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Castrazione chimica? No, silenzio ormonale reversibile

03/08/2009

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Castrazione chimica!” Questo termine violento, ideologicamente pesante, fa raccapricciare tutti i maschi dalla pubertà in poi, a eccezione dei giustizialisti, che anzi usano quest’espressione minacciosa con un notevole gusto. La invocano infatti periodicamente come il massimo della pena da comminare a tutti i maschi colpevoli di reati sessuali, provocando negli altri maschi, specie se garantisti, una reazione emotiva di sdegno e orrore, del pari esagerata.
Le parole sono pietre: vero. Soprattutto quando vestono un evento, in questo caso una terapia, con una montagna di emozioni distorte. Sarebbe più opportuno chiamare questo trattamento: “Silenzio ormonale androgenico reversibile”. Silenzio di che cosa? Delle produzione di testosterone, l’ormone maschile per eccellenza, da parte dei testicoli. Di fatto, con farmaci diversi, è possibile raggiungere l’obiettivo di bloccare – reversibilmente! – la produzione di quest’ormone che nutre il desiderio sessuale, ma anche l’impulsività e l’aggressività. Questi comportamenti sono infatti mediati da un’unica via neurochimica – la via dopaminergica – che nel cervello coordina appunto tutti i comportamenti “appetitivi”, orientati cioè a ottenere qualcosa, sia esso un oggetto desiderato, sessuale e non, reale o simbolico: una donna, una casa, una carriera, del denaro, un vantaggio... Nelle persone con disturbi antisociali di personalità, che possono diventare socialmente pericolose, impulsività e aggressività sono esasperate e meno controllate e controllabile, anche in ambito sessuale. Ridurre drasticamente i livelli di testosterone significa ridurre almeno in parte la componente biologica che alimenta questi comportamenti. Attenzione: la terapia agisce finché il farmaco viene somministrato. In altri termini, la produzione di testosterone ritorna ai livelli normali, non appena il farmaco venga sospeso.
La cosa curiosa, e che nessuno a mia conoscenza ha menzionato, è che nelle donne una terapia analoga – mettere a riposo l’ovaio per bloccare reversibilmente la produzione ormonale di estrogeni, progesterone e testosterone – viene fatta da decenni senza che nessuno abbia mai usato il termine “castrazione chimica” o inorridisca all’idea come succede per i maschi. Si parla invece di “amenorrea iatrogena” (ossia blocco mestruale causato da cure mediche) o anche “menopausa temporanea”: una terapia che effettuiamo tutte le volte in cui bisogna creare un silenzio ormonale temporaneo, nelle donne soprattutto estrogenico. Per esempio, quando la donna soffra di endometriosi; oppure in corso di cure per la sterilità, per usare poi terapie che portino a ovulazioni multiple per la fecondazione assistita. E, ancora, per proteggere l’ovaio nelle donne giovani con tumori alla mammella o d’altro tipo, quando si debba fare una chemioterapia. Dunque si tratta di terapie note e molto praticate. Nella donna si usano e non fanno rumore, nell’uomo il solo parlarne scatena il finimondo: ma guarda!
Si dirà: nella donna sono usate per curarla. D’accordo. Il fatto che siano usate da decenni e su un numero consistente di donne, tuttavia, ci dà già ampia prova di maneggevolezza, reversibilità e innocuità (con l’eccezione delle conseguenze della carenza ormonale), senza nessuna nota tragica, anzi a volte con miglioramento del benessere (per esempio nelle donne con dolore pelvico cronico da endometriosi).
Precisato questo, e non è poco, come possiamo ottenere il silenzio ormonale del testicolo? Con iniezioni di “analoghi del GnRH”, sostanze che, in uomini e donne, bloccano reversibilmente quella parte della centralina del cervello – l’ipotalamo – che comanda poi l’ipofisi e, appunto, il testicolo. Nell’uomo, è una terapia che viene fatta, tra l’altro, in alcuni casi di carcinoma della prostata. Oppure, l’inibizione del testosterone viene ottenuta con progestinici (medrossiprogesterone acetato, MAP) o antiandrogeni (ciproterone acetato), rispettivamente in forma di impianti sottocutanei o di compresse per bocca. Il silenzio ormonale androgenico che ne deriva riduce nel giro di qualche mese il desiderio sessuale deviante, l’aggressività e l’impulsività, e quindi anche le patologie comportamentali ad essi correlate.
Funziona sempre? No, ed è bene dirlo con chiarezza. Gli studi americani relativi a maschi colpevoli di pedofilia, e trattati con queste terapie, mostrano che: a) non sempre la riduzione del livello di testosterone è sufficiente a inibire il comportamento patologico deviante, che ha anche forti componenti motivazionali di tipo psichico, relative alla gratificazione e al piacere che molte di queste persone provano nel compiere reati sessuali; b) molti uomini colpevoli di reati sessuali chiedono strumentalmente queste terapie per ottenere riduzioni di pena, ma poi le effettuano in modo saltuario o le sospendono; c) la psicoterapia che accettano di fare in parallelo alla terapia spesso diventa una finzione, solo per ottenere tutti i vantaggi – ancora in termini di riduzione di pena – che l’opzione psicoterapica e il silenzio ormonale androgenico reversibile consentono. Oltretutto, basta che un uomo in trattamento compri nascostamente del testosterone in gel o compresse e tutto il silenzio ormonale viene vanificato, con ritorno baldanzoso del desiderio, dell’impulsività e dell’aggressività, sessuale e non. Ecco perché queste misure farmacologiche, che hanno un loro ruolo, vanno meditate, collocate all’interno del progetto di prevenzione delle recidive, e rigorosamente somministrate e monitorate. Negli studi finora pubblicati, i risultati sono variabili: le recidive sono significativamente ridotte in alcuni, o addirittura azzerate, solo se il soggetto continua rigorosamente la terapia farmacologica, specie con gli analoghi del GnRh.
E allora? Sarebbe bene che giustizialisti e garantisti si documentassero un po’ meglio sugli aspetti medici e psicologici delle “cure” che propongono o ostacolano, prima di partire con la lancia in resta.
Il problema, come si è visto, è infatti reso acuto dalla cristallizzazione strumentale della definizione “castrazione chimica”: nei “giustizialisti” per incutere terrore, nei “garantisti” per evocare orrore, facendo leva quindi su reazioni emozionali viscerali che non aiutano a collocare correttamente il trattamento ormonale nell’ambito del pacchetto di misure di prevenzione delle recidive di violenza sessuale.
L’opzione “silenzio ormonale androgenico reversibile”, descrittiva della verità dell’intervento farmacologico e non gravata da distorsioni emotive, dovrebbe far parte invece del bagaglio di prevenzione e cura, da decidere su base clinica caso per caso. Non dovrebbe tuttavia comportare una riduzione di pena perché può prevenire recidive future, ma non può e non deve cancellare la responsabilità del colpevole verso quanto ha fatto in passato.
Quanto all’aut-aut “Se è una cura, allora vuol dire che il violentatore e/o il pedofilo è un malato, e allora non è punibile. Oppure è punibile, e allora non è malato”, credo che vada definitivamente superato. Si può essere malati, ed essere comunque in grado di capire le conseguenze dei propri comportamenti, e responsabili quindi dei danni, spesso gravissimi, che essi provocano ad altri. Tante perizie psichiatriche, e tante sentenze “al momento del fatto il signor... non era in grado di intendere e di volere... e quindi non è pericoloso” (!), provocano non solo una sostanziale ingiustizia nei confronti delle vittime, ma consentono al violentatore di tornare rapidamente in libertà, libero anche di compiere gli stessi reati, come i casi recentissimi di cronaca insegnano. Nello specifico, è tragico che si assimili il non essere in grado di intendere e di volere al momento del reato, perché in preda a un “raptus” (!), con la non pericolosità. Semmai, è proprio il contrario: è la non prevedibilità del cosiddetto raptus, o l’avere personalità multiple o comunque dissociate, a rendere chi ha già commesso un reato grave, anche sessuale, ancora più inquietantemente pericoloso.
Un maggior rigore nella valutazione dei fatti, un uso più attento delle parole e un minor uso dell’alibi psichiatrico dovrebbero portarci all’unico obiettivo che è davvero un deterrente nei confronti dei reati, anche sessuali, giusto nei confronti delle vittime e rispettoso del dolore e dei danni da esse subìti: la certezza della pena, che sia davvero proporzionata alla gravità del fatto. Dopo questa certezza, primaria e imprescindibile, merita attenzione la prevenzione delle recidive del reato sessuale, farmacologica e psicoterapica: insieme, se ben effettuate, queste due misure hanno dimostrato di dare i migliori risultati in termini di pragmatica efficacia.

Abuso, molestie, stalking, violenza sessuale e domestica Castrazione chimica Etica e bioetica Pedofilia

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