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Diritti senza doveri, una zoppia pericolosa

Diritti senza doveri, una zoppia pericolosa
27/06/2022

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Diritti, diritti, diritti. La ormai iperbolica retorica sui diritti, in tutti i discorsi, politici e non, sta diventando tossica. Come tutti gli eccessi diventa insidiosa e fuorviante per il pensiero individuale e collettivo; per i comportamenti che determina; per le conseguenze, individuali e sociali, che ne derivano. In tutte le fasce di età, e in tutte le categorie sociali, il parlare solo di diritti sta creando una zoppia generalizzata per i bipedi umani. Una zoppia progressiva e irreversibile, se non riportiamo in equilibrio dinamico diritti e doveri, alla base dell’etica personale e civica che dovrebbe ispirare i nostri pensieri e le nostre azioni.
Il diritto alla salute, certo, è essenziale. Il dovere di custodire la propria salute, come il bene personale e sociale più prezioso, va tuttavia coltivato fin da piccini. Perché abbiamo i bambini più obesi d’Europa? Perché tra gli adolescenti abbiamo una bassa pratica sportiva, anche amatoriale? Eppure molti studi scientifici multicentrici hanno ben dimostrato che un alto livello di attività sportiva nell’infanzia e nell’adolescenza è associato con profili di salute attuali e futuri decisamente migliori, rispetto ai ragazzi inattivi, su tutti i fronti: dall’obesità alla salute cardiovascolare, dalla salute osteo-muscolare alla salute mentale. L’attività fisica regolare è il più potente antidepressivo a tutte le età. Se la depressione è quintuplicata tra i giovani, negli ultimi due anni, in parallelo all’inattività fisica prima obbligata e ora persistente, bisogna invertire la rotta, subito. Il dovere di avere cura di sé, in prima persona, è invece in caduta libera a tutte e età: lo si vede dalla difficoltà di indurre le persone a migliorare i loro stili di vita quotidiani, con una popolazione sempre più malata.
Il diritto allo studio è fondamentale. Il dovere di studiare, con costanza, ogni giorno, è tuttavia condizione necessaria perché quel diritto diventi facoltà applicata e intensamente operativa, per sviluppare talenti e vocazioni. Per sentirsi compiutamente se stessi e per vivere con molto più gusto. Perché il dovere di studiare è finito nel dimenticatoio? Non si apprende per grazia ricevuta, o solo perché si va a scuola. Si apprende perché ci si applica a studiare: con impegno, con metodo, con costanza, con disciplina e anche sacrificio. Perché queste parole sono scomparse dal lessico quotidiano? Molta della noia dei nostri ragazzi e della depressione pandemica che li rode nasce anche dal non averli allenati a una sana dialettica fra diritti e doveri, che li porti fin da piccoli a essere più attivi, più curiosi, più coinvolti, nel corpo e nella mente, ma anche più disciplinati nell’apprendere. Impegnati in sport più coinvolgenti del digitare frenetici sulla tastiera, e in letture più appassionanti di messaggini ripetitivi. Troppi adolescenti passano l’estate vegetando in giorni senza nome. Troppi genitori “normalizzano” tutto, «perché i ragazzi di oggi sono così», finché la corsa al pronto soccorso per coma etilico, o l’incidente stradale per eccesso di velocità sotto l’influsso di droghe, non segnano il punto di non ritorno.
Il diritto al lavoro, poi, è sacrosanto. Il dovere di prepararsi per sviluppare competenze degne di un lavoro di qualità è tuttavia condizione necessaria per un lavoro di soddisfazione. Perché questo dovere non viene ribadito con altrettanta energia del diritto? Passare gli esami per caso, per fortuna o per scandaloso abbassamento del livello atteso (per cui uno studente di terza media oggi ha la preparazione di uno studente di quinta elementare di trent’anni fa) serve solo ad aumentare il numero degli incompetenti totali, dei frustrati, degli illusi e degli arrabbiati che disprezzano o evitano il mondo del lavoro, preferendo l’assegno di cittadinanza. Oltre a creare problemi seri anche nelle aziende: trovare personale giovane sveglio, preparato, responsabile e motivato a lavorare è sempre più difficile. Fra qualche anno ci sarà bisogno di una nuova e inedita generazione di “esperti di comunicazione”, perché un numero crescente di impiegati non sa più scrivere correttamente nemmeno in italiano (altro che lingue straniere).
Il diritto alla longevità è magnifico. Presuppone tuttavia il dovere di fare della propria vita un capolavoro, anche in tema di salute, impegnandosi ogni giorno. Disegnando con metodo un’agenda vivace negli stili di vita. Invece che arrendersi e rassegnarsi al tempo che passa, fino a vegetare, è molto meglio impegnarsi per restare a lungo protagonisti attivi ed energici del tempo che ci è dato.
Il diritto alla felicità, infine, non abita in Paradiso. Lo si assapora più a lungo, sulla Terra, se ciascuno di noi coltiva con entusiasmo il dovere di tenersi più sano, più colto e più attivo.

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