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Dolore ai rapporti dopo radiologia oncologica: le soluzioni terapeutiche

Dolore ai rapporti dopo radiologia oncologica: le soluzioni terapeutiche
10/05/2019

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, mia moglie è stata operata per un cancro del collo dell’utero provocato dal Papillomavirus. Successivamente ha dovuto sottoporsi a radioterapia. Adesso soffre di forti dolori ai rapporti: è come se i tessuti della vagina si fossero asciugati e avessero perso il loro turgore. I medici curanti, bravissimi dal punto di vista oncologico, sulla questione sesso si sono limitati a consigliare un lubrificante e un dilatatore vaginale. Ma questa soluzione ci convince poco. Lei che cosa ne dice? Che cosa ci consiglierebbe di fare?”.
Giuseppe (Pisa)
Gentile signor Giuseppe, il problema di sua moglie si chiama “atrofia vulvo-vaginale” ed è molto diffuso. Una recente ricerca condotta dall’Università di Gothenburg, in Svezia, indica che il 59 per cento delle donne trattate radiologicamente per un cancro ginecologico, e che riprendono la vita intima, soffre di dolore ai rapporti, per l’effetto delle radiazioni sui tessuti. In particolare, il 19% lamenta dispareunia introitale, il 4% dispareunia profonda e il 36% entrambe le forme di dolore.
L’uso di dilatatori vaginali – spesso suggerito nella pratica medica – è corretto, perché lavora sulla componente biomeccanica del dolore. In particolare, va bene nelle donne alle quali siano state conservate le ovaie, purché continuino a produrre estrogeni, e cioè non siano in menopausa. Tuttavia, per le donne a cui siano state asportate le ovaie, insieme all’utero, o che siano già in menopausa, l’intervento terapeutico con i soli dilatatori mi sembra un po’ minimalista.
Da oncologa che lavora da decenni su questo problema ritengo che si possa fare molto di più. Per un risultato che rispetti e valorizzi la fisiologia della vagina e la qualità della sua risposta fisica è infatti indispensabile ricorrere a un trattamento multimodale. In particolare, si può agire a livello ormonale e non ormonale, oltre che con la fisioterapia e il laser vaginale.

Interventi ormonali

Nelle donne che abbiano avuto un carcinoma squamoso della cervice uterina (causato nella maggioranza dei casi da un Papillomavirus oncogeno e non dipendente dagli ormoni) si possono usare:
1. estrogeni vaginali: estradiolo o, ancor meglio, estriolo, perché è efficace, leggero (è potente 1/80 dell’estradiolo), molto ben tollerato, e per questo può essere usato in sicurezza per anni (con l’eccezione, ripeto, di tumori ormonodipendenti, come gli adenocarcinomi del collo dell’utero e dell’endometrio, che controindicano gli estrogeni, anche locali);
2. testosterone locale, vulvare e vaginale, che unisce all’azione positiva sulla lubrificazione e sulla congestione dei corpi cavernosi clitorideo, bulbovestibolare e uretrale, una preziosa azione antinfiammatoria. Va applicato sia sui genitali esterni sia in vagina, con leggero massaggio intorno all’entrata e poi sulla parete vaginale anteriore.
Il testosterone ha due grandi qualità biologiche: da un lato è un potente “pompiere”, ne senso che riduce l’infiammazione biologica, dall’altro è un grande architetto ricostruttore, nel senso che aiuta i tessuti, sia vaginali sia uretrali/vescicali, a ricostruirsi in tutte le loro componenti. In tal modo lavora in sinergia con gli estrogeni, rendendo la mucosa più soffice, più resistente, più vascolarizzata e morbida, più “paffuta”, più sessualmente responsiva. Per vedere e sentire un risultato soddisfacente sono necessari tre-sei mesi di terapia, non una notte. Si può usare il testosterone di estrazione vegetale oppure il testosterone propionato, su prescrizione medica non ripetibile (nel senso che per continuare la cura è necessaria un’altra ricetta nuova). In assenza di controindicazioni, la cura va fatta per tutta la vita!

Interventi non ormonali

Possono essere utilizzati in tutte le donne che non vogliano o non possano usare le terapie ormonali, nemmeno locali. Sono indicati, e sarà il medico curante e scegliere i più adatti alla singola donna, sia gel vaginali sia farmaci per bocca, il più recente ed efficace dei quali è l’ospemifene.

Gel vaginali

Includono:
a) gel all’acido ialuronico: aiuta a ripristinare lo strato di glucosaminoglicani che riveste la parete vaginale e a ricostituire una mucosa vaginale più spessa, robusta e sana;
b) gel al colostro: utilizza principi trofici, ossia nutritivi, che ricostruiscono le diverse componenti della parete vaginale con un meccanismo d’azione diverso dall’acido ialuronico;
c) gel a base di palmitoiletanolamide (PEA): limita gli effetti negativi della radioterapia, ancor meglio se unito a terapia per bocca con lo stesso principio attivo, che ne attenua anche i danni a distanza. Per esempio, la PEA riduce la neuroinfiammazione dovuta all’inondazione del cervello da parte delle citochine infiammatorie che si liberano per la massiccia morte cellulare da radioterapia.

Ospemifene

L’ospemifene è ora disponibile anche in Italia, mentre in USA è in commercio da due anni, con ottimi risultati clinici. Non è un ormone ed è stato approvato anche per le donne che hanno superato il tumore al seno. Può essere usato in sicurezza da chi abbia avuto tumori ginecologici e completato le cure. Si assume una compressa (60 mg) per bocca al pasto principale: questo è un aspetto molto importante per ottimizzare l’assorbimento e quindi anche l’efficacia!
Per capire come agisce, è utile immaginare i recettori ormonali per gli estrogeni come una serratura. L’ospemifene è una chiave intelligente che modifica la propria azione a seconda del tessuto in cui lavora. A livello del seno, entra nel recettore e lo blocca: ecco perché è antiproliferativo e quindi protettivo, anche dopo tumore al seno (come il tamoxifene, che è suo cugino, nel senso che appartengono alla stessa famiglia dei “Modulatori selettivi del recettore estrogenico, Selective Estrogens Receptors Modulators, SERMS”). A livello della vagina entra nel recettore e lo attiva, regalando una buona lubrificazione e una recuperata salute della parte vaginale, a tutto spessore, vasi inclusi, rispettando quindi e valorizzando la risposta naturale se usato subito dopo la radioterapia.

Fisioterapia e laser vaginale

La fisioterapia prevede una terapia di rilassamento dei muscoli del pavimento pelvico, integrata con l’uso dei dilatatori vaginali. Il laser vaginale interviene dopo il completamento della radioterapia. Ne esistono di vari tipi. E’ efficace, ma costoso. E mancano dati di sicurezza a lungo termine.

In sintesi

Con un’appropriata terapia multimodale è possibile mantenere un’ottima “abitabilità” vaginale e un’eccellente risposta sessuale, anche dopo la radioterapia. Per avere risultati ottimali, la terapia deve iniziare già in corso di trattamento: tanto prima, tanto meglio. Altrimenti la retrazione cicatriziale dei tessuti, causata dalla radioterapia, diventa tanto più difficile da curare quanto più tempo è trascorso fra radioterapia e inizio delle cure per mantenere un adeguato livello di nutrizione (“trofismo”) e di elasticità vaginale. Auguri di cuore!

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