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Lettere d'amore dai genitori ai figli

18/07/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Ora che la morbida e lunga estate sta placando i concitati furori della vita quotidiana, potrebbe essere saggio prendersi un tempo interiore per riscoprire e riassaporare un’arte antica, oggi quasi perduta. L’arte minore della corrispondenza privata. Non mi riferisco all’ambizione del racconto, o della poesia. Penso piuttosto a quel gesto, poetico e unico, che è lo scrivere una lettera d’amore. E per non fare il peana dell’ovvio, non parlerò della lettere d’amore tra innamorati o amanti. Gioielli di parole di bellezza inestimabile, che possono regalare emozioni vertiginose e indimenticabili, quando l’ispirazione che nasce da un sentimento forte e da uno stato nascente dà le ali alla scrittura, e musica e potenza evocativa, ed esclusiva unicità al riconoscersi dell’anima e dei corpi.
Penso oggi alle lettere d’amore tra genitori e figli. Una possibilità comunicativa straordinaria, ora quasi del tutto uccisa dalla frenesia dei nostri ritmi, dalla coartazione del pensiero isterilito dalla fretta, dalla difficoltà di decantare emozioni, specie quelle negative, dalla crescente brevità dei contatti familiari, dalla desolata trasformazione della famiglia in una società di servizi, più o meno efficiente, da cui progressivamente si sta allontanando il cuore. Una possibilità di dialogo uccisa dalla solitudine che isola dentro e fuori casa, dalla perdita perfino del tempo condiviso della cena, a TV spenta, per ritrovare almeno in parte quella “saggezza del tavolo da cucina”, in cui il gesto intimo del cenare insieme può consentire un dialogo meno concitato e frenetico, e più ascoltato, su quello che si muove sul fronte degli affetti. Una lettera d’amore può allora diventare una finestra sull’anima, sui sentimenti, sulle aspettative, sui sogni, sull’immenso e inesplorato positivo che il rapporto fra genitori e figli contiene e che la violenza del quotidiano ci fa dimenticare.
Ascoltando tante giovani pazienti in conflitto con la famiglia, e tante madri e tanti padri delusi dai figli adolescenti, e da questa apparente impossibiltà di comunicare davvero su quello che è essenziale nella vita, mi sembra che lo scriversi possa ri-aprire una possibilità di dialogo intimo e profondo che merita di essere ri-scoperta.
Una lettera d’amore tra genitori e figli, per definizione, deve evitare alcuni errori sostanziali: l’essere un elenco di delusioni, di motivi di collera o di rabbia, o un elenco di sacrifici inapprezzati. Il contenere una critica sostanziale alle amicizie dei figli, anche se lì si radica spesso uno dei motivi più solidi di preoccupazione. Credo che una lettera d’amore, che voglia essere maieutica, e quindi davvero aiutare un figlio, anche in difficoltà, a riscoprire il meglio di sé e la motivazione a realizzarlo, possa essere  tanto più efficace quanto più lascia parlare il cuore. E’ saggio sì scrivere di getto, ma poi rileggere e pesare bene le parole, prima di mettere la lettera sul cuscino, a sera. Può aiutarci a trovare il tono giusto l’ascoltare la tenerezza che un figlio ci ha ispirato quando lo abbiamo desiderato, quando l’abbiamo tenuto tra le braccia, quando l’abbiamo coccolato e consolato. Una tenerezza ferita dall’aggressività di molti adolescenti di oggi, dalle loro asprezze, dalla loro violenza di linguaggio, dalle loro inconcludenze, che spesso esprimono soprattutto depressione e solitudine. Quando entrambi i genitori lavorano, checché se ne dica, le ore di solitudine dei figli possono essere immense e diventare incolmabili, quando poi il genitore desidera recuperare un dialogo di fatto smarrito da anni. Di cui sussiste solo, come dicevo, il linguaggio elementare di una società di servizi: dove vai, cosa fai, a che ora torni, hai fatto questo e perché non hai fatto quell’altro...
Mantenere o ri-scoprire un linguaggio d’amore non è semplice, quando ci si sente entrambi – genitori e figli – nel deserto del dire, feriti ciascuno dall’incomprensione o dalla distrazione dell’altro. E tuttavia, proprio una lettera d’amore può ricominciare  a tessere quel filo invisibile che recupera la comunicazione. Un figlio resta sorpreso se un genitore gli racconta quanto l’ha desiderato e voluto, se gli racconta un episodio tenero in cui fin da piccolo il figlio lo ha reso orgoglioso di lui, o di lei. Se, con la pazienza delle favole, dallo scrigno dei ricordi il genitore tira fuori le perle dimenticate dell’affetto, coperte dalla polvere delle delusioni dell’oggi. Se fa capire che un diamante – ogni figlio lo è, in potenza – non può essere pulito e liberato dalla pietra che lo contiene senza frizione, senza attrito. Che anche un rimprovero fermo può essere necessario e doveroso, purché fatto col cuore. Soprattutto, una lettera d’amore può riaprire le porte alla speranza di un dialogo migliore, se ritrova, nell’album della vita di famiglia, le immagini  luminose che erano state perdute o dimenticate. Una lettera sola può non bastare. Come Pollicino, per ritrovare la strada di casa, della casa del cuore dove potrebbe abitare ancora la famiglia che si è perduta – specie dopo le separazioni – sono necessarie più lettere, e tanta pazienza, e tanto affetto. Ma la lettera d’amore contiene la possibilità di fare una carezza diversa, di rara intensità, quando la distanza interiore può sembrare incolmabile. Non perdiamola.

Amore e relazioni affettive Famiglia e rapporti familiari Riflessioni di vita

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