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Compiti delle vacanze: come svolgerli al meglio

22/08/2011

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Quando si torna a scuola? Fra tre settimane, giorno più, giorno meno. E’ cominciato il conto alla rovescia. E comincia l’“ohi ohi”: i compiti per le vacanze sono quasi – o tutti – da fare. Come ottimizzare il tempo dei nostri fanciulli, che si sentono ancora in vacanza, ma è bene che tolgano ora un po’ di ruggine estiva? Innanzitutto, facendo con loro un piano di lavoro (ossia di studio), calendario alla mano. «Ma quante storie!», dirà qualcuno. Storie o no, uno dei problemi cardinali che insegnanti – e futuri datori di lavoro – ritrovano nei nostri giovani è la mancanza di un metodo, oggi di studio, domani di lavoro.
Per avere metodo [dal latino methodum, sull’etimo greco: méthodos, composto di “metá” (che conduce oltre) e “hodós” (via)], ossia un modo di fare che ci porti avanti nella vita e nel lavoro, bisogna organizzarsi. Valutare le materie, l’impegno dei diversi compiti (restanti o in toto), e scegliere le ore della giornata in cui concentrarsi sullo studio. Le migliori? Il mattino, subito dopo colazione. Quando è ancora fresco, quando bambini e ragazzini sono più lucidi e riposati (se hanno dormito almeno 8 ore per notte o più), quando c’è davanti il premio di poter poi giocare per il resto del giorno. “Prima il dovere, poi il piacere”, dicevano i nostri nonni, e un po’ di santa disciplina rivalorizzata darebbe un bel guadagno di energia e di rendimento a tutti. Due ore concentrate, cominciando con le materie in cui il bambino o il ragazzo va bene. Perché si entusiasma, perché il ricordo del programma fatto torna velocemente, perché la sensazione di fare bene aumenta la motivazione e la soddisfazione, per partire insomma con il piede giusto. Poi invece è saggio affrontare le materie in cui si sono eventualmente avute difficoltà, o che piacciono meno. Ed ecco il punto: in quelle due ore è bene che un genitore, meglio il papà, se è ancora in ferie, oppure la mamma e in terza battuta un nonno, stiano con il bambino o il ragazzino per fargli ripetere le diverse nozioni a voce alta. Questo è un aspetto cardinale: non solo perché il fanciullino non è solo con i compiti, ma perché il ripetere a voce alta a un adulto che ti ascolti con affetto, dedizione e attenzione potenzia in modo sorprendente l’apprendimento di qualità. Ho avuto la fortuna di avere una nonna e una zia che mi hanno ascoltato le lezioni fino alla terza liceo classico, con una progressione parallela dal semplice ascolto, affettuosamente corretto, alla conversazione gradualmente più colta che si innestava sui compiti del giorno (durate tutto l’anno!). Il premio per questo allenamento quotidiano è la profondità dell’apprendimento, la cura dell’espressione verbale, l’efficacia della forza argomentativa, il gusto di vestire le proprie idee con l’abito di parole più convincente ed attraente. Quanto spesso ci sembra di dominare mentalmente un argomento e poi, discutendone, ci scopriamo impreparati, non convincenti, e diventiamo perfino arroganti per imporre con un tono aggressivo un’argomentazione intrinsecamente debole o comunque male esposta? A bambini/e e ragazzi/e fa benissimo ascoltarsi mentre sono ascoltati: è un allenamento uditivo, linguistico, cognitivo ed emozionale, non solo funzionale, ma biologico, neurologico, che migliora l’efficacia comunicativa all’interno del cervello. Si creano infatti molte più connessioni tra cellule nervose e questo migliora l’intelligenza, che è espressione proprio di ricchezza di connessioni sia tra neuroni di una stessa area cerebrale, sia tra neuroni di aree diverse. Per esempio, se il bambino fa bene un compito, ripete in modo appropriato la lezione, e incontra lo sguardo di approvazione e soddisfazione dell’adulto che lo sta ascoltando, nel suo cervello si attivano non solo l’area cognitiva, ma anche l’area fondamentale della “ricompensa”: quell’area che, stimolata, ci porta a ricercare il comportamento che ci ha dato soddisfazione, con un rinforzo progressivo dato dalla ripetizione dell’esperienza positiva. Ai nostri piccoli farebbe bene tornare a imparare qualche poesia e piccolo brano a memoria: è tutta ginnastica per la mente.
Un bambino può anche essere intelligente, ma lo sarà davvero se verrà educato ad usare al meglio il proprio cervello. Prima si comincia con un buon metodo, migliori saranno i risultati. “Spontaneamente” non crescono né il grano né i talenti. Come un atleta ha bisogno di allenamento quotidiano per esprimersi al meglio, così è per il cervello: e un buon genitore è un buon allenatore. Ecco perché è opportuno anche stimolare i bambini a fare mentalmente almeno le più semplici operazioni (addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni), senza usare sempre la tecnologia. Allenare la memoria e la capacità di calcolo è un altro plus formidabile per il cervello. E, mi pare evidente, telefonini, giochi, TV e internet durante quelle due ore saranno rigorosamente spenti. Per apprendere sono necessari la concentrazione, liberata dal rumore di fondo delle continue interruzioni, e la determinazione. Tre settimane dedicate al metodo, oltre che ai contenuti, saranno utili anche per voltare pagina rispetto alle trascuratezze educative del passato. Con i tempi che abbiamo all’orizzonte, saper usare bene cervello e cultura saranno strumenti vincenti. Diceva Siddharta: «So pensare, so digiunare, so aspettare». Grande metodo: ma senza il saper pensare, non si va oltre.

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