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L'undicesimo comandamento: non inquinare

L'undicesimo comandamento: non inquinare
25/03/2019

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Bene che molti ragazzi e ragazze si stiano appassionando con limpido slancio alle sorti del pianeta, che è la loro (e nostra) casa di oggi e di domani. Bene che si interroghino su come viaggiare in modo meno inquinante, su come mangiare consumando meno risorse. Bene che riscoprano una maggiore sobrietà negli stili di vita. Bene se questo slancio, fresco e determinato, iniziato con la giovanissima Greta Thunberg, diventerà il punto critico di una svolta concreta e persistente. Benissimo se “non inquinare” diventerà un comandamento interiorizzato. Da regola “eteronoma”, imposta dall’esterno, per esempio per la raccolta differenziata, a regola di vita “autonoma”, perché scelta, perché fatta propria, perché amata.
Non inquinare, ma anche non sporcare, non vandalizzare, non distruggere la bellezza, naturale o creata dall’uomo, solo perché è l’unico modo con cui certe persone, di ogni età, pensano di lasciare il segno. Credere di esistere, e di dimostrare di esistere, solo perché si imbratta, si sporca o si distrugge, è un pericoloso segnale di abbrutimento interiore. I muri delle nostre città sono lo specchio di mondi interiori incupiti e coartati, di cervelli tristi, di vite senza futuro. Gli accumuli di immondizie lungo le strade, sacchetti e lattine nei boschi, nei torrenti e nel mare, sono tutti segni di un degrado dell’anima, del cuore, della mente.
Il “dentro” e il “fuori” sono i due volti dello stesso modo di essere, di esistere, di abitare la propria vita prima ancora del mondo esterno. Noi adulti siamo i responsabili del degrado che vediamo. E allora, come possiamo allearci davvero con questo slancio fresco dei nostri ragazzi per proteggere la Terra? L’alleanza migliore sta nel fare, nel mostrare l’impegno con i fatti. «L’amore si deve vedere», diceva mia mamma. Per fare meglio, per rispettare di più, bisogna essere autentici. Sinceri. E limpidi dentro, per poter proteggere davvero la Terra e la vita che la abita. Bisogna credere davvero in quello che si dice e comportarsi di conseguenza. Puliamo lo spazio intorno a casa, la strada davanti a casa. Ogni giorno. E non sporchiamo più. Andiamo a piedi o in bicicletta, quando possibile.
Questi giovanissimi commuovono e smuovono perché sono (ancora) limpidi, sinceri. In parallelo noi adulti, dominati da dinamiche oscure, negative, predatorie, distruttive, o paralizzati da sfiducia e sconforto, riprendiamo fiducia. I nostri ragazzi più giovani ci credono, crediamoci anche noi. Per farlo, dobbiamo iniziare a ridurre (anche) gli inquinanti interiori. Liberare gli ideali che avevamo dalle tonnellate di zavorra emotiva e di disillusioni che li hanno sotterrati, per credere di poter rivedere un mattino di marzo dentro al cuore. Per tornare ad avere luce dentro all’anima, cieli azzurri, profumi di terra arata, gemme che sbocciano e primule che sorridono.
La ricerca della sincerità, dell’autenticità, della leggerezza come percorso interiore può essere una strada regia per imparare (anche) a proteggere il mondo dal furore devastatore dei nostri comportamenti? Sì, perché è un esercizio utile e prezioso per liberarci dei molti inquinanti emotivi che devastano la nostra vita, paradigma degli inquinanti che poi riversiamo all’esterno. Cercare di liberarci pian piano dai rancori del passato è un percorso di leggerezza. Amen, quel che è stato è stato. Diventare pian piano liberi da quello che non siamo riusciti a essere nel mondo esteriore, è un altro passo. Ogni scelta è una rinuncia, che è tossica se diventa un rimpianto. Ci sono percorsi di vita, che apparivano seconde scelte, o addirittura non scelti, che poi si sono rivelati la nostra fortuna. Liberarsi dai ricordi brutti e posare lo sguardo, per scelta, su quelli belli, è un altro passo. Coltivare la gentilezza inattesa nel rapporto con gli altri, è un altro passo. C’è un’incompatibilità sostanziale tra la gentilezza consapevole e l’inquinare, l’imbrattare, il vandalizzare, lo sporcare. Tra l’empatia, come capacità di sentire le emozioni e il dolore dell’altro, e il fare del male. Se per un secondo mi immedesimo nel delfino che si soffoca col sacchetto di plastica, sacchetti in giro non ne lascio più. E magari raccolgo anche quelli che trovo sul sentiero. L’“effetto contesto” fa il resto. Il rispetto chiama rispetto, la gentilezza chiama gentilezza, in tutte le direzioni, dal linguaggio alla cura dell’ambiente. La coerenza nei comportamenti, fra il dentro e il fuori, è essenziale. E’ un percorso di pulizia interiore e di leggerezza. Per questo non ho l’auto e vado sempre in bicicletta dove abito, anche quando piove.

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