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Il segreto di una lunga vita felice

19/04/2010

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Cosa c’è in quello sguardo? Mi piace ascoltare lo sguardo dei vecchi, quando sono sereni. Ancor più quando sono felici. Mi piace sentire la densità di vita scritta nelle rughe e nelle pieghe delle mani nodose. O di mani eleganti che si muovono con grazia, anche nell’estrema vecchiaia. Mi piace cercare il segreto di vite che sanno attraversare il dolore, senza farsene uccidere. Che sanno apprendere dall’esperienza, senza accumulare amarezza o cinismo. Che dalle prove più nere sanno distillare un diverso gusto di vivere.
Ci sono denominatori comuni, in quelli che chiamiamo i grandi vecchi, uomini e donne? Grandi non perché sono famosi, o colti, o ricchi. No: perché hanno quel raro carisma che viene dall’essere se stessi, consapevolmente vivi, ancora più innamorati della vita, ancora aperti al nuovo, generosi di affetti, e attenti alla lieve bellezza di ogni giorno ancora da vivere.
Alcune cose mi hanno colpito più di altre, osservandone molti, e molte. Una sostanziale sobrietà, nello stile di vita. Per i più, fin da piccoli. In pochi, acquisita con saggezza, dopo anni più ardenti e sperimentali. Un’attenzione al corpo, alla salute del corpo, che parte dai fondamentali: cibi sani, rispetto del sonno, un bicchiere di vino senza eccessi, intestino regolare, niente fumo, un po’ di movimento fisico ogni giorno, meglio se passeggiando all’aria aperta, o lavorando nell’orto o in giardino, a seconda dell’estrazione sociale e delle passioni personali, nel lavoro e nella vita. Grande attenzione alla salute della mente: lettura, tanta; musica. Soprattutto, grande capacità di ascolto: soprattutto dei nipoti, o comunque dei più giovani. L’ascolto che sa accogliere, comprendere, confortare, consigliare: senza buonismo, anzi, ma con equilibrio, con la capacità di mettere gli eventi e gli errori in prospettiva. Un ascolto che arricchisce la mente di nuove esperienze, vissute attraverso il racconto; di nuove emozioni, che si confrontano con quelle una volta vissute in prima persona. Un ascolto “trasformativo”: che arricchisce e stimola il vecchio che ascolta, e il giovane o il bambino che parla di sé, e trova in un vecchio di famiglia, o un ex insegnante, un’oasi rara. Un’oasi in cui ripensarsi insieme a un uomo, o una donna, che hanno saggezza e morbidezza di sguardo sulla vita, ma anche la solidità rassicurante della vecchia quercia.
Questo sguardo accogliente, questa capacità di ascolto, sono amore sopraffino: sobrio eppure così intenso e confortante. Io li ho conosciuti, quell’ascolto e quello sguardo, con i nonni materni e una zia. E mi danno ancora forza. Alcuni consigli che sono state pietre miliari della mia educazione, quel calore affettuoso, quella tenerezza, ma anche quella forza quieta sono rimasti dentro di me, insieme a quel senso morale, alla serenità di aver compiuto il proprio dovere, nelle diverse stagioni della vita. Con sobrietà, come dicevo, ma al tempo stesso con l’attenzione al buon gusto e ai dettagli semplici che rendono più bella e dolce la vita: come il giardino curato con cura, il cibo preparato con amore, la musica, la conversazione accurata con il nonno dopo la lettura dei quotidiani, o con la nonna, ripetendo a voce alta le lezioni per il giorno dopo.
Non ci si improvvisa grandi vecchi. Anche quella è un’arte. E’ il compimento di un saper vivere che si snoda con passo diverso nelle diverse stagioni. Ci si prepara a una grande e luminosa vecchiaia, in cui si è un tesoro per gli altri e non un peso, se si coltiva fin da piccoli la grande salute, del corpo e della mente. Se si è generosi di affetti e di emozioni, invece di essere egoisti e lamentarsi solo dei propri guai. Se si coltiva la capacità di accogliere con amore e di ascoltare. Qualità così rare e preziose, oggi, da essere seducenti come il canto di una sirena. Un vecchio che sa ascoltare non sarà mai solo. O sola. Nell’età avanzata, il compito più alto di un uomo, di una donna, è restare un riferimento affettivo e morale della famiglia, o comunque dei più piccoli. E allora lo sguardo conserverà la passione e la curiosità per la vita, con un segreto speciale. Lo stesso che fa dire al grande Goya, nel suo autoritratto da vecchio, “Aùn aprendo”: imparo ancora.

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