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Aspettative: dalla morte alla rinascita

18/09/2017

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Nella casa interiore, quella che abita tra mente e cuore, c’è una stanza preziosa, che tutti abbiamo. E’ la stanza delle aspettative. Affollata e vibrante da giovani, si può riempire di ragnatele e tristezza se periodicamente non la visitiamo, non l’aggiorniamo, eliminando polvere, affetti e progetti deceduti e aspettative superate, per riaccenderla di altra energia e di altri sogni. Per andarci bisogna avere una pausa di calma e di silenzio. Entrarci a volte è entusiasmante, a volte doloroso. Richiede coraggio, quando sentiamo il peso della perdita che ci incalza. Per tutti i momenti che si alternano.
La stanza delle aspettative ha vibrazioni antiche e magiche, che risuonano in ognuno di noi. Quanto più ci alleniamo a visitarla e a riflettere, respirando lentamente e profondamente, con il respiro “di pancia” che ci aiuta a trovare la calma e il silenzio interiore, tanto più ci diventa amica. Proprio cara. Bisogna entrarci concentrati, ascoltando e guardando negli occhi le nostre aspettative: per assaporare quelle realizzate. Per comprendere meglio come concretizzarne altre in modo efficace. Ma anche, ed è questo lo spunto di oggi, per accettare la morte di quelle non realizzabili.
Le aspettative abitano ogni aspetto della vita: dalla salute all’amore, dallo studio al lavoro, dallo sport agli svaghi, dal guadagno al benessere. Nella parola c’è un significato profondo: dal latino “expectare”, che significa guardare fuori. E’ l’attesa – attiva o passiva – per la riuscita di un progetto, di un desiderio, di una speranza. Può esser costrittiva, e toglierci libertà ed energia, se in qualche modo oscuro ci obbliga a fare, a dimostrare, ad agire, oltre il perimetro dei nostri sogni, per realizzare sogni altrui. Oppure a perseguire un obiettivo, anche personale, che ha fatto il suo tempo. O un progetto in cui sono entrate variabili che non controlliamo. O che il tempo ha fatto evolvere in modi inattesi, e non sempre favorevoli.
Chi di noi non ha avuto un’aspettativa forte di felicità in amore? O di famiglia affettuosa? O di lavoro esaltante? O di salute ricca di energia vitale? La vita ci confronta continuamente con aspettative deluse, non realizzate, abortite o morte. Ecco: il funerale delle aspettative è un processo essenziale della vita. Solo riconoscendo periodicamente le aspettative che non si realizzeranno più è possibile ripartire su un principio di realtà.
E’ un processo necessario? Sì: per molte ragioni. Evita di intrappolare tonnellate di energia vitale in strade e percorsi senza sbocco. Oppure in paludi fatte di accuse e rimpianti. O nelle sabbie mobili dei sensi di colpa. Liberàti dalle aspettative decedute, possiamo ripartire più leggeri, più concreti e fiduciosi, perseguendo progetti che abbiano più possibilità di essere realizzati. Quel funerale necessario presuppone un’analisi accurata delle cause di morte, di quel sogno, di quel desiderio. Dei fattori tossici ambientali che sono intervenuti. Degli errori personali compiuti. Richiede autocritica e onestà intellettuale (almeno con sé stessi!), senza alibi e senza scuse. Anche piangendo con il giusto dolore l’irreparabilità di un’aspettativa ferita o morta che non è stato proprio possibile realizzare, anche se l’abbiamo accarezzata e coltivata con cura.
Ognuno di noi conserva un’illusione di controllo su tutto, ma la vita ci insegna quanto l’impensabile possa irrompere e devastare anche il progetto migliore. Mi piace pensare alle aspettative come all’Araba fenice: mito straordinario di morte e rinascita che esiste in tutte le culture. Perché porta con sé un messaggio fondamentale: l’importanza esistenziale del rinnovamento, del cambiamento. Di accettare che parti di sé possano morire per rinascere ad un livello diverso di vita interiore, di energia, di qualità e intensità di sguardo sulla vita. Ma anche di progetti e obiettivi realizzati.
Quanta energia perdiamo tutti i giorni in rimpianti, malinconie, tristezze, rimproveri, accuse e sensi di colpa per aspettative non realizzate? E a correre senza (più) senso? Il suggerimento affettuoso è di tornare ciascuno nella propria stanza delle aspettative: ci aiuta a chiudere i cerchi, a concludere una riflessione sottotraccia che magari da tempo affiora insistente nei nostri sogni. A dirci e ripeterci, con la saggezza di Morfeo, che dobbiamo fermarci ad ascoltare che cosa sta cambiando ed è finito. Ci chiede di rallentare la frenesia delle corse quotidiane, per chiederci se è ancora su questo tipo di vita che vogliamo continuare. Anche senza rivoluzioni radicali, ma nei modi e nei tempi, nelle priorità. Quali aspettative serve, tutto questo agitarsi? Non è depressiva, questa riflessione, e nemmeno nichilista. E’ strategica: ci aiuta a selezionare. E poi ad esprimere e realizzare davvero – o almeno provarci – le aspettative concrete che oggi sono care al nostro cuore.

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