, ma all’alba, quando ancora tace il rumore offensivo di turisti ciabattanti e inconsapevoli. Da amare di notte, in tutte le stagioni. Quando il buio silenzioso restituisce alle case il loro mistero e i loro enigmi. Come il vecchio palazzo decaduto “che emanava una tristezza disperata, con gli echi di una musica spenta…” come scrive Brion, così attento al “volto color notte” di questa rara città.
Forse sì. Perdersi in Venezia, può essere un’iniziazione potenzialmente aperta a tutti. Per chi ha una formazione classica, questo libro ha la rara capacità di far iniziare contemporaneamente molteplici viaggi. Nella città reale, certamente. Nella memoria, nella storia dell’arte italiana, dell’architettura e della pittura in particolare, con una capacità formidabile di trasmettere l’essenza di uno sguardo, di un disegno, di un percorso artistico di una città, di un’epoca, di un mondo. Nella scrittura di qualità: le parole palpitano, lievitano, suggeriscono, accarezzano, anche grazie alla impeccabile traduzione di Mario Roffi. Assediati da un italiano sempre più sciatto, volgare, minimalista, si prova gioia vera, fatta d’aria pura, a passeggiare in una sintassi così accurata, in un periodare così suggestivo e morbido. Che asseconda il viaggio di conoscenza più squisito, nell’essenza della vita e in se stessi, attraverso la bellezza cangiante di una città sorta sull’acqua, attraverso il suo splendore e la sua rovina. Questo è il viaggio più originale, che può essere iniziatico anche per chi non abbia una formazione classica, ma abbia la sensibilità, la curiosità e l’intelligenza per scegliere un orizzonte culturalmente diverso da quelli abituali. Proprio per chi accetta la sfida di un viaggio nuovo questo libro può essere (quasi) una folgorazione.
Chi sono gli autori che mi hanno così incantato? Sono due Accademici di Francia, specialisti d’arte, innamorati della nostra città, visitata a metà degli anni Settanta. Coltissimi, riescono ad essere lievi, a porgere con grazia riflessioni profonde e uno spessore culturale abissale. “Una guida verso la luce” è l’eloquente sottotitolo. Il filo conduttore è infatti un percorso di luce, seguendo l’anima millenaria della città che ha acceso il bagliore dei mosaici con le tessere di vetro; ha illuminato le case coi vetri soffiati; e ha amato il ritmo musicale, fatto di luce e d’ombra, che percorre le facciate di chiese e palazzi, cangianti nell’aria e nell’acqua. Luce che si accende nello sguardo e nella mente di chi riconosca in questo percorso il filo sottile di una bellezza millenaria. Il libro suggerisce percorsi in solitudine, per cammini di luce non disturbati, in cui ritrovarsi. Percorsi innamorati, purché la passione non faccia chiudere gli occhi su altri orizzonti. Percorsi interiori, soprattutto. Così passeremo “dal sogno di Venezia alla Venezia dei sogni”.

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