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L'amore cura il dolore, se ci teniamo per mano

10/10/2017

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Un giornale ha riportato con la grancassa uno studio scientifico perché ha dimostrato che il tenere la mano a una persona amata, durante il parto o ammalata, riduce molto la percezione del dolore, mentre questo non succede se le due persone sono in stanze separate. Sembrava fosse la scoperta del secolo! Per me è ovvio: basta aver avuto dei figli per sapere che una carezza, o un massaggino sul pancino, riducono il dolore. Le chiedo invece: perché un gesto affettuoso riesce ad attenuare il dolore?”.
Rosaria T. (Udine)
Gentile signora, oggi, in un mondo occidentale dominato dal Dio scienza, le cose sono vere solo se obiettivamente dimostrate, solo se uno studio scientifico le conferma. Altrimenti sono opinioni, giudizi soggettivi, se non addirittura illusioni, proiezioni e così via. In realtà l’esperienza umana ci ha insegnato molte verità, anche in ambito terapeutico, che purtroppo tendiamo a dimenticare in una medicina sempre più tecnologica e, mi dispiace dirlo, spesso poco umana, proprio perché pochissimo attenta alla dimensione emozionale della malattia e del dolore. Volentieri analizzo per lei i meccanismi che rendono così potentemente antalgico il tenersi per mano (nel dolore da parto o nel dolore disfunzionale, soprattutto). Ma anche la capacità analgesica di un massaggio affettuoso sull’addome, se il dolore è viscerale, come succede spesso nelle “coliche d’aria” dei bambini, dovute a intolleranze alimentari, eccessiva fermentazione e produzione di gas intestinali da parte del microbiota del colon, con dolorosa sovradistensione dell’intestino.

Le ragioni del corpo

Il dolore ha due grandi componenti: la prima è la sensazione, che è il risultato della produzione di sostanze infiammatorie in un organo malato o disfunzionale. L’infiammazione è un incendio biochimico, scatenato da diversi fattori: per esempio, da un’infezione, da un trauma, da una colica renale o intestinale, da una chemioterapia. Più l’infiammazione è intensa, maggiore è la sensazione di dolore.
La seconda componente è la percezione: che risulta dall’integrazione che il cervello fa tra la sensazione dolorosa, le emozioni associate al dolore (e a quel dolore, se cronico o recidivante) e il ricordo di altre esperienze dolorose. La percezione è quindi una sintesi squisitamente soggettiva tra la sensazione, la storia personale di quello e altri dolori, e il supporto affettivo, o meno, che la persona che soffre sente attorno a sé. Il dolore, soprattutto quello acuto e intenso, scatena emozioni negative fino all’angoscia, anche di morire.

Le vie del dolore

In che modo allora il tenere per mano la compagna può ridurre il dolore, per esempio del parto? Il segreto sta nella struttura delle vie del dolore e nel ruolo delle emozioni nel modificarne l’attività. Le molte cellule nervose delle vie del dolore comunicano l’una con la successiva (via multisinaptica). A ogni passaggio esiste un “semaforo” biologico comandato dal cervello: se abbiamo paura, se ci sentiamo soli, tutti i semafori diventano verdi. La via del dolore, che usa segnali microelettrici, diventa a “bassa resistenza”, ed ecco che i segnali del dolore, attivati dal parto, da un organo ferito o operato, viaggiano rapidi verso il cervello e accendono tutte le aree emotive, esasperando quelle della paura, dell’ansia e del panico.
Di converso, la carezza, la mano tenuta con tenerezza, l’abbraccio, sincronizzano i bioritmi, anche del battito del cuore, calmandolo, e dicono alla persona (e al suo cervello!): «Non avere paura, sono qui con te, ti voglio bene». Questo messaggio affettuoso calma l’ansia, riduce la paura e fa virare al rosso i semafori delle vie del dolore, che diventano ad “alta resistenza”. Meno segnali di dolore arrivano al cervello: cresce il sollievo. Al contempo, il contatto con la mano attiva le vie sensoriali che partono dalla pelle. Le fibre nervose sensitive arrivano al midollo spinale, dove attivano il cosiddetto “controllo di porta” (gate control): il segnale affettuoso che parte dalla pelle ha la precedenza e chiude, o socchiude, la porta al segnale di dolore.

Le ragioni del cuore

Il tenersi per mano, una carezza o un abbraccio riducono la percezione del dolore, perché agiscono calmando le emozioni negative: ansia, paura, angoscia, terrore di sentirsi abbandonati, che invece amplificano la percezione se siamo soli. Sono le emozioni negative a far diventare verdi tutti i semaforini sulle vie del dolore. Ecco perché è essenziale riscoprire il potere analgesico, di conforto e di cura della carezza, del tenersi per mano, dell’abbraccio: «Tienimi la mano, sentirò meno dolore, guarirò prima. E avrò meno bisogno di farmaci analgesici». Perché l’amore è la sentinella della vita che crede nella guarigione e nel futuro. E’ l’amore vero che aiuta la cura, con tenerezza, sollecitudine e contatto affettuoso, perché scioglie la solitudine, scaccia la paura e potenzia la capacità di guarire, ad ogni età. Ancor più se in sinergia a cure mediche ben personalizzate.

Riscopri il terapeuta del dolore che è in te

Possiamo ridurre molto il dolore di una persona cara ammalata e sofferente, se ci ricordiamo di:
- tenerle la mano con tenerezza, in casa o in ospedale, quando andiamo a trovarla;
- farle un massaggino sulla mano, con una crema idratante, mettendoci un po’ di sentimento, o massaggiare con garbo la parte che dà dolore, se è una persona di famiglia, o un’amica cara, con cui siamo più in confidenza;
- respirare lentamente e profondamente, con il diaframma (respiro “di pancia”): il respiro lento calma e, grazie al contatto di pelle, riduce ansia e paura; inoltre sincronizza i bioritmi della persona sana con quelli della persona malata, e così rallenta i battiti del cuore e la frequenza del respiro, dando benessere;
- parlare lentamente e con dolcezza, con un sorriso gentile: la voce calma è una carezza per l’anima e, in sinergia con il contatto affettuoso della mano, o un abbraccio, ha un potentissimo effetto analgesico, come sanno tutte le mamme, e i papà, sensibili del mondo.

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