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La casa felice: un progetto essenziale per tutti

11/09/2017

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Come sta la tua casa? Dal punto di vista delle atmosfere e delle emozioni, non solo da quello delle crepe o delle ferite dell’intonaco. Ogni casa ha un’identità: profumi, colori, sapori, vibrazioni. Per molti sta diventando un dormitorio, più o meno curato, perché la gran parte della vita conscia si svolge al di fuori del suo perimetro. Eppure la casa resta per noi italiani – e giustamente – non solo un bene rifugio in senso economico, ma ancor più un luogo di profondo valore emotivo e affettivo. E’ la nostra Itaca. Un luogo essenziale per la salute fisica e mentale, per il nostro stesso livello di felicità nella vita. Un luogo dove le energie possano ricaricarsi e il corpo tornare a sorridere. E non invece un ulteriore ring di botte e baruffe, o un luogo comunque triste, a mezzo tra un deposito bagagli e un hotel di passaggio.
E’ saggio dunque soffermarsi ad ascoltarla, a sentirne le atmosfere, ora che al ritorno dalle vacanze siamo più calmi e riflessivi, con meno stress e minor rumore di fondo nella mente e nel cuore. Che cosa dà la sensazione della casa felice? A chi la abita, ma anche agli amici o ai familiari che ci vengono a trovare? Come possiamo migliorarla per renderla più felice? La prima fonte di gioia ci viene dal nostro sistema neurovegetativo, quello che regola i bioritmi. Qui l’intestino, il nostro cervello viscerale, detta legge. Ecco perché il profumo di casa è così importante: come quando qualcuno che ci aspetta cucina per noi un piatto che ci piace, meglio se fa parte della tradizione di famiglia. Il profumo che ci fa venire l’acquolina in bocca e un sorriso di gioia perché chi ci ama prepara per noi qualcosa che metterà di ottimo umore anche il nostro pancino, il grande regista del nostro livello di benessere. Chi cucina? Non solo e sempre la donna multitask, ma anche il marito o il compagno. Oppure il figlio o la figlia adolescente, che vanno educati fin da piccoli a due principi essenziali della vita: primo, il preparare il cibo con amore e cura è un pilastro del piacere di vivere, nonché un grande fattore di identità e di attaccamento affettivo; secondo, il principio di reciprocità: è bello e giusto che anche i figli, crescendo, cucinino – anche una semplice pasta o un risotto – per i genitori che tornano dal lavoro. Tutto sta a coinvolgere i figli fin da piccoli nella preparazione del cibo, magari nel week-end, quando c’è più tempo. Per loro è un gioco, ma anche una grande lezione di vita vera.
Come possiamo gustare al meglio il cibo, così da rendere ancora più felice e soddisfatto il nostro cervello viscerale e l’atmosfera della casa? Idealmente, rendendo colazione, pranzo e cena una “stress-free zone”, una zona senza stress. Spenti tutti i social – regola tassativa per tutti – conversare, ascoltarsi, parlare di cose possibilmente positive. Lasciando discussioni e argomenti spinosi ad altri contesti: il discutere camminando è la situazione ottimale perché abbassa aggressività ed emozioni negative mentre si affrontano gli argomenti più pesanti. Chiaro, non sempre è possibile, ma già il cercare di rendere stress-free il momento del cibo è un asse portante nella salute di tutti, nella serenità familiare e nell’atmosfera della casa che poi la abita. Basti dire che lo stress, con il terremoto neurochimico che comporta a livello intestinale, altera non solo le secrezioni digestive gastriche e intestinali, ma anche il tipo e la proporzione relativa tra i diversi ceppi di microrganismi (microbiota, dal greco “micrós” e “bíos”: piccola vita) che ci abitano. Si parla di 300 triliardi, due chili in peso! Ecco perché lo stress aumenta i disturbi digestivi, ulcera gastrica e sindrome dell’intestino irritabile, intolleranze e allergie alimentari in grandi e piccini, ma anche depressione e disturbi del comportamento alimentare. Ed ecco perché la prima cura è ripartire dai fondamentali, dei quali fa parte la scelta dei giusti alimenti. In questo la tradizione italiana – che non dobbiamo tradire! – è maestra.
Il profumo di casa, la tavola curata, il sorriso luminoso di chi ha preparato un piatto con amore – come la mia crostata di frutta preferita appena tolta dal forno con cui la mamma mi accoglieva il venerdì quando tornavo a casa dall’università e papà veniva a prendermi puntuale alla stazione – a distanza di decenni ancora mi regalano un’emozione commossa. La memoria olfattiva è multisensoriale: si archivia nel cervello pronta a restituirci intatti frammenti di felicità, quando quel profumo di casa torna ad accoglierci. Non solo piatti esotici dunque, o piatti pronti, ma un’archeologia della tradizione gastronomica di famiglia, anche solo con un buon piatto la sera. La casa è più felice quando a tavola si sorride insieme avvolti dal profumo di un cibo semplice e sapido, che ci riconcilia col meglio della vita.

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