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L'attesa e l'arte di costruire il futuro

24/12/2012

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Tempo d’Avvento, tempo d’attesa. Per molti ha perso ogni significato religioso, per riempirsi di valenze profane: attesa concitata delle feste, corse per gli auguri, corse all’ultimo minuto per i regali, resi più difficili da scegliere dalla restrizione economica. Con picchi di adrenalina che sono l’esatto opposto del valore, psichico e biologico, del saper aspettare.
Quanto conta l’attesa, nella vita, negli studi, nella professione, nell’amore? Quanto conta il saper aspettare, il lasciar maturare e crescere riflessione, sentimenti, sogni e progetti? E quanto conta il come aspettare? «Attendere fa parte della natura dell’uomo. Da tempo immemorabile l’uomo attende qualcuno, o con devozione attende a qualcuno: una divinità, un dio, una persona amata (…). Gli enigmi e i paradossi dell’attesa sono fra le creazioni più nobili della mente e dell’animo dell’uomo. Tutti coloro che hanno intrapreso grandi viaggi negoziano l’attesa (…). L’attesa è l’esperienza cruciale di chiunque cerchi di costruirsi i propri strumenti per sperimentare se stesso e gli altri. L’attesa, la lunga attesa, può essere salute e può essere malattia. Colui che attende trova. La non-attesa garantisce la non-scoperta…». Così scrive M. Masud Khan, raffinato psicoanalista, in “Trasgressioni” (Bollati Boringhieri, 1992).
La gestazione ne è il perfetto paradigma. Perché sia perfetta, per mamma e bambino, l’attesa deve essere saggia, armoniosa, musicale, costruttiva, attenta. Un parto prematuro o tardivo è sempre patologico. Nell’accompagnare con consapevolezza il proprio bimbo che cresce dentro di sé, la donna scrive il suo futuro: di salute o malattia, di maggiore o minore equilibrio emotivo, ma anche biologico. Quell’attesa apparentemente passiva – il bambino cresce comunque, si dice – è in realtà un tempo ricchissimo di possibilità e di rischi. L’attesa consapevole fa crescere il grembo psichico, in parallelo al grembo biologico. Fa crescere cioè la capacità di essere mamma, che è molto di più dall’avere fisicamente un figlio. E condiziona la qualità del dialogo tra mamma e bambino, che è biochimico, emozionale, energetico.
Dall’alimentazione al movimento fisico, dalla serenità affettiva alle scelte degli svaghi, dalla capacità di rallentare i ritmi, di lavoro e di vita, alla scelta di abitarli con maggiore attenzione al tempo interiore, tutto condiziona il futuro. Più l’attesa è ricca di interiorità, di pensieri positivi, di scelte di salute, più diventa una stagione luminosa che si stacca netta dal passato e segna l’inizio di un nuovo futuro. Così è nella vita di tutti noi. Ma viviamo in tempi di crisi, dolorosi e faticosi. Siamo sfiduciati, delusi, frustrati, sempre più passivi. La tentazione del nichilismo è forte. Nell’attesa, sempre più sterile, di un futuro migliore, si preferisce tirare a campare, fare un uso minimalista dell’energia vitale. La tentazione dell’accidia è fortissima, più velenosa e mortifera per i giovani, che in questa palude annegano inconsapevoli ogni futuro di qualità. In tempi difficili diventa essenziale ripensare il modo di vivere le proprie attese. Diceva Siddharta: «So pensare. So digiunare. So aspettare». In tutti i grandi testi ritroviamo il ruolo centrale dell’attesa “abitata”. Abitata dalla riflessione, dalla meditazione, dalla prudenza – che non è palude rinunciataria, ma capacità di pensare e prevedere le conseguenze del proprio dire e del proprio fare, prima di agire.
L’attesa non è assenza: questa è la sua parte d’ombra, la sua parte irrisolta, quando il tempo è vuoto di contenuti, di emozioni vere, di preparazione, di cura, di riflessione, di letture e di studio che ci aiutino a crescere e pensare. Ed è l’assenza il virus che infetta il tempo raro dell’attesa per molti di noi. La sfida è tornare ad abitare l’attesa, e i suoi silenzi, come un tempo eccellente che scegliamo di vivere. Per prepararci ai cambiamenti, per abbandonare ciò che ha fatto il suo tempo, dentro e fuori di noi, per ripartire entusiasti e leggeri. Ognuno di noi sta aspettando, qualcosa o qualcuno. Ma come?

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