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Il libro che cura

28/07/2008

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Un libro per amico? Non solo. Un libro anche come terapia, da mettere in valigia perché la vacanza sia più rigenerante, per l’anima e non solo per il corpo. I libri sono spartiti misteriosi: ognuno può trovarvi la musica su cui accordare il proprio cuore. Possono aiutarci, e molto, ad ogni età, perché fanno vibrare le nostre corde più profonde. Per i bambini, si sa, le amate e universali fiabe hanno una capacità straordinaria: dar voce a sentimenti, emozioni, desideri, paure, che il piccolo non riesce ad esprimere a parole. Attraverso la rilettura, o il riascolto – se il bambino è fortunato da avere un adulto che ami leggergli le fiabe – il piccolo rivive nel suo immaginario il sogno di quella storia. L’identificazione è immediata. E nella soluzione positiva il bambino scopre e ritrova quello straordinario strumento di fiducia nella vita che è la speranza: il credere con il cuore che anche i momenti difficili passeranno, che attraverso le difficoltà si diventa più forti, e che alla fine il bene trionferà. In un mondo sempre più disperato, nutrire (anche) con buone fiabe la fiducia nella vita è essenziale. Ed è un atto etico. L’antidoto più forte a quella seduzione suicida che poi travolge tanti nostri ragazzi nell’adolescenza. Anche i genitori affannati durante l’anno dovrebbero trovare, almeno in vacanza, il gusto e il tempo di leggere delle fiabe ai loro figli piccoli: come un tempo dedicato a se stessi, oltre che al bambino. Perché attraverso la scelta di una fiaba, più amata di altre, il bambino dà all’adulto la chiave per capire meglio il suo cuore, le sue paure, i suoi segreti, i suoi sogni. Il Gatto con gli stivali dà voce al bisogno di autonomia del bambino, ma anche alla sua capacità di reagire ad una situazione percepita di abbandono o comunque di minore attenzione, trovando una soluzione positiva e un po’ magica a problemi difficili. Cappuccetto rosso invita all’attenzione e all’autoprotezione, perché i lupi, si sa, stanno dappertutto. Hansel e Gretel possono esprimere la sofferenza di bambini inseriti in nuove famiglie, più o meno allargate, in cui non si trovano benissimo, dopo la separazione dei genitori... Per non parlare delle molte corde che sa suonare l’amatissimo Harry Potter.
Per gli adolescenti, purtroppo, la lettura è oggi in caduta libera: colpa delle famiglie teledipendenti, nelle cui case i libri sono scomparsi, di una scuola che non sa trasmettere il piacere della lettura come terra del sogno e del sublime, e di biblioteche pubbliche che, con qualche eccezione, non sanno portare i ragazzi a (ri)assaporare il piacere di leggere, segnalando dei romanzi “giusti”, per appassionare. O raccolte di racconti, per coinvolgere stuzzicando l’attenzione su temi e orizzonti diversi. Un buon libro potrebbe invece aiutare moltissimo un ragazzo: perché un racconto che ci appassioni fa da specchio ai nostri desideri. Aiuta a riflettere, dando un’eco universale a sofferenze e preoccupazioni che credevamo solo personali. Fa uscire dalla solitudine nel momento in cui un protagonista parla come se noi stessi avessimo scritto quel testo. La lettura di un buon libro fa risentire sapori, odori, orizzonti di vita e luoghi d’altri tempi. Consente un’immedesimazione che può portarci fuori dal tempo, con un gusto profondo, come mi succedeva nei pomeriggi d’estate divorando i libri della biblioteca dei nonni. Il primo nome di un tumore (“Epitelioma, si chiama, epitelioma”), l’ho incontrato a dodici anni, nel racconto di Pirandello “L’uomo dal fiore in bocca”. E quel misto di attrazione, di passione, di voglia di vita e angoscia di morte che la donna sentiva per il protagonista ha attivato certamente riflessioni profonde che si sono poi continuate fino ad una netta scelta professionale. Un libro è maieutico, quando ci rende più chiare aspirazioni essenziali, ideali, percorsi di vita che vorremmo rifare, nel modo coinvolgente e profondo con cui solo un racconto o un romanzo può fare. Per un ragazzo, è un regalo strepitoso, quando dal magma di emozioni confuse anche un libro aiuta a sentire più chiaro il destino, e più forte il futuro che merita vivere. Fino a riuscire a sentire: “So pensare, so digiunare, so aspettare” come diceva Siddharta, nell’intramontabile libro omonimo, scritto da Hermann Hesse. Quanti, giovani e meno giovani, sanno vivere oggi questi tre strumenti principe per un’esistenza consapevole?
Certo, un libro può anche, semplicemente, consolare, divertire, rilassare, emozionare in modo struggente. E regalarci modi diversi di rapportarci al mondo, e anche alle vacanze. Per chi si concede una pausa in montagna, per esempio, è un ottimo compagno di viaggio l’eccellente raccolta di “Racconti di montagna”, a cura di Davide Longo (Einaudi). Dice il curatore: “Le storie che cercavo [...] dovevano essere toccate dalla montagna, più che abitarla. I loro protagonisti dovevano vivere l’esperienza della rarefazione cui la montagna obbliga l’uomo: rarefazione dell’aria, dei suoni, degli incontri, ma soprattutto del tempo. Perché la montagna ci obbliga in primo luogo a prendere atto di questa feroce verità: il tempo esiste, è il centro della nostra vita, ma non è fatto a nostra immagine e somiglianza”. Ed ecco racconti che ci portano dal monte Fuji agli Urali, dal Kilimangiaro alle montagne delle nostre Alpi, a mangiare (in senso metaforico) “la carne dell’orso”: ”Il sapore di essere forti e liberi, liberi anche di sbagliare e padroni del proprio destino”, come scrive Primo Levi nel suo struggente racconto “Ferro”, incluso in questa raccolta. Che si conclude con l’ispirata “Ascesa al Monte Ventoso” del Petrarca. Così, tranquillamente seduti con lo sguardo sui monti, si può viaggiare nell’arte, nella bellezza di parole ed emozioni, nella letteratura, e dentro la propria anima, per riscoprire emozioni dimenticate. Perché, diceva Marcel Proust, un lettore non legge i miei libri, legge se stesso...
Un bel libro ci consente anche un viaggio nel tempo e nello spazio, in cui cambia il contesto storico – e anche questo, in sé, è appassionante, come nello splendido “Memorie di Adriano”, di Marguerite Yourcenar – ma le emozioni sono universali. E anche l’invecchiare può ritrovare tutta la sua dolcezza – penso a “Ogni passione spenta”, di Vita Sackville West – inquietudine o malinconia.
In questa pausa estiva, regaliamoci una passeggiata dal libraio: uno shopping a basso costo e dal potenziale immenso, di piaceri sottili e di emozioni, che ci fanno ridere o sognare, abitando mondi diversi, e intanto ci alleggeriscono il cuore.

Adolescenti e giovani Bambini Fiabe Libri e lettura Riflessioni di vita

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