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Istruzione: primo fattore di salute

Istruzione: primo fattore di salute
01/12/2025

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza»: questa raccomandazione di Antonio Gramsci mi ha folgorata al secondo anno del liceo classico, età dell’oro della mia vita, con insegnanti generosi e magnifici. Quella frase è diventata il mio motto prediletto, la mia stella del nord, la mia forza nelle molte difficoltà di una vita professionale spesso fuori dal coro, soprattutto sul fronte della terapia ormonale sostitutiva per la menopausa. Fronte su cui sono rimasta quasi da sola, in trincea, per 23 lunghissimi anni. Continuare a istruirmi, a studiare, ad approfondire, a coltivare un pensiero indipendente radicato nella prima evidenza clinica, la verità del corpo, aggiornandomi sulla fisiopatologia, sull’endocrinologia, sulla medicina interna, oltre alla ginecologia e all’oncologia, in cui sono specializzata, per cercare di scegliere il meglio per le mie pazienti, mi ha dato coraggio e competenza, fuori dal coro. E sostanza di cura: fa la terapia ormonale sostitutiva, con molta soddisfazione, l’87% delle mie pazienti, anche oltre gli ottant’anni, se desiderata e in assenza di controindicazioni, contro il 5,3% della media nazionale.
Questi dati parlano da soli. E quante donne medico fanno la TOS? Il 37-56% in Italia (fino a dieci volte la media nazionale!), 41-55% nel Regno Unito e 47% negli Stati Uniti, con percentuali nettamente superiori alle rispettive popolazioni generali. E quante laureate? In Italia, Europa e Stati Uniti, le donne con alto titolo di studio fanno la terapia ormonale sostitutiva fino a 4 volte di più rispetto alle donne con titolo di studio basso, come dimostrato da numerosi studi epidemiologici. Chi è più istruita, la fa. E vive meglio, più a lungo e con più luminosa salute.
Ora anche gli Stati Uniti hanno fatto un radicale dietrofront, nelle parole del ministro della salute Robert F. Kennedy Jr. e dei massimi esponenti della Food and Drug Administration, che hanno accusato «l’establishment medico americano di aver voltato le spalle alle donne per vent’anni, facendo temere una terapia ormonale che avrebbe dato loro forza, pace e dignità in una delle transizioni difficili della vita: la menopausa».
Ecco il punto che mi sta a cuore condividere oggi: il livello di istruzione personale è un potente fattore predittivo di longevità in salute. E non solo sul fronte post-menopausa, che pure interessa 16 milioni di donne italiane, oltre i cinquant’anni. E un altro milione circa che l’ha avuta anticipata. L’istruzione è uno scudo super-protettivo sul fronte della salute anche per gli uomini. Coloro che hanno basso titolo di studio muoiono due-tre anni prima dei laureati, a seconda delle regioni, e hanno più lunghi anni di malattia. E la probabilità che una persona con un più basso livello d’istruzione muoia di malattia è quasi dieci volte più alta di quella di un laureato o di un dottore di ricerca (dati Istat).
Il livello di istruzione condiziona la capacità di fare prevenzione, con stili di vita più sani, ma anche di scegliere le terapie migliori. E qui viene il punto dolente. L’istruzione non brilla, in Italia. Non brilla nei numeri. Nel nostro Paese solo il 20,1% della popolazione (di 25-64 anni) possiede una laurea, contro il 32,8% nella Unione Europea. Le quote di laureati sono più alte al Nord (21,3%) e al Centro (24,2%) rispetto al Mezzogiorno (16,2%), ma comunque lontane dai valori europei. Ampia distanza dagli altri Paesi europei anche nella quota di popolazione con almeno un diploma (62,9% contro 79,0% nella UE). La partecipazione degli adulti alla formazione è inferiore alla media europea, con differenze più forti per la popolazione disoccupata o con bassi livelli di istruzione. L’istruzione non brilla nemmeno nella sostanza, di reali competenze acquisite. La metà dei nostri liceali non sa comprendere un testo scritto. E il recente vizio di promuovere tutti premia un disinvestimento scandaloso dalla sostanza dell’istruzione, che non può essere né fiction, né fake. Le conseguenze dell’analfabetismo di andata, di chi non acquisisce reali capacità linguistiche, di pensiero, di analisi, di capacità matematiche, e di ritorno, di chi lascia il cervello in narcosi, sono pesantissime per la salute.
E allora? Evviva Gramsci, che forse si sta rivoltando nella tomba nel vedere quanto la sua raccomandazione cruciale sia stata tradita. Anche dalla sinistra che dovrebbe fare dell’istruzione vera, autentica, profonda e non fake, il primo fattore di libertà e di crescita personale e sociale di ogni cittadino, donna e uomo, di ogni etnia e colore, che viva nel nostro Paese.
Torniamo ad istruirci, e a continuare a farlo, a tutte le età. Per essere protagonisti attivi della nostra vita. Capaci di pensare, di scegliere, di progettare il meglio anche sul fronte della salute: per noi stessi, per le nostre famiglie, per il nostro Paese.

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