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Elogio del Maestro unico

08/09/2008

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Scuola: al servizio di chi? Dei bambini, oppure delle ideologie, delle mode o dei bisogni degli adulti? Al centro delle discussioni di questi giorni sul maestro unico sta la preoccupazione per la riduzione dei posti di lavoro. Problema importante, certo, ma secondario rispetto al quesito fondamentale: qual è il modello di scuola migliore per un bambino delle elementari? O, meglio: quale modello soddisfa di più i bisogni emotivi fondamentali del bambino?
Il bambino dovrebbe essere al centro di queste considerazioni, che sono invece focalizzate sui bisogni di occupazione degli adulti. Bisogni che potrebbero comunque essere costruttivamente affrontati in altro modo.
Partiamo allora dai piccoli: il primo bisogno emotivo di un bambino è l’attaccamento affettivo (“attachment need”). Vivere cioè una relazione d’amore primaria, intensa, continua e senza incertezze. E’ un bisogno essenziale in tutti i mammiferi. Nella nostra specie è amplificato e prolungato nel tempo per la nostra complessità emotiva, affettiva e cognitiva. Il bambino ha bisogno di stare emotivamente e fisicamente “attaccato” alla mamma, di sentirne l’odore, il calore, il suono della voce, le carezze. Di sentirsi amato e accudito con sicurezza, con affettuosa attenzione, con sollecitudine, con dolcezza, con fermezza, anche. Di sentirsi – coi fatti – amato, perché così maturerà due sentimenti essenziali per la vita: la capacità di amare e di sentire le emozioni e i bisogni affettivi degli altri, quell’empatia che è la base dell’intelligenza emotiva e dell’intelligenza sociale. Due strumenti che nutrono la felicità di vivere.
Chi ha avuto la fortuna di sentirsi amato con costanza di presenza materna, amerà la vita, perché ne ha sentito l’amore visibile, fin dalla nascita. Solo quando il bisogno di attaccamento è appagato, grazie alla stabilità e alla costanza del contatto con la mamma, il bambino può progressivamente maturare gli altri bisogni fondamentali: di autonomia, di identità sessuale, di autostima e autorealizzazione. Tanto meglio se la mamma è affiancata da un padre presente e affettuoso, e da famiglie di origine con cui ci siano rapporti frequenti. Le radici che nutrono la forza della personalità, il coraggio di vivere, la fiducia in sé, l’autostima, si nutrono in questa terra straordinaria che è la certezza degli affetti. La transizione tra attaccamento e autonomia non è automatica, né precoce, anzi. L’autonomia è possibile solo se il bisogno di relazioni significative profonde è gratificato nell’arco dell’intera vita. Ecco perché la famiglia, anche allargata, purché stabile nel garantire sicurezza d’amore, è essenziale, almeno fino all’adolescenza, quando poi ci si apre ad altri affetti e altri amori.
Il dramma contemporaneo dei nostri bambini nasce dalla frustrazione del loro bisogno di attaccamento, su fronti diversi. Famiglie mononucleari, che vivono distanti dalle famiglie di origine; separazione precoce e divorzio dei genitori; distacco precocissimo dalla mamma, soprattutto quando lei lavora a tempo pieno e non ci sono altri familiari a seguire con costanza il piccolo, costretto a starsene al nido per otto ore al giorno, già a sei-nove mesi; frammentazione sostanziale del rapporto con i genitori, con tempi sempre più ridotti e concitati. La prova? Oggi la parola più usata dai nostri bambini non è più “mamma”, come è stato per secoli, ma “casa”. La tana, un oggetto, uno spazio, invece che una persona. Un problema che vediamo esasperato negli Stati Uniti, in cui la maggior parte delle mamme riprende il lavoro a tempo pieno già dal terzo mese dopo la nascita, con disastri emotivi e comportamentali nei bambini e negli adolescenti. L’accudimento, anche eccellente, all’asilo nido, dal punto di vista dei bisogni fisici (pasti, gioco e pulizia), può attenuare ma non cancellare gli effetti dello sradicamento precoce. Un bisogno frustrato si prolunga nel tempo. Ecco perché, oggi più di ieri, i bambini hanno bisogno di figure di riferimento stabili anche alle elementari: la Maestra, o il Maestro. Lo scrivo con la maiuscola, per il grande rispetto che ho per questa professione di vitale importanza per il futuro emotivo, oltre che culturale, dei nostri bambini. Il tourbillon di insegnanti che è ormai la regola nelle nostre scuole è un disastro per i piccoli: basti vedere il crollo culturale contemporaneo. Che non nasce solo dall’impoverimento didattico medio, ma dal fatto, più importante, che un bambino ansioso, inquieto, impaurito, insicuro, perché sradicato troppo presto, apprende poco e male. Ecco perché il mattino dovrebbe essere affidato a un insegnante unico, solido, e con almeno dieci anni di esperienza. Il pomeriggio, visto che ormai ci si orienta verso il tempo pieno, potrebbe invece vedere la presenza di insegnanti diversi, per coltivare altri aspetti essenziali della salute emotiva e della cultura dei piccoli: lo sport, oggi così trascurato a scuola; la musica e il canto, tragicamente inesistenti; il teatro, formidabile strumento di educazione alla parola, all’espressività del corpo e delle sue emozioni, e alla crescita dell’anima poetica dei bimbi (ricorderò per sempre la mia straordinaria Suor Cristina, appassionata di teatro, che fin dalle materne ci faceva divertire come matti insegnandoci moltissimo); i giochi di gruppo, oltre naturalmente allo svolgimento di parte dei compiti. Una Maestra affidabile, appassionata del suo lavoro, consapevole di quanto futuro ci sia nel suo impegno quotidiano. Di quanto la sua voce, la sua cultura, la sua intuizione, la sua capacità di amare possano far sbocciare le potenzialità dei bambini che le sono affidati. Certo, esiste il rischio di persone inadeguate. Ecco perché questa figura dovrebbe essere accuratamente valutata, preparata, selezionata e premiata, anche economicamente. Onori e oneri. Con la chiarezza, tuttavia, che al centro della discussione ci deve essere il meglio per i nostri bambini, e non l’ideologia sindacale.

Attaccamento affettivo Bambini Scuola e università

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