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Gelosia: amore o prigione?

12/07/2016

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Sono molto preoccupata per mia figlia di 22 anni. Il suo nuovo ragazzo, di 38 anni, che prima di lei non aveva avuto storie importanti, è geloso in modo pazzesco! La controlla in tutto, con la storia che la ama da morire. La sta isolando anche dai suoi amici di sempre. Lei è innamoratissima e non intende ragioni. Dice che sono io che vedo problemi anche dove non ci sono e che lui è solo innamoratissimo come lo è lei. Qual è il confine tra gelosia normale e quella pericolosa, patologica?”.
Alberta T. (Savona)
Capisco la sua preoccupazione, gentile signora. Anche perché un uomo geloso può veramente costruire una prigione terribile intorno alla donna che dice di amare. La gelosia indica lo stato d’animo tipico di chi dubita dell’amore e della fedeltà della persona amata o di chi intuisce, o sa, di averne perduto il cuore a vantaggio di un’altra. Dal punto di vista psicologico, la gelosia è un’emozione intensa negativa, caratterizzata da dolore e angoscia per la paura di perdere la persona amata. Non è solo un sentimento. Anzi, tutto il corpo esprime quest’emozione, con forti reazioni neurovegetative, che variano dalla collera alla rabbia, dall’eccitazione al pianto, dalla perdita dell’appetito all’insonnia, a seconda della personalità, dell’essere uomo o donna, dei meccanismi di difesa prevalenti nei confronti del dolore e degli scacchi della vita.

Come nasce la gelosia?

La vulnerabilità alla gelosia, da adulti, è tanto più forte quanto più le relazioni che ci fanno soffrire ripetono copioni familiari infantili. Nella gelosia da adulti è frequente rivivere il sentimento di perdita dell’amore provato nei confronti della mamma. Questa “ferita originaria” lede la percezione di “base sicura”, che alimenta la capacità di attaccamento affettivo sicuro, ossia di amore sereno e capace di reciprocità. Crea invece le premesse di un attaccamento ansioso o evitante. Nell’attaccamento ansioso, la persona ha continuamente bisogno di essere rassicurata sulla certezza di essere amata, ed è vulnerabile ad ogni variazione, reale o proiettiva, dell’intensità dell’amore presente nella relazione. E’ quindi particolarmente vulnerabile anche alla gelosia. Nell’attaccamento evitante, la persona può anche avere una grande facilità di contatti sessuali, ma non mette facilmente in gioco il cuore. Quando, tuttavia, si consente o viene coinvolta in un sentimento profondo, diventa vulnerabilissima a un’eventuale perdita dell’oggetto d’amore. La gelosia, negata come possibilità finché il cuore non era messo in gioco, può allora diventare devastante.

Ci può essere "complicità" nella gelosia?

Sì, la gelosia, può anche essere provocata, in modo conscio o inconscio. Si parla di “induttore del sintomo”, il partner che provoca la gelosia, e di “portatore del sintomo”, il geloso manifesto. In queste coppie esiste allora una collusione, un’intesa, in genere inconscia, nel mantenere vivo questo sentimento. Perché? La gelosia può servire a mantenere alto il livello adrenalico-passionale della relazione stessa, che entrambi i partner possono temere di sentire o vedere “appiattita” senza le periodiche impennate dovute alla scenata di gelosia, alla distanza emotiva creata dall’aggressività, e agli slanci passionali e di desiderio che caratterizzano le riconciliazioni, il “fare pace”.

Quando la gelosia è normale?

Il sentimento di gelosia può essere considerato naturale e normale quando è consapevole, quando è contenuto nei limiti della percezione individuale, quando esprime la comprensibile vulnerabilità che ognuno ha, quando ama, all’idea di poter perdere la persona amata. E’ naturale che la gelosia diventi temporaneamente intensa quando l’amato/a viene realmente perduto a vantaggio di un altro/a. Il sentimento di dolore che accompagna in tali casi la gelosia fisiologica tende ad attenuarsi piano piano. Il “farsene una ragione”, come si dice nel linguaggio comune, indica la capacità sana di superare la perdita, di “elaborare il lutto”, rispettando la libertà dell’altro/a di andarsene e scegliere un altro oggetto d’amore. Questa capacità di accettare l’abbandono, o comunque l’addio, presuppone maturità, equilibrio interiore, fiducia nella propria capacità di amare e di essere amati, oltre che nella propria desiderabilità. Questi sentimenti alimentano la fiducia e la speranza di poter ritrovare un nuovo amore e di poter vivere un nuovo innamoramento felice. E’ tipica quindi di chi ha vissuto serene relazioni d’amore nella famiglia d’origine, e nei rapporti successivi.

Quando la gelosia è patologica?

E’ tanto più vulnerabile alla gelosia patologica chi è insicuro, chi ha già ricevuto ferite d’amore e abbandoni, specie nella prima o seconda infanzia, chi è o si sente solo, chi ha fatto del partner la propria luce e la propria ragione di esistenza nel mondo, chi non ha altri motivi di gioia e di gratificazione al di là della relazione con il proprio partner, chi soffre di deficit sessuali, come il disturbo erettivo. Chi, anche per ragioni socioculturali, vede il partner, in genere la donna, come “proprietà personale” e si sente autorizzato o addirittura legittimato ad averne pieno possesso, simbolico e fisico. Basti pensare che, nella legislazione italiana, la parte del Codice Rocco relativa alle attenuanti per il “delitto d’onore” è rimasta in vigore fino agli anni Settanta.
La gelosia diventa patologica, fino al delirio, quando è sproporzionata rispetto ai fatti e alle situazioni, quando li distorce, quando induce a invadere, simbolicamente, verbalmente o fisicamente il territorio affettivo dell’altro. Quando tende a chiudere ogni possibilità di relazione con altri della persona amata. Quando vìola, di fatto, la stessa libertà di scelta del/la partner.

Come comportarsi?

La situazione è molto delicata perché una figlia innamorata non intende ragioni. Bisogna almeno incoraggiarla a mantenere le amicizie, ad andare all’università, a fare una vita di relazione normale, senza farsi rinchiudere piano piano in una prigione per ora dorata, domani di piombo, che a torto chiama amore. Nelle situazioni non gravi, già il mantenere una vita normale, invece di chiudersi nell’esclusività della coppia, aiuta a restare in una condizione di riflessione e di libertà di scelta.

Quanti tipi di gelosia esistono?

Sigmund Freud riconobbe tre tipi di gelosia, tutti caratterizzati dalla coesistenza di sentimenti di segno opposto – amore e aggressività distruttiva – nei confronti della persona amata:
1) la gelosia competitiva, o normale, che è composta dal dolore provocato dalla paura o dalla convinzione di aver perso l’oggetto d’amore, dalla ferita narcisistica patita quando un altro/a ci viene preferito, dall’ostilità verso il/la rivale più fortunato e dai sensi di colpa che il geloso ha quando si attribuisce la responsabilità della perdita del partner amato;
2) la gelosia proiettiva, quando in realtà il geloso proietta sul/la partner i propri desideri di tradimento inappagati. In tal caso la paura ossessiva dell’infedeltà dell’altro/a serve a tacitare, più o meno inconsciamente, i propri sensi di colpa verso quegli stessi impulsi;
3) la gelosia delirante, o delirio di gelosia, caratterizzata dalla convinzione paranoica dell’infedeltà del partner. La caratteristica del delirio è il suo essere svincolato dalla realtà, spesso del tutto privo di fondamento, ma comunque inamovibile e immodificabile anche di fronte alle più lampanti evidenze della assoluta fedeltà del partner (l’Otello shakespeariano insegna). Il motto del soggetto, più spesso un uomo, in preda al delirio paranoico, può essere così riassunto: «Ti odio perché di te non mi posso fidare, però sei mia, e non ti consento di lasciarmi». Nelle forme estreme la gelosia delirante è associata a disturbi gravi della personalità e a crescente difficoltà a controllare i propri impulsi aggressivi e distruttivi. In questi casi l’individuo può diventare pericoloso non solo per il/la partner ritenuto traditore o colpevole di abbandono, ma che nei confronti della famiglia di origine del partner stesso o addirittura dei figli, come a volte la cronaca ci mostra, troppo tardi.

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