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Patente agli anziani, fonte di autonomia e dignità

31/10/2011

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Quanto è importante poter mantenere la patente di guida dopo gli ottant’anni? Moltissimo, soprattutto se si è soli, o in coppia ma senza figli, o con parenti comunque lontani. Poter guidare significa autonomia e dignità, significa avere più stimoli mentali e fisici che sono musica per la giovinezza del cervello, significa mobilità maggiore e un contatto più ampio con il mondo reale. Certo, purché le facoltà psichiche, tra cui la ”prontezza di riflessi”, le abilità sensoriali (vista e udito in primis) e le capacità motorie lo consentano. A giudicare dalle storie vissute da molti ottantenni sembra invece che il pregiudizio anagrafico sia troppo spesso il criterio dominante, se non unico, di esclusione dal mondo dei patentati. A scapito di una pragmatica verifica sul campo della reale capacità di guida, con l’esame all’autoscuola, come si fa al momento del rilascio della patente.
Ricevo a questo proposito un’emblematica lettera da un’affezionata, storica lettrice del Gazzettino, la signora Annita P. di Padova, 85 anni: la grafia è rotonda, elegante, ferma. Già dalle caratteristiche della scrittura, e dal contenuto delle argomentazioni, posso intuire che si tratta di una signora il cui cervello funziona meglio di quello di tanti ventenni, e in cui la fermezza della mano sottolinea un’abilità motoria perfettamente conservata. La signora mi racconta l’odissea per cercare di avere il rinnovo della patente di guida: in coppia, senza figli, il marito più anziano, entrambi autonomi in casa e in buona salute, dopo una piena vita professionale in due diverse carriere, considerano giustamente la patente di lei un pilastro essenziale della loro vita, anche sociale. Scrive la signora: «Ho conosciuto un apparato burocratico farraginoso, costoso, al di fuori delle logiche moderne e, soprattutto, umiliante per gli ultraottantenni». Alla commissione medica, uno dei membri, una signora «mi ha chiesto l’età, la professione (!!!), e con educata freddezza mi ha comunicato che non mi riteneva idonea alla guida. Ho insistito, illustrando le mie necessità. Volevo conoscere i parametri ottimali e i risultati dei miei esami. Non ci sono riuscita. Comunque, visto che non mi arrendevo a un giudizio che consideravo del tutto personale, mi ha prospettato altri esami, con spese tutte a mio carico, che includevano test psicodiagnostici ed esami neurologici. Mi sono indignata e ribellata. Mentecatta no! Sono stata educata al rispetto, e più che mai al rispetto dei vecchi. Siamo persone con sentimenti, sensibilità e, perché no, anche con cervelli ben funzionanti (…). Una domanda: a che serve tanto rigore sul controllo dei requisiti fisici, quando manca l’esame pratico di guida?».
Argomentazione stringente, direi, in tutta evidenza. Certo, il problema centrale è dare un’abilitazione responsabile alla guida, per la sicurezza dell’anziano e degli altri. Ma il punto critico, in cui mi sento di sostenere di cuore la richiesta di aiuto, anti-solitudine e anti-discriminazione, della signora Annita e di molti altri ottantenni come lei, è questo: no al criterio anagrafico come unica pregiudiziale di attitudine alla guida. E’ una discriminazione che fa torto grave a tutti i grandi vecchi – e scelgo volutamente questa parola antica con grande rispetto e affetto – che per genetica, stili di vita, cultura e passione per l’apprendere, il fare, il muoversi, il comunicare, il vivere ancora intensamente, hanno mantenuto una reale capacità di autonomia anche nella guida. Per evitare la discriminazione anagrafica basterebbe, come giustamente sostiene la signora, fare l’esame pratico di guida all’autoscuola, per esempio con periodicità annuale, se nel frattempo non sono comparse malattie o altri problemi di salute. In caso di bocciatura, allora si potrebbe rifare la scuola per la patente dopo i test attitudinali. Attenzione, esame pratico e non al simulatore, che può costituire un motivo di ansia paralizzante, non solo a ottant’anni.
Perché sostengo la causa della gentile signora Annita e di molti suoi vivaci e capaci coetanei? Perché in una società che invecchia, con una grande variabilità di modi – dalle demenze precoci ai magnifici cervelli centenari, stile Rita Levi Montalcini – ritengo giusto che la valutazione delle competenze e della attitudini debba essere pragmatica, sul campo, e non anagrafica e freddamente burocratica. Perché rispettare le abilità fisiche e mentali, quando esistono, è un atto dovuto di civiltà, di rispetto, ma anche di grande valore economico. Ogni anziano autonomo, capace di vivere a casa propria senza badanti, capace di viaggiare, di fare la spesa, di gestirsi la propria giornata per visitare amici o parenti, per andare a una mostra o dal medico, è una risorsa grande per sé, perché la sua qualità di vita resta infinitamente più alta rispetto alla maggioranza dei coetanei; è una risorsa per la sua famiglia: avere genitori autonomi, oggi, è un lusso pazzesco! E, non ultimo, per la società, perché i costi di gestione di un anziano dipendente o ricoverato in case di riposo sono incomparabilmente più alti. Patenti da rinnovare, dunque, sì, con attenzione, ma con esame di guida pratico e senza pregiudizi. Semmai, perché non organizzare per i nostri vecchi guidatori dei brevi corsi pre-esame, gratuiti, presso le scuole guida, promossi dai Comuni, così da consolidare un plus di sicurezza nell’interesse di tutti?
Gentile signora Annita, a Lei, a Suo marito e ai moltissimi ottantenni, e più, che amano sentirsi autonomi in piena dignità, i miei più intensi auguri di ancora moltissimi anni luminosi, in salute, alla guida della propria auto e della propria vita. Un abbraccio affettuoso!

Anziani Riflessioni di vita

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