“Ho 62 anni, sono separata da una vita. Non ho figli. Fin da piccola non ho mai amato il Natale. I miei genitori litigavano sempre. Non riuscivano a stare in pace nemmeno quel giorno. E tutte quelle luci e quei discorsi sulla bontà mi sono sempre sembrati così falsi. Non li sopportavo e non li sopporto. Adesso però mi rendo conto che qualcosa è cambiato, in peggio. L’avvicinarsi delle feste mi dà tanta malinconia, tanta tristezza. Mi sento sola, più sola che in tutto il resto dell’anno. Anche adesso ho paura dell’avvicinarsi di queste feste. Che cosa posso fare per non svegliarmi il giorno di Natale e ritrovarmi a piangere da sola, come è successo l’anno scorso?”.
Giuseppina L. (Fiesole)
Giuseppina L. (Fiesole)
Cara signora Giuseppina, sì, il momento natalizio può essere tanto triste e difficile per moltissime persone. Al punto che si parla di “tristezza da Natale”, o di “Christmas blues”, malinconie natalizie, come le chiamano gli inglesi. Lo sanno bene psicologi, psichiatri e medici di famiglia. Il contrasto tra i luccichii esteriori, e la solitudine che molti avvertono nella propria vita, può essere così stridente da diventare intollerabile. A volte c’è un fatto obiettivo, come il vivere davvero da soli, senza solidi rapporti familiari. Molto più frequentemente, la famiglia esiste dal punto di vista anagrafico: tuttavia non è percepita come fonte di affetto, di sostegno, di calore, ma come un insieme quasi casuale di persone che condividono poco o nulla di quel che conta davvero nella vita, soprattutto dal punto di vista affettivo. Anche questa percezione può a volte basarsi su dinamiche reali. Più spesso, tuttavia, è invece la conseguenza di una percezione dei fatti alterata da un forte stato depressivo, esasperato dalle feste, come vediamo in molti adolescenti e in molti anziani, in questo periodo. Il problema quindi esiste, e può davvero causare molta sofferenza interiore.
Da che cosa dipende la tristezza da Natale?
E’ una malinconia che compare con maggiore frequenza nelle persone che soffrono di disturbi dell’umore, specie se di tipo “ciclotimico”, in cui cioè si alternano periodi di allegria, buonumore, fiducia, ad altri di pessimismo cosmico, di tristezza pervadente, di depressione senza luce. E’ più frequente nelle donne che soffrono di sindrome premestruale, specie se il Natale coincide con la settimana che anticipa il flusso, e nelle donne che abbiano già sofferto di depressioni, per esempio dopo il parto o in altri momenti difficili della vita. E’ crescente negli anziani di ambo i sessi, sia per l’effetto dell’età, che tende a ridurre la serotonina, il neurotrasmettitore che aumenta il nostro stato di benessere, sia per l’effetto della crescente solitudine con cui molti anziani si confrontano, soprattutto quando hanno lasciato il lavoro e, per le diverse vicissitudini della vita, vivono da soli. Specialmente se, come per lei, il Natale evoca ricordi tristi, fin dall’infanzia.
Perché alcuni soffrono di più di questa tristezza da Natale?
La ragione è biologica e psichica. Esiste infatti, come dicevo, un fattore “predisponente” per così dire, di tipo neurochimico, spesso dovuto a fattori genetici, che inducono minori livelli di serotonina nel cervello. Questo significa perdere le lenti colorate e avere sugli occhi solo lenti grigie o nere per guardare la vita. Fin qui, la piccola malinconia potrebbe ancora essere accettabile. Tuttavia può sfociare in una depressione franca, se fattori esterni “precipitanti” - la solitudine, la mancanza di dialogo e di affetto, a volte le stesse difficoltà economiche in un periodo in cui sembra che tutti debbano spendere di più, in pranzi e regali – scompensano lo stato psichico già più vulnerabile. Ecco che allora, per evitare il ripetersi di un Natale triste, dobbiamo agire bene sul fronte della prevenzione. Il nostro primo amico, in questo caso, è proprio il medico di famiglia.
Che cosa può fare il medico?
Agire proprio sul fronte della vulnerabilità biologica. Come? Prescrivendo, se indicate, basse quantità di “inibitori della ricaptazione della serotonina”, ossia farmaci che aiutano, già a basse dosi, a riportare a livello normale, o comunque più fisiologico, livelli di serotonina troppo bassi. Questo aiuta il cervello, proprio nella sua struttura biologica, a “cambiare le lenti”. Non più nere o grigie, ma azzurrine... se non proprio colorate, migliorando lo stato emotivo di base e riducendo in tal modo la vulnerabilità poi ai fattori esterni. E’ importante iniziare questa “profilassi contro le malinconie di Natale” fin dai primi di dicembre, o anche prima. Questo perché i farmaci impiegano circa 20 giorni per dare un cambiamento apprezzabile dal punto di vista soggettivo. Il medico di famiglia, che più di tutti conosce i suoi assistiti, può poi parlare con i familiari, se è una persona di cuore, così che ci sia un’attenzione e una cura affettuosa più concreta, anche da parte della famiglia. Ne parli con il suo medico, gentile amica, così da avere un aiuto prezioso in un momento tanto delicato e vulnerabile!
Prevenire e curare – Non solo farmaci
Tutti noi abbiamo una responsabilità etica nell’aiutare chi, più sfortunato di noi, è solo, si sente solo, o è comunque in difficoltà. Soprattutto a Natale. Come?
- sintonizzando le antenne del cuore su chi ci sta vicino;
- riservando un po’ di tempo per andare a trovare persone sole, o malate, o in difficoltà, magari con un piccolo pensiero dolce, inatteso;
- se si hanno figli, coinvolgendoli in queste piccole buone azioni, che li educhino ad uscire dall’egoismo imperante dei nostri tempi;
- invitando a pranzo o a cena quei parenti, o anche la vicina, specie anziani, che sappiamo soli;
- facendo un trillino di buon giorno, specie durante le feste;
- mandando con un bigliettino affettuoso una stella di Natale che anticipi il nostro arrivo.
Sono così terapeutici i piccoli gesti di affetto e di attenzione! Costano poco e danno tanto. Possono riscaldare il cuore e aiutare ogni persona rattristata ad avere fiducia, a ricredere che ci sia ancora spazio per un sorriso, per lei, anche a Natale.
- sintonizzando le antenne del cuore su chi ci sta vicino;
- riservando un po’ di tempo per andare a trovare persone sole, o malate, o in difficoltà, magari con un piccolo pensiero dolce, inatteso;
- se si hanno figli, coinvolgendoli in queste piccole buone azioni, che li educhino ad uscire dall’egoismo imperante dei nostri tempi;
- invitando a pranzo o a cena quei parenti, o anche la vicina, specie anziani, che sappiamo soli;
- facendo un trillino di buon giorno, specie durante le feste;
- mandando con un bigliettino affettuoso una stella di Natale che anticipi il nostro arrivo.
Sono così terapeutici i piccoli gesti di affetto e di attenzione! Costano poco e danno tanto. Possono riscaldare il cuore e aiutare ogni persona rattristata ad avere fiducia, a ricredere che ci sia ancora spazio per un sorriso, per lei, anche a Natale.
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