EN

Gravidanze over 50: quali i rischi?

05/11/2010

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, questa estate ho seguito con molto interesse la vicenda di Gianna Nannini e della sua gravidanza. Ho 46 anni, sono stata a lungo da sola, ma adesso che ho trovato il partner giusto vorrei tanto diventare madre anch’io. Alla mia età, quali sono le reali chance di avere un figlio in modo naturale? E con l’ovodonazione? Mi aiuti a chiarirmi le idee, perché molti parlano con entusiasmo di queste gestazioni, ma pochi approfondiscono i pro e i contro della questione”.
Vera (Reggio Emilia)
Gentile signora Vera, la sua lettera dimostra molto spirito critico. Ha ragione, spesso i media presentano le maternità tardive come un’esperienza esclusivamente positiva, senza problemi: il trionfo della volontà femminile e della tecnologia medica sui limiti della natura. E non si soffermano abbastanza sui molteplici rischi che queste gestazioni comportano.
Iniziamo con qualche dato statistico: sa quante donne riescono effettivamente ad avere un figlio dopo i 50 anni? Due su un milione! Quindi si tratta di un evento tutt’altro che probabile. Non solo: già dopo i 40 anni, aumenta il rischio di aborti spontanei (ben il 40%) e di malformazioni fetali (8%, il doppio rispetto a una gravidanza a vent’anni), che a loro volta possono portare alla drammatica scelta dell’interruzione volontaria di gravidanza, con tutto il carico di sofferenza che questa comporta. Come resta pesantissimo, per le donne e le coppie che scelgano di non abortire, l’avere un bambino affetto da seri problemi di salute.
Quali sono i motivi di questo elevatissimo tasso di fallimento? Innanzitutto l’età della donna: a 30 anni, l’ovaio ha già perduto circa l’88% degli ovociti; a 40 anni, il 97%. E le cellule superstiti sono in genere anche poco vitali, il che spiega ulteriormente le difficoltà di concepimento e i rischi fetali. Dopo i 50 anni, poi, le uniche possibilità di successo sono legate all’ovodonazione (proibita in Italia), ossia all’utilizzo di un ovocita donato da una donna più giovane (20-25 anni), fecondato in vitro con gli spermatozoi del partner e successivamente impiantato in utero per la gestazione.
A questo punto, però, ci scontriamo con una seconda difficoltà: le condizioni di salute della donna. Se l’utero ha polipi, fibromi, iperplasie, o è danneggiato da precedenti infiammazioni, anche l’embrione più vitale può non trovare l’ambiente giusto in cui impiantarsi e crescere. Se poi la donna fuma, è sovrappeso, soffre di diabete o ipertensione, aumenta il rischio di malattie (come l’eclampsia), di malfunzionamento della placenta, di ridotto accrescimento fetale, di parto prematuro. Viceversa, se la donna è sana, allora la sua età biologica (ovaio a parte) può essere di 10-15 anni inferiore all’età anagrafica: in tal caso la gravidanza con ovodonazione a 50-55 anni presenta effettivamente gli stessi rischi di una spontanea a 40 anni, e si può procedere con relativa tranquillità.
L’ovodonazione presenta qualche “semaforo rosso” anche dal punto di vista emotivo: innanzitutto, come abbiamo visto, se il bambino non è sano. Ma anche se l’adattamento fisico alla gravidanza è più faticoso del previsto; se, passata l’euforia dei primi giorni, la donna si rende conto del divario di età che la separa dal figlio; se il partner è ancora più anziano di lei, e non potrà mai avere l’energia e l’entusiasmo di un padre nel pieno delle forze. Problemi che dimostrano fra l’altro come la fecondazione assistita vada gestita non solo sul piano tecnologico, ma anche su quello psicoemotivo, attraverso un counselling serio e competente che aiuti la coppia nella difficile transizione verso la genitorialità.
Spesso poi la donna soffre al pensiero che il bambino non sia realmente “suo”: questa sensazione va ascoltata ed analizzata. Tuttavia, in caso di ovodonazione la futura mamma non è mai una semplice “incubatrice”. L’espressione di geni del bambino dipende infatti dall’ambiente biochimico ed emotivo in cui si trova a crescere, e che è specifico di quella gravidanza: basti pensare all’effetto dell’alimentazione della madre, se beva o fumi, se sia depressa, stressata o serena. Inoltre, durante la gravidanza biologica, cresce il “grembo psichico”, ossia la capacità di amore e di attaccamento emotivo che la mamma sviluppa nei confronti del piccolo. E poi seguiranno il parto, e i mesi dell’allattamento, altri eventi essenziali per la qualità del legame affettivo. Quindi anche un bambino concepito con l’ovodonazione può essere percepito e amato come “proprio” a tutti gli effetti!
Riassumendo: con l’età si riduce drasticamente la probabilità di una gravidanza, e di una gravidanza serena sia per la mamma che per il bambino. L’ovodonazione non risolve magicamente il problema, perché – divario di età a parte – richiede che la donna sia sana e con un utero integro. Ma se queste condizioni si verificano, la gestazione può davvero essere vissuta con gioia e luminosa intensità. Quindi, gentile signora, se questo piccolo lo vuole davvero, non attenda oltre: ne parli con il suo partner, rivolgetevi al ginecologo e iniziate a verificare il vostro stato di salute e le possibilità residue di una gravidanza naturale. Se questa non fosse più possibile, valutate seriamente l’ipotesi dell’ovodonazione. Ho seguito molte pazienti che hanno concepito all’estero con ovodonazione, dopo una menopausa precoce (spontanea o dopo cure mediche per endometriosi o tumori). E vederle felici, con il bambino tanto sognato in braccio, mi allarga sempre il cuore. Auguri, davvero.

Cicogne tardive: che cosa prova la donna

Una gravidanza in tarda età, se la donna è sana e tutto procede bene:
- soddisfa profondamente l’istinto vitale, programmato per la riproduzione, e l’inconscio, che si nutre di sogni, di speranza, di ricerca di felicità:
- regala un’ondata di giovinezza biologica ed emotiva;
- trasmette un senso di appagamento profondo, per aver completato una fase essenziale del ciclo vitale;
- attraverso gli ormoni che la accompagnano, estrogeni e progesterone, migliora le condizioni della pelle, ammorbidisce i tratti, rende florido il seno: la donna è e si sente più giovane e bella.

Avere un figlio? Mai come "terapia"

Per ogni donna e ogni coppia, ad ogni età, la sfida più grande è saper distinguere tra “avere” un figlio ed “essere” genitori. A volte desideriamo un bambino perché la vita ci ha deluse in altri ambiti importanti: il lavoro, le amicizie, la vita affettiva. La tentazione è comprensibile, ma pericolosa. E’ infatti sempre un rischio concepire un figlio non come “espressione” del proprio amore per la vita e il proprio uomo, non come regalo della maturità, ma come rimedio alle proprie frustrazioni o delusioni. Il piccolo nascerebbe con un’enorme ipoteca: il “compito” di dare un senso alla vita dei genitori e realizzare tutti i loro sogni insoddisfatti. Con il rischio di non poter essere se stesso, di non vivere la propria vita, ma di essere costretto a realizzare tutti i sogni irrisolti della madre e/o del padre.

Fecondazione assistita Gravidanza tardiva Primo figlio

Iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato su questo e altri temi di salute e benessere con la nostra newsletter quindicinale

Iscriviti alla newsletter