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Grasso bianco o grasso bruno? Il segreto della vitamina D

Grasso bianco o grasso bruno? Il segreto della vitamina D
15/04/2019

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«Aiuto! Ho la cellulite!». Questo è uno dei problemi che più turbano le donne, giovani e giovanissime, che ne detestano l’insulto estetico alla loro bellezza, soprattutto in vista dell’estate. Importa poco, o nulla, delle implicazioni per la salute. Invece, è proprio comprendendone le caratteristiche che è possibile migliorare sia sul fronte della salute, sia sul fronte estetico. «Questa è una notizia!», diranno le Amiche lettrici.
Nel nostro corpo abitano due tipi di grasso, ossia di tessuto adiposo: il bianco e il bruno, in realtà beige scuro. Li differenziano caratteristiche sostanziali; il bianco è un grasso malato, perché molto infiammato (“ite”, del resto, è il suffisso che in medicina aggiungiamo alle parole per indicare un’infiammazione tissutale: cellulite, appunto, tendinite, bronchite, e così via). Ogni cellula adiposa bianca contiene una sola goccia piena di grassi, che ne occupa gran parte del volume. I mitocondri, che sono i preziosi polmoncini della cellula, sono piccoli, schiacciati alla periferia, respirano poco, sono asfittici. La cellula soffre. Il nucleo, che è il quartier generale perché contiene il codice genetico con tutte le informazioni utili alla vita e alla salute, quando funziona, ma anche alla malattia, quando è in allarme, lavora male. Anzi esprime il peggio di sé. Produce grandi quantità di sostanze negative per l’organismo di tipo infiammatorio e ormonale. Tra queste un estrogeno aggressivo (“estrone”), che aumenta il rischio di tumori al seno e all’utero (“endometrio”), rischio fino a 5 volte maggiore nelle persone obese e cellulitiche. Aumenta l’angiotensinogeno, che fa aumentare la pressione. Ostacola l’utilizzo periferico dell’insulina, favorendo sindrome metabolica e diabete, con tutti i problemi associati a medio e lungo termine. Più i mitocondri sono asfittici, peggio la cellula funziona, più i detriti e le sostanze ossidanti si accumulano fino a farla morire. Arrivano gli spazzini cellulari, i macrofagi, per ripulire il tessuto. Ogni cellula che muore libera purtroppo migliaia di altre sostanze infiammatorie (“citochine”) che, riversate nel sangue, intossicano l’intero organismo. Il tessuto adiposo bianco è quindi poco vascolarizzato, è infiammato, è tossico per la salute metabolica, cardiovascolare, nervosa, oltre che aumentare il rischio di cancro. Più siamo infiammati, più siamo malati, come sempre ripeto come un mantra medico.
Il grasso bruno, invece, è bello e sano. Le cellule brune hanno mitocondri in gran forma, che respirano benissimo, e ossigenano ogni compartimento della cellula, consentendole di lavorare al meglio. Sono tipiche degli sportivi e di chi fa attività fisica regolare. Il nucleo è efficiente e i geni lavorano alacremente per la salute. I lipidi sono presenti in goccioline piccine, facili da essere utilizzate per produrre energia di qualità.
E dov’è la notizia? Eccola! Un buon livello di vitamina D è essenziale per favorire il passaggio dal grasso bianco al bruno, e per ridurre il passaggio inverso. Ne ho parlato a un bel congresso multidisciplinare, ricco di contributi molto interessanti, che si è tenuto venerdì scorso a Milano. Livelli plasmatici di 40 nanogrammi/ml circa aiutano il passaggio virtuoso verso il grasso bruno, bello e attivo. Amiche lettrici, siete pronte a far dosare la vitamina D, per fare poi una strategia di salute adeguata, sempre dopo accurata valutazione medica?
Attenzione però: non si può chiedere a una sostanza, quale che sia, nemmeno alla formidabile vitamina D, di fare miracoli. Bisogna sempre darsi da fare in prima persona. Valorizzando così i molti vantaggi e le interessanti sinergie che questa vitamina (un vero ormone!) aiuta a creare in tutti i distretti del corpo (più la studio e più mi ci appassiono!). Per esempio, le donne che hanno ottimi livelli di vitamina D fanno un’attività fisica vivace più volentieri e più spesso: di conseguenza hanno muscoli più in forma, per massa, tono e performance. E se la massa magra aumenta, estetica e postura ne guadagnano di sicuro. In più, se la donna fa un’attività fisica aerobica quotidiana, con buon ritmo, migliora la vascolarizzazione periferica anche del tessuto adiposo, che ha fame di ossigeno per restare bruno. L’aumento della “capillarizzazione”, ossia della percentuale di capillari profondi che si dilatano rapidamente, in risposta all’allenamento aerobico quotidiano, consente l’ossigenazione qualitativa rapida ed efficace del tessuto adiposo e la rimozione efficace delle scorie, che sono la premessa per tenerlo sano e bello. I mitocondri captano l’ossigeno e lavorano molto meglio. La sinergia con la vitamina D facilita la formazione delle piccole goccioline di grasso che può essere subito e ben utilizzato per scopi energetici. In più, l’insulina viene utilizzata in modo ottimale e il pancreas (che la produce) sentitamente ringrazia, felice di sentire la glicemia a livelli normali. E l’osso? Torna in forma, ancor più se la donna si trova a cavallo della menopausa (tra i 2 anni prima o i 2 dopo): questi 4 anni sono infatti quelli di accelerata perdita ossea, in tutte le donne del mondo, tranne le sportive con ottima vitamina D.
In sintesi: giusta vitamina D e attività aerobica riducono (anche) la cellulite, e migliorano tutti gli indici di salute. Un binomio vincente per essere in forma e molto più belle, per tutta la vita. Guardate Jane Fonda, a 81 anni, sull’ultima copertina di Vogue: super corpo e super cervello. Chapeau! E noi tutte ci proviamo!

Cellulite Grasso bianco / Grasso bruno Infiammazione Sport e movimento fisico Vitamina D

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