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Devo o scelgo: l'arte di motivarsi

Devo o scelgo: l'arte di motivarsi
14/07/2025

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Che cosa distingue una persona che si sente delusa, da sé e dalla vita, o che si è arresa a una vecchiaia senza luce, da quella che si sente protagonista consapevole di ogni suo passo, a partire dagli stili di vita e poi nella scuola, nel lavoro e nella realizzazione di sé, anche avanti negli anni?

Una caratteristica, semplice e interessante: la parola che anima il “come” si vive. Devo o scelgo?

«Devi fare la dieta», «Devi studiare», «Devi fare sport», «Devi lavorare», e così via. Il “dover fare” è figlio di un comando, di un ordine, di un suggerimento, che viene da un’altra persona. Oggi suona alieno, evocando rifiuto e ribellione. E’ e resta “eteronomo”, ossia è una regola, o un consiglio stringente, dato da altri: che sia il genitore o l’insegnante, il medico o il fisioterapista, un familiare o un amico, il datore di lavoro o un superiore: è una “legge” data da altri. Non si è riusciti a farla propria, e quindi “autonoma”, riconoscendola buona.
In passato, il «Prima il dovere e poi il piacere» era norma condivisa, fin da piccoli. Il generale riconoscimento che l’educazione alla responsabilità personale, fatta anche di regole e disciplina, è il denominatore comune per crescere bene e vivere meglio rendeva il “devo” intrinseco all’educazione, come il caffelatte a colazione. Il Sessantotto ha aperto la stagione della “liberazione” dalle regole, con alcune buone conquiste, soprattutto per le donne, ma anche lati oscuri che stanno presentando il conto, come tutti gli eccessi. Di regole e norme si è visto solo il lato repressivo e autoritario, della buona educazione solo le stigma di una sorpassata visione alto-borghese. La disciplina è stata vituperata come retaggio fascista. La libertà è diventato spontaneismo senza regole né progettualità. Il diritto è percepito come l’unico paradigma dell’essere, il dovere è scomparso dal lessico familiare e sociale, la colpa è sempre degli altri (genitori, insegnanti, Stato), l’assunzione di responsabilità è un sogno del passato, mentre il “disagio” giustifica ogni efferatezza, inclusi i crescenti femminicidi. Anche il “non uccidere” è passato, da comandamento primario della vita, a optional gestito a discrezione personale. Domina il principio del piacere e dell’Io, sempre e comunque.

E’ positiva questa tendenza? No. Gli indicatori di salute mentale e sociale sono allarmanti.

Troppi bambini hanno già le più varie diagnosi psichiatriche. Molti adolescenti, e i loro sogni, sono travolti da ansia, depressione e tossicodipendenza. Aumentano gli odiatori e le odiatrici, persone cupe e fallite che si esaltano se distruggono. Molti adulti e anziani vivono in grigio, mentre potrebbero vivere a colori, cominciando dallo stile di vita.

E’ possibile cambiare questa tendenza suicida? Sono pragmatica. Nella vita personale, e nella pratica clinica, trovo molta potenza di cambiamento nel fare un ispirante passaggio motivazionale.

Da “devo” a “scelgo”, ancorando la scelta a una ricompensa fisica e/o emozionale percepita. Dicono le pazienti: «Adesso scelgo di fare mezz’ora di camminata veloce la mattina, sorridendo, perché sento che il mio miglior amico, il mio corpo, è più sano e più felice»; «Scelgo di darmi un’agenda della giornata, perché studio o lavoro meglio, e poi ho più tempo per coltivare altre passioni»; «Scelgo di non mangiare zuccheri, così non mi torna la candida e mi sento meglio anche nell’amore».
Vale a tutte le età. Una mia deliziosa paziente, con cui lo “scelgo” ha dato risultati magnifici, nonostante un problema medico molto serio, due anni fa ha avuto uno splendido bambino, cocco del papà di lei. L’uomo, 74 anni, era molto sovrappeso e diabetico: i vari “devi” (fare la dieta, attività fisica, dimagrire) erano fallimentari. Giocando col bambino a cui aveva appena regalato una macchinina a pedali, l’uomo esclama: «Questa è piccola, ma quando avrai 18 anni il nonno ti regalerà un’auto bellissima!». Poi si ferma incupito, esclamando: «Ma io avrò novant’anni! Come faccio ad arrivarci?». E la figlia, soave: «Papà, scegli di essere uno splendido novantenne. Scegli tu!». L’uomo è convertito. Fa attività fisica tutti giorni, ha eliminato alcol e dolci, è dimagrito già di dieci chili in sei mesi, diabete sotto controllo, è molto più attivo e contento. Moglie e diabetologo basiti. Quello “scelgo” di stare meglio, con una motivazione autonoma, e una ricompensa desiderata (veder crescere il nipotino adorato, restando in forma), hanno cambiato il comportamento e modificato in meglio la sua traiettoria di salute e di vita. All’opposto, senza regole, senza qualche sacrificio e tanto impegno, non è possibile esprimere se stessi, i propri talenti e i propri sogni, e vivere più soddisfatti e più in salute. Ecco il bivio: scegliere come comportarsi con responsabilità, perché la vita può avere un’altra pienezza, e un’altra luce, a ogni età.

Responsabilità / Diritti e doveri Stili di vita

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