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Figli dopo i 40 anni: non solo luci

30/06/2010

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“La mia migliore amica ha voluto a tutti i costi un figlio a 44 anni, secondo me anche suggestionata da questa epidemia di mamme quaranta-cinquantenni che sorridono felici da ogni copertina. In parte perché insoddisfatta dei risultati sul lavoro, in parte perché appannata in una relazione troppo “seduta”, ha cominciato a pensare a un figlio come l’unico obiettivo importante della vita. Quando è rimasta incinta, era al settimo cielo. Ero felice per lei. Ma ora sono molto preoccupata: la gravidanza è stata difficile, con continue minacce d’aborto. Quattro mesi fa ha partorito un bambino prematuro, con problemi respiratori, per cui le è rimasto due mesi in terapia intensiva. Ora il piccolo è a casa, ma non sta ancora bene. Lei è depressa, triste, angosciata, più di prima. Le scrivo per questo: non le sembra necessario che sui giornali parlino con più obiettività delle difficoltà e dei rischi delle maternità dopo i quarant’anni, invece di farla sembrare una panacea?”.
Margherita U. (Lucca)
Sì, gentile Margherita, concordo totalmente con lei. A leggere i giornali sembra che la maternità dopo i quarant’anni sia un’esperienza fantastica, solo ed esclusivamente positiva, anzi straordinaria, senza ombre né problemi. Forse perché le gravidanze problematiche, o esitate in aborto o parti prematuri, con bambini malformati o gravemente ammalati, non vanno in copertina.

Che cosa prova una donna quando ha un figlio dopo gli anta?

In positivo, può sentire un’ondata di giovinezza biologica, oltre che emotiva. A volte un senso di onnipotenza, che può essere insidiosamente pericoloso. Spesso avverte un senso di felicità profonda, per aver completato una fase essenziale del ciclo vitale, dopo aver realizzato altri obiettivi professionali. L’ondata degli ormoni che accompagnano la gravidanza, estrogeni e progesterone, migliorano la pelle, danno luminosità, ammorbidiscono i tratti, rendono florido e pieno il seno: la donna è e si sente più bella. Uniti alle emozioni positive di un bambino desiderato, questi cambiamenti possono effettivamente far sentire la donna in uno stato di grazia felice mai provato prima. Se, poi, il piccolo corrisponde al “bambino dei sogni”, perché è bello, simpatico e intelligente, ancor più se ha un carattere “congeniale” a quello della mamma e, magari, del papà, ecco che la felicità può essere assoluta e scintillare, comprensibilmente, da ogni copertina.
In negativo, la donna può sentirsi inquieta, per la paura che qualcosa possa andar male (in effetti dopo i 40 anni aumentano il rischio di malformazioni fetali (8%), doppio rispetto alla gravidanza in età giovane, e di aborti spontanei (40%). E i problemi diventano reali, se il figlio non è il bambino perfetto dei sogni, come purtroppo è successo alla sua amica.
Dopo gli anta, le gravidanze possono essere obiettivamente più problematiche, e richiedono maggiore attenzione soprattutto nella diagnosi prenatale, relativa sia alla valutazione di possibili rischi di anomalie cromosomiche (diagnosticate o escluse mediante villocentesi o amniocentesi) sia di piccole anomalie (“soft markers”), diagnosticate durante l’ecografia, che possono creare ansie enormi e interferire sul processo di attaccamento tra madre e bambino, già essenziale durante la stessa gravidanza.
Una donna può essere ancora più vulnerabile alla delusione se, come la sua amica, giudica la propria vita con insoddisfazione e frustrazione. Aggiunga poi le difficoltà di riadeguare la propria esistenza alla presenza di un piccolo, ostinandosi a pensare che “tutto resterà come prima”. Difficoltà importanti se il piccolo è malato, prematuro e/o comunque bisognoso di cure specifiche, oltre a quelle primarie. Auguri per la sua amica, che mi sembra abbia bisogno della sua amicizia ma anche di uno specifico aiuto antidepressivo, psicologico e farmacologico.

Prevenire e curare – Un figlio come "terapia"

E’ sempre un rischio concepire un figlio come “terapia” delle proprie insoddisfazioni, frustrazioni o delusioni: anche perché il piccolo nascerebbe con l’enorme ipoteca di dare un senso alla vita dei genitori e “dover” realizzare tutti i loro sogni insoddisfatti. In sintesi:
- dopo gli “anta”, ci sono più rischi obiettivi per la gravidanza, il che non esclude la possibilità di gravidanze magnifiche;
- il rischio maggiore è di cercare un figlio non come “espressione” del proprio amore per la vita e il proprio uomo, non come regalo della maturità, ma come “riparazione” di tutte le proprie ferite aperte e ambizioni insoddisfatte. E’ forse questa l’insidia più rischiosa per le mamme dopo gli anta;
- per ogni donna e coppia, ad ogni età, la sfida è saper distinguere tra avere un figlio e essere genitori.

Gravidanza tardiva

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