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Il fascino della differenza e dell'impossibile

21/03/2016

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«La realtà psichica sarà sempre strutturata sull’assenza e sulla differenza. Gli esseri umani dovranno sempre venire a patti con ciò che è proibito e ciò che è impossibile». Acuta la sintesi di Joyce McDougall, psicoterapeuta attenta ai grandi denominatori psichici della vita, con cui dobbiamo confrontarci.
Quattro parole chiave: l’assenza, innanzitutto. La capacità di vivere bene l’assenza si radica nella qualità del rapporto con la mamma (o un suo sostituto stabile). Solo chi ha vissuto un attaccamento profondo può vivere bene le pause di assenza e di silenzio: perché si è sentito amato. Ha questa certezza: di esistere per qualcuno e di valere. Per gli altri, in vario grado l’assenza diventa sinonimo di morte affettiva. L’orrore del vuoto (horror vacui), di antica memoria, si presenta oggi in forme nuove. Il bisogno parossistico di stare iperconnessi rivela la diffusa angoscia abbandonica che ci pervade: per il terrore, più o meno conscio, di scoprire, nell’abisso di silenzio che l’assenza sottende, che nessuno ci ama. Stiamo connessi per soddisfare il bisogno di affetto e di presenza che non riusciamo ad appagare in modo profondo, intimo e gratificante, e perciò capace di luminoso e sereno silenzio.
Ancora più problematico è il senso della differenza. Ieri la differenza veniva accettata, codificata e ritualizzata, come parte inesorabile dell’esistenza. Oggi si esalta l’uguaglianza, in particolare dei diritti, dimenticandosi dell’uguaglianza dei doveri. Con paradossi evidenti: da un lato la negazione delle differenze fisiche e psichiche; dall’altro il bisogno di sottolineare unicità e differenze linguistiche, etniche, territoriali, storiche, con sussulti violenti di aggressività fino al razzismo: esplosione pericolosa del bisogno di diversità e di distinzione che la differenza, intrinseca alla vita stessa, alimenta.
Il senso della differenza, per insidiosi e inquieti percorsi, si intreccia con il terzo aspetto chiave della vita: il senso del proibito, il grande detonatore del desiderio. Ora che l’appagamento occidentale dei bisogni primari ha tolto magia ad ogni appetito, la perdita dei grandi repressori sociali – la religione, la morale – ha tolto gli ultimi vincoli ai veloci levrieri della trasgressione. La sazietà crea una nuova necessità. Se il corpo è sazio, è la mente insaziabile a cercare nuovi territori di caccia: di desiderio e di emozioni. Con strumenti carnali – la promiscuità, il sesso chimico e compulsivo, la fuga più o meno conscia nella perversione – e vertigini psichiche. Per esempio, la scissione della sensorialità del corpo dall’immaginario, come succede per i navigatori di siti hard. Tuttavia, il passaggio dal mondo erotico sognato alla realtà spesso delude: perché nulla è più perfetto dei nostri sogni ad occhi aperti. Nulla patisce più dei sogni la frustrazione del confronto con l’altro nella sua realtà, nei suoi limiti, nella sua differenza, proprio rispetto al nostro desiderio.
Infine, l’impossibilità: questa è la frustrazione che forse più ferisce gli umani. Il confronto continuo tra noi e gli altri, tra le nostre aspirazioni e i nostri limiti, tra ciò che ci è concesso e ciò che ci è negato, tra ciò che sappiamo conquistare e ciò che ci sfuggirà sempre, alimenta le sfide e gli scacchi più forti. Il superamento dei nostri limiti è certamente una delle sfide più esaltanti dell’esistenza: e tuttavia richiede grande senso della disciplina, senso del tempo e del contesto, per modulare l’accelerazione e la spinta delle pulsioni, per mantenere il controllo, per capire quando il limite è vicino. Quando si può oltrepassarlo di slancio e quando è necessario saper rallentare, accarezzando il proprio limite, o perfino fermarsi. Senza queste caratteristiche, la sfida all’impossibile diventa impulsiva vocazione all’autodistruzione: rischio che dilaga infatti nelle ultime generazioni, in assoluto le meno allenate a confrontarsi col senso costruttivo o distruttivo dell’impossibilità.
Lo scenario delle frustrazioni moderne si sviluppa su domande antiche. Ancora una volta, ognuno di noi deve cimentarsi con le grandi sfide dell’assenza e della differenza, del senso del proibito e dell’impossibilità. Unite da un filo rosso: il bisogno di amare e di essere amati, il bisogno di essere riconosciuti nella propria unicità (e differenza), il bisogno di emozionarci ancora, confrontandoci con ciò che è sconosciuto e spesso impossibile. Prendiamoci una pausa di riflessione: come viviamo, oggi, assenza e differenza, proibito e impossibilità?

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