Secondo fattore: togliere subito il dolore è diventato l’imperativo categorico condiviso tra pazienti e medici, al prezzo di una diagnosi mancata, o ritardata, mentre la malattia continua, più silenziosa ma non meno aggressiva, finché non presenta d’improvviso la lista dei costi e dei disastri. Due esempi per tutti: invecchiando molti anziani (le donne tre volte più degli uomini) soffrono di dolore da “artrosi”. Il termine indica una degenerazione articolare, caratterizzata appunto da dolore e deformazione, considerata un’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento, con un’equazione: se hai dolore, prendi un antidolorifico e amen. No! Perché questo significa usare il farmaco come “sintomatico”, mettendo un vero coperchio sulla pentola della patologia, senza preoccuparsi di abbassare il fuoco, ossia l’infiammazione tissutale che lo sottende. Gli anglosassoni parlano di “osteoarthritis”, ossia di osteoartrite, sottolineando così il processo infiammatorio articolare che se non curato presto e bene porta alla deformazione articolare fino alla rigidità e al completo blocco del movimento. E allora protesi! Meglio curarsi bene prima, no?
Nelle donne l’infiammazione articolare, favorita da traumi, posture errate, sedentarietà, sovrappeso, errori alimentari, è peggiorata dalla carenza estrogenica della post-menopausa: ecco perché dopo i 50 anni l’artrosi triplica nelle donne rispetto agli uomini. Sono gli estrogeni la terapia più efficace, con una riduzione del danno articolare dal 30 al 60%, purché assunti ai primi sintomi di dolore, all’inizio quindi dell’infiammazione articolare, prima che questo “incendio biochimico” abbia creato deformazioni irreversibili.
Lo stesso ritardo diagnostico avviene nelle giovani per il dolore mestruale: quando è invalidante, quando limita la vita della ragazza, che resta bloccata a letto ad ogni ciclo per i crampi violenti, non è affatto normale. E’ frequente, non normale! Interessa il 15% delle ragazze in forma grave: può essere il primo segno di endometriosi, malattia cronica e severa. Ancora oggi passano dai 7 ai 9 anni dall’inizio dei sintomi, prima che la diagnosi corretta sia fatta. Eppure il 63% delle donne che ne sono colpite ha sintomi chiari prima dei vent’anni.
Il costo di questa omissione diagnostica? Dolore prima ciclico, poi continuo (“dolore pelvico cronico”), dolore intenso ai rapporti, infertilità, chirurgie ripetute, con tutte le complicazioni associate, menopausa precoce. Vi par poco? Non rassegniamoci al minimalismo dei soli analgesici. Giusto attenuare il dolore, ma mentre si cercano le cause e le cure. Per il ciclo doloroso, cure ormonali precoci e appropriate.
L’urlo di dolore del corpo deve essere ascoltato con rispetto. Valutato con rigorosa attenzione alla fisiopatologia del dolore, ossia a riconoscere, come un vero Sherlock Holmes, tutti gli indizi biologici che portano alla diagnosi e alle cure corrette. Il dolore è un grande fiume, con tanti affluenti: i fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento. Il medico competente li diagnostica e spiega come ridurne la portata. Il paziente lungimirante li segue, con attenzione agli stili di vita e alle cure specifiche. Ecco il segreto della longevità felice, in salute.
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