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La solitudine dell'infertilità

31/10/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Come reagisce una coppia alla scoperta dell’infertilità? Questo scacco al sogno di diventare genitori può avere ripercussioni pesantissime sugli equilibri interiori.
La prima reazione alla diagnosi di infertilità è la sorpresa. E lo è soprattutto per le coppie che hanno pensato di pianificare la propria vita riproduttiva, adottando in passato metodi contraccettivi. La coppia fa fatica ad ammettere di non riuscire più a controllare la propria vita,  di non riuscire ad ottenere la gravidanza, con la stessa facilità con cui la evitava, quando non la desiderava. L’infertilità è vissuta come esperienza di perdita di efficacia e di controllo sulla propria vita e sul proprio destino.
All’inizio, l’incredulità è tale che la coppia il più delle volte rifiuta lo stato di infertilità e sente il bisogno inconscio di attribuire il mancato concepimento a situazioni esterne. Questo induce a modificare il proprio stile di vita, sia in termini di abitudini alimentari e di attività fisica, sia in termini di attività sessuale, per esempio concentrando i rapporti nei giorni ritenuti fertili. Un passaggio che può essere molto negativo per l’intimità, perché l’obiettivo non è più il piacere reciproco e lo scambio di amore e desiderio, ma il solo concepimento, in un rapporto “programmato” ma spesso nemmeno desiderato.
L’infertilità può essere vissuta in modo diverso dall’uomo e dalla donna, originando due diverse solitudini.
Nella donna l’impatto psicologico è usualmente più pesante per diversi fattori. Innanzitutto, per la maggiore identificazione sociale della donna nel ruolo di madre e per l’importanza che la donna attribuisce alla gravidanza dal punto di vista del puro istinto naturale. Inoltre, l’impegno e lo stress – biologico  e psichico – che la funzione riproduttiva comporta nella donna sono decisamente più rilevanti, anche quando concepimento e gravidanza avvengono in condizioni fisiologiche. Ancor di più quando si trovi inserita in un programma di fecondazione assistita, dovendo subire tutto ciò che il protocollo comporta, dai ripetuti controlli ecografici ai prelievi di sangue, dalla stimolazione ovarica fino all’inseminazione o al più invasivo prelievo ovocitario con successivo trasferimento embrionario. Il senso di frustrazione e di fallimento può tradursi in una vera e propria sindrome depressiva ad andamento ciclico, esacerbata dalla comparsa del flusso o da eventi esterni, come la nascita di un bambino in ambito familiare o nella cerchia di amici. Non ultimo, l’impatto psicologico dell’infertilità è maggiore nella donna anche per la più radicata tendenza, rispetto al partner, a ricercare nella sua vita passata eventi che possano essere causa della sterilità, soprattutto in caso di precedenti interruzioni di gravidanza o di infezioni tubariche.
Nell’uomo, l’impatto psicologico è legato all’identificazione millenaria, radicata nell’inconscio personale e collettivo, tra “potentia coeundi” e “potentia generandi”, ossia tra potenza sessuale  e potenza riproduttiva. E’ massimo quando l’uomo è del tutto sterile, perché ammetterlo è ancora un tabù sociale, anche verso la famiglia di origine; è invece minore quando la fertilità è ancora possibile. In uno studio francese, su 830 maschi del tutto sterili solo uno aveva rivelato al proprio padre di essere il vero responsabile dell’impossibilità della coppia di avere figli propri. L’uomo vive con ansia e disagio l’esame del liquido seminale, sia per le modalità di raccolta, sia per la necessità di astinenza dai rapporti. L’ansia suscitata dall’esame del liquido seminale è spesso motivata dal timore del giudizio che il medico e successivamente la sua partner daranno della sua fertilità e quindi di lui stesso. Negli uomini la componente ansiosa è molto più elevata in quelli che presentano alterazioni del liquido seminale, sia per il senso di responsabilità nei confronti della riuscita della procedura sia per il senso di colpa verso la partner che si fa carico della maggior parte di esami e terapie. Anche per queste differenze e ambivalenze, la partecipazione del partner maschile è intermittente, discontinua e spesso passiva. Infine l’uomo, più della donna, riesce a compensare la mancanza del figlio con altre attività, da quella lavorativa a quella sportiva.
In ogni caso, è importante che i due partner sappiano comprendere i bisogni e le paure dell’altro, mantenendo e rafforzando il loro equilibrio di coppia e la loro complicità. Il percorso della fecondazione assistita è infatti una strada tutta in salita, che mette a dura prova anche il rapporto migliore. Non ultimo, molte coppie provano rabbia contro se stesse. Rabbia contro gli altri che concepiscono un figlio senza sforzo. Rabbia a volte rivolta all’altro partner, che disattende le aspettative, che mostra indifferenza, forse mascherando una sofferenza. Rabbia verso l’equipe medica, con atteggiamenti spesso aggressivi. E tuttavia la rabbia può nascondere sentimenti di dolore, di ansia e di paura. Nel tempo, questa “crisi” d’infertilità  porta spesso all’isolamento della coppia dal contesto familiare e sociale che invece potrebbe fornire aiuto e sostegno.
In positivo, diversi studi hanno indicato come per la donna la presenza di un rapporto profondo con la madre, la sorella o un’amica del cuore possa attenuare marcatamente lo stress dell’infertilità. Ancora una volta, non è solo la gravità del problema in sé, quale esso sia, ma la solitudine con cui lo si vive a trasformarlo in un macigno inconfessabile e distruttivo, o in una prova che può essere affrontata con coraggio e fiducia, aumentando così anche le possibilità di un concepimento desiderato.

Fecondazione assistita Fertilità e infertilità Rapporto di coppia

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