“Ascoltarsi”, con dedicata attenzione, è il primo passo. Il corpo ci parla, dal mattino alla sera. A volte sussurra tranquillo, a volte canticchia con noi, mentre camminiamo allegri, con passo vivace, quasi di danza, se siamo felici e innamorati, della vita o di chi, per un tempo sospeso, ci ha incantato il cuore. Più spesso è una presenza negletta, a cui si dà ascolto quando segnala urgenze fisiologiche: la fame, la sete, il sonno, o più prosaiche e ineludibili necessità. Quando mostra i segni del tempo, e lo tiriamo col bisturi, per rinfrescarlo un po’. Quando la noia lo invade, e il vuoto ci spinge a cercare un eccitante, anche artificiale, per non sentirci uno zombi triste. Il corpo ci urla il bisogno di ascolto, con sintomi più perentori e a volte drammatici, quando, per mesi o anni, si è sentito lontano dalla nostra attenzione, trascurato, maltrattato, inquieto, triste o intossicato da veleni interni, lo stress cronico per primo, o esterni: cibo spazzatura, alcol, tossici ambientali. Ascoltarsi è una capacità che si affina nel tempo, è atto sottile e complesso come imparare una lingua riconoscendone i suoni, la musica delle parole, le declinazioni, i toni, le paralalie. Ascoltarsi diventa critico quando il sintomo dolore attiva la sirena d’allarme del corpo, quel semaforo rosso che dovrebbe imporci, appunto, di fermarci e ascoltarci. Cinque le domande che ci dovremmo porre, di fronte ad ogni piccolo e grande dolore: dove provo dolore? Quando provo dolore? Che cosa lo scatena? Che cosa lo attenua, o lo calma? Quali sono i sintomi associati? Dovremmo scriverlo, in un piccolo diario, se il dolore tende a ripresentarsi, per coglierne la eventuale periodicità e decifrarne meglio i fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento. Fattori chiave da valorizzare nel dialogo clinico per modificarli in modo costruttivo, così da rigenerare energia e salute.
Essere ascoltati è il secondo passo, in crisi profonda, non solo in Italia. Essere ascoltati è l’elemento centrale della semeiotica, che è appunto l’arte di saper leggere i sintomi e i segni con cui il corpo del malato parla al medico. Molti fattori concorrono a rendere marginale questo passo essenziale per un’arte medica di qualità. Innanzitutto, la perdita della centralità della semeiotica nella formazione dei medici, parallela alla sopravvalutazione degli esami strumentali e della diagnostica per immagini. Preziosa certamente, ma che ha tutt’ora un limite cardinale: la soglia di visibilità di una lesione, al di sotto della quale la malattia è presente ma non ancora riconoscibile con queste tecnologie. La malattia è già attiva, parla per mesi o anni attraverso i sintomi: ma noi, moderni San Tommaso, non formuliamo la diagnosi finché la lesione non diventa visibile. Paradigmatica è l’endometriosi, in cui migliaia di microferite aperte, che si riattivano e sanguinano a ogni mestruazione, tredici volte l’anno, feriscono il corpo e la vita della donna, per 8-12 anni, con dolore inascoltato da noi medici, finché le lesioni non sono visibili: purtroppo spesso troppo tardi. La superspecializzazione, con scotomizzazione di tutto il resto del corpo e della persona, è un secondo fattore, come se il solo problema che merita attenzione fosse, a seconda dello specialista, un cuore infartuato, un cervello ferito, una vescica infiammata o un utero sanguinante. Un organo oggetto, in un corpo oggetto sullo sfondo, non più ascoltato né osservato. E’ smarrito l’“occhio clinico”, sintesi della capacità di ascoltare e leggere il corpo, integrando quello che il paziente dice e che il corpo rivela, così da giungere a una diagnosi più tempestiva e accurata di tanta medicina per immagini. La contrazione dei tempi di visita, oggi ridotti a quindici minuti in molti ospedali pubblici e privati, rende impossibile un ascolto degno, in un tempo così concitato. Un terzo fattore drammatico. Il costo? Pesantissimo: minimalismo diagnostico e terapeutico, e rischio esponenziale di errori.
Ascoltare con attenzione, reciprocamente, è il terzo passo: quello che il medico dice e raccomanda, impegnandosi a metterlo in pratica scrupolosamente. E quello che il/la paziente dice, con l’andamento dei sintomi e della malattia, con le parole e con il corpo, essenziale per l’ottimizzazione della cura.
Ricollocare l’ascolto, nelle sue diverse declinazioni, al centro dei programmi di prevenzione, di formazione medica e di buona pratica clinica è urgente. Chi lo realizzerà?
Aderenza e compliance Ascolto Diagnosi differenziale Rapporto medico-paziente Semeiotica medica