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Malattie autoimmuni: che cosa sono, quali rischi comportano

17/06/2009

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Ho 37 anni e sono furibonda. A 30 anni ho avuto una tiroidite autoimmune, diagnosticata dopo un anno di sintomi attribuiti a “stress”. Due anni fa comincio ad avere insonnia, tachicardie notturne, un peggioramento della sindrome premestruale per cui ero francamente isterica la settimana prima del ciclo, mestruazioni più abbondanti e ravvicinate. Sì, ero in un periodo difficile di lavoro, comunque di nuovo la diagnosi è “stress”. Dopo cinque diversi medici consultati, finalmente un’anima santa di ginecologo mi dice: “Signora, lei è molto giovane ma tutti questi sintomi mi fanno pensare a una possibile menopausa precoce da autoanticorpi, vista anche la precedente tiroidite. Facciamo un dosaggio dell’FSH e vediamo”. “Cosa?! Menopausa precoce? A 37 anni? E non ho nemmeno un figlio!!!”. Faccio l’esame e il dottore aveva visto giusto: FSH a 98 UI/ml. Perché le scrivo? Per dare voce alla mia collera: possibile che ogni volta che una donna ha sintomi complessi si parli di stress (questo me lo dice anche il mio parrucchiere), invece di fare una diagnosi degna del nome? Perché nessuno mi ha detto che una tiroidite può anticipare una menopausa precoce? Ne parli, per favore, almeno per evitare che altre donne si trovino come me con due stangate in una: la menopausa e un futuro senza figli…”.
Simona F. (Arezzo)
Gentile Simona, mi dispiace per questo ritardo diagnostico: intuisco bene il suo dolore, la sua rabbia, la sua collera, la sua frustrazione, il suo senso di impotenza, anche. Quando la diagnosi giusta arriva troppo tardi e molte scelte si sono chiuse: e una giovane donna si trova con un futuro di infertilità, per lo meno sul fronte della propria maternità naturale.
Sì, ha ragione: purtroppo ancora pochi medici informano le pazienti su quanto una malattia autoimmune (tiroidite, neurite ottica, lupus eritematosus, ma anche celiachia e così via) possa in realtà indicare una maggiore vulnerabilità ad altre malattie dello stessa tipologia. Informazione importante, in quanto il sapere che esiste un rischio di menopausa precoce autoimmune può suggerire scelte di vita critiche: per esempio, anticipare una gravidanza rimandando la carriera a momenti successivi. Attenzione: “rischio” non significa destino né certezza. Indica invece un’aumentata probabilità che quel determinato evento, per esempio l’esaurimento ovarico, si verifichi in anticipo rispetto al tempo naturale di menopausa.

Che cos'è una malattia autoimmune?

Questo termine indica un’alterazione del sistema immunitario che produce anticorpi contro i propri tessuti, invece che contro nemici “esterni”, come batteri o virus. In termini semplici, possiamo immaginare gli anticorpi come dei proiettili molto specializzati e “intelligenti”, capaci cioè di riconoscere uno specifico bersaglio. Nel caso delle malattie autoimmuni, il sistema immunitario, purtroppo, sbaglia bersaglio. Ed ecco che gli autoanticorpi vanno ad aggredire per esempio la tiroide, e poi magari l’ovaio, come è successo a lei, causando una distruzione dei tessuti che si traduce poi in franca patologia. La tiroide non lavora, e causa quindi ipotiroidismo. L’ovaio non funziona più, perché vengono distrutte le cellule germinali (ovociti) e il sistema che le nutre (i “follicoli ovarici”). Conseguentemente la donna non produce più né cellule fecondabili, ed ecco la sterilità da causa ovarica, né ormoni, ed ecco tutti i sintomi di una menopausa precoce. Una terapia ormonale su misura l’aiuterà a ritrovare l’equilibrio psicofisico perduto: da lì potrà ripartire anche per fare con il suo compagno le scelte di vita più adeguate a voi, pensando alla possibilità di ovodonazione. Oppure all’adozione. Auguri di cuore!

Prevenire e curare – Che cosa si può fare nel dubbio di menopausa precoce?

Innanzitutto, una diagnosi di “riserva ovarica”. Nelle menopause precoci è possibile avere ancora per uno-due anni qualche follicolo primordiale che può entrare in maturazione ed essere fecondabile: evento raro, ma non impossibile. Per sapere se esista ancora questa possibilità, è bene fare:
a) un prelievo di sangue per valutare i livelli di “inibina B” e “ormone antimulleriano”, due “spie” che ci dicono quanto l’ovaio sia già in riserva, accanto al dosaggio dell’FSH (ormone follicolo stimolante);
b) un’ecografia transvaginale che valuti le dimensioni delle ovaie in millimetri (più piccole sono, minore è la riserva residua), e la presenza di eventuali follicoli in maturazione, ancora fecondabili.

Malattie autoimmuni Menopausa precoce

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