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L'importanza dei padri

27/10/2014

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

L’entrata di una scuola suggerisce molte riflessioni: basta mettersi da un lato, tranquilli. E osservare. Alle elementari è uno specchio perfetto della dinamiche familiari. Con chi arriva il bambino? Da solo? Con altri coetanei? Con il padre o con la madre? Con un parente o una tata? Certo, molto dipende dal luogo, dal traffico, dalla pericolosità della viabilità. Tuttavia una differenza notevole e persistente, indipendentemente dal luogo, riguarda l’atteggiamento dei bambini a seconda che siano la mamma o il papà ad accompagnarli.
Come si comporta il piccolo? Che espressione ha sul volto? La sensazione è che se è il padre ad accompagnarli, bimbo o bimba entrino con una maggiore sicurezza, serenità, assertività, fiducia in sé. E’ plausibile? Sì. Innanzitutto, un padre che accompagni regolarmente i propri figli a scuola – da padre che vive in famiglia o da separato – è un genitore più presente. Che si prende il tempo, ogni mattina, di partecipare a un passaggio fondamentale della vita dei propri piccoli, perché l’andare a scuola segna un momento critico. E’ il passaggio dal tempo della casa al tempo del mondo, dallo spazio degli affetti allo spazio sociale, dal tempo del gioco al tempo dell’apprendere, dallo spazio unico, specie quando il bimbo non ha fratelli e vive circondato da adulti adoranti, allo spazio condiviso, dal tempo del piacere al tempo del dovere.
Quando è di qualità, la scuola è la palestra che fa sbocciare i talenti migliori di un bambino. Soprattutto se, strada facendo, il padre conversa e ascolta. Se dialoga, in uno spazio e in un tempo dedicati ed esclusivi. Se commenta, corregge, se aiuta ad approfondire o a riconsiderare. Se conforta, quando è opportuno, e incoraggia e sprona quando è indicato. Nel nome del padre – di un padre di qualità – il bambino dovrebbe entrare nel mondo acquisendo anche capacità, visione, regole e comportamenti tipici dei codici sociali maschili, preziosi quando siano solidi e sani. Necessari per integrare il codice femminile, da millenni più attento agli affetti, al prendersi cura, alla comprensione, alla tenerezza.
«Di chi sta parlando?», si chiederanno lettrici e lettori. Di un “ufo”? No, i padri di qualità ci sono ancora, per fortuna, ma sono in numero minore. Oggi i padri sono meno autorevoli di una volta, meno capaci di dire di no in modo fermo e pacato, meno capaci di strutturare un rapporto tra la famiglia e il mondo che sia etico e rispettoso degli altri. Che educhino il bambino a maturare la capacità di essere responsabile, di controllare gli impulsi aggressivi o ludici, senza usare urla e capricci come modalità di ricatto sistematico nei confronti degli adulti per ottenere quello che vuole: con il risultato di diventare un bambino e un adolescente ingestibile, umorale, inquieto, incapace di attenzione e di concentrazione, spesso infelice.
L’ideale sarebbe che i padri si prendessero il tempo non solo per accompagnare i figli a scuola – sollevando le mamme di almeno uno dei tanti compiti quotidiani – ma li seguissero almeno un’ora, la sera, per i compiti. Ascoltando le lezioni, riabituandosi a fare somme e sottrazioni, divisioni e moltiplicazioni a memoria. Riappassionandosi alla storia, alla geografia o alle scienze. Come un gioco, che allena il cervello ma anche la capacità di non dipendere solo dallo smartphone per ogni cosa. Padri presenti, che facciano sentire il bambino meritevole di un’attenzione e di un tempo dedicati, confermando in parallelo il valore dell’imparare, dell’impegnarsi, dell’usare il cervello in modo autonomo, rapido ed efficace.
Padri presenti e codici maschili, per riequilibrare l’eccesso di codici femminili di cui oggi i bambini sono circondati. Baby-sitter, maestre delle materne e delle elementari, professoresse, tutto il mondo sociale dell’apprendere mostra una nettissima dominanza femminile. Se il bambino non ha la fortuna di praticare uno sport, individuale o, meglio, di squadra con un istruttore/allenatore, rischia di non incontrare un uomo con un ruolo di formatore fino all’università, ammesso che ci arrivi.
Chi ha avuto la fortuna di avere un padre di qualità sa di cosa sto parlando. E intuisce cosa sta perdendo un bambino che non abbia questa felicità. A volte il padre c’è, ma non ci pensa. Non pensa che sia così importante per la salute emotiva, e anche fisica, del figlio accompagnarlo a scuola o seguirlo nei compiti. Invece lo è, moltissimo. Molti padri che hanno cominciato a farlo me lo confermano, perfino stupiti dei risultati e dei commenti, diretti e indiretti, dei figli. Perché non provarci? Attendo notizie.

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