Perché merita condividere i dati salienti? Perché i rischi sono seri. E perché l’Italia è il Paese in cui l’utilizzo dei tattoo è in crescita vertiginosa, uno dei più alti al mondo. Nel 2018 erano già 6.900.000 le persone tatuate (ISTAT), numero ora più che raddoppiato, visto che dati più recenti indicano che quasi un italiano giovane su 2 è tatuato. Importante: il 25% si pente e vorrebbe rimuovere il tattoo, con ulteriori implicazioni di salute.
Chi si fa i tattoo? I dati USA ci dicono che lo fa il 38% delle donne, verso il 27% degli uomini; il basso titolo di studio raddoppia la probabilità di fare tattoo, 39% verso il 21% dei titoli post-laurea, così come l’avere un reddito basso: 43% verso 22% di chi ha alto reddito. In più, scarsa cultura e basso reddito triplicano la probabilità di fare tattoo estesi, con incremento proporzionale dei rischi di salute. Motivazioni a farli: “body art” 96,7%; 3% tattoo cosmetici; 0,3% tattoo per ragioni mediche, fra cui l’areola del capezzolo dopo la mastectomia, la correzione di cicatrici e il ridisegno delle sopracciglia cadute dopo una chemioterapia.
Ben 1379 lavori scientifici documentano l’importanza di conoscere i possibili rischi di salute, che è importante condividere per ridurre la vulnerabilità a danni anche molto seri per i gruppi più a rischio: i giovanissimi, che a termini di legge nemmeno potrebbero farli, e i più vulnerabili per bassa cultura e basso reddito. Più i tattoo sono estesi, più aumentano le complicanze infiammatorie, con reazioni allergiche a breve e a lungo termine, più aggressive in chi abbia già malattie dermatologiche in atto, come dermatiti o psoriasi; infezioni batteriche, fungine, virali, parassitarie, quando il tattoo viene eseguito senza rispettare rigorose regole igieniche; estetiche, per migrazioni del pigmento e risposte cicatriziali anomale; dolore e prurito cronici, per neurodermiti. Le complicanze più gravi sono di tipo oncologico, con due rischi molto seri: linfomi e tumori della pelle (melanomi, spesso diagnosticati con ritardo perché “mimetizzati” dai coloranti scuri, e carcinomi).
Tre studi recenti impongono attenzione. Il primo è tratto del registro nazionale svedese dei tumori, fonte di alta credibilità (Nielsen e collaboratori, EClinical Medicine, 2024): i tattoo aumentano il rischio relativo di linfomi dell’81% (OR=1.81). Il secondo è uno studio danese su 1341 coppie di gemelli monozigoti, di cui uno si era tatuato e l’altro no: il rischio relativo di tumori della pelle aumenta del 61% (OR=1.61). Tuttavia, se il tattoo è più ampio di 8-10 centimetri quadrati (circa il palmo di una mano), il rischio aumenta in modo inquietante: raddoppia per i tumori cutanei (OR=2.37) e quasi triplica per i linfomi (OR=2.73) (McCarthy e collaboratori, Cancer Medicine, 2024). Il terzo studio, condotto nello Utah (Stati Uniti) su 820 casi di tumori ematologici (tra cui linfomi e leucemie) e 8.200 controlli (Clemmensen e collaboratori, BMC Public Health, 2025), non solo conferma il rischio raddoppiato di questi tumori nelle persone con tatuaggi, ma evidenzia un aumento del rischio quando il tattoo è stato fatto dieci anni o più prima della diagnosi. Dato che sottolinea la progressione del processo di evoluzione verso il tumore, e il rischio di avere fra qualche anno una crescita di linfomi, oggi ancora in fase di evoluzione preclinica.
Perché un tattoo esteso può aumentare il rischio di tumori? Tre sono le cause: 1) la presenza di inchiostri e coloranti con alcuni componenti cancerogeni, fra cui i metalli pesanti usati per i colori e i contaminanti presenti in coloranti non certificati, a basso costo; 2) il sommarsi di decine di microtraumi biomeccanici, causati dalle molte iniezioni di coloranti; 3) la specifica lesività dei coloranti su alcune cellule del sistema immunitario, tra cui i macrofagi e i linfociti.
I rischi sono decisamente ridotti se il tatuatore è certificato ed esperto, e se usa inchiostri di alta qualità, con strumenti monouso o sterilizzati, in un ambiente con igiene rigorosa. Se rispetta la legislazione sui minori, che li vieta. E soprattutto se il tattoo è di dimensioni ridotte: valorizziamo il monito scolpito nella pietra sul tempio di Apollo a Delfi, in Grecia, 2500 anni fa: «Medèn ágan», nulla in eccesso.
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