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Ipertensione: quanto conta lo stile di vita?

14/06/2010

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Ipertensione: ecco un’epidemia silenziosa che presenta conti salati, improvvisi e a volte fatali, in uomini e donne, e in età sempre più giovani. Infarti, ictus, emorragie (cerebrali e non), che distruggono non solo la vita personale ma anche quella dei familiari, sono il segno di un duplice problema.
Primo, che la persona non era nemmeno consapevole di essere ipertesa: quasi la metà degli ipertesi non sa di esserlo. Come capire se siete a rischio? Se siete sovrappeso o francamente obesi, sedentari, un po’ diabetici, ma anche perennemente stressati e/o in carenza cronica di sonno, se cominciate ad avere qualche défaillance nell’erezione e, se donne, siete in menopausa, andate subito a misurarvi la pressione prima che sia lei a darvi un brutto scossone all’improvviso.
Secondo, infarti e ictus rivelano che il semaforo rosso acceso da una prima diagnosi di ipertensione non è stato capito né rispettato con attenzione: e infatti la terapia è seguita in modo rigoroso e costante nel tempo solo da una minoranza delle persone.
Il mercato dei farmaci anti-ipertensione (o ipotensivi) è florido, anzi floridissimo. Tuttavia il farmaco può non bastare a controllare l’ipertensione. E comunque può agire meglio, a dosaggi più bassi, e quindi con meno effetti collaterali, se usato in sinergia con stili di vita sani. Quanto contano esattamente dieta, riduzione del peso e movimento fisico nel prevenire e curare le malattie cardiovascolari, ipertensione in testa, mortali nemiche della salute, anche femminile? Tra l’altro, molto più del tumore alla mammella, che però le donne temono infinitamente di più? A questo quesito rispondono Frank Sacks e Hannia Campos, in un articolo appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, la “bibbia” internazionale dei medici. Direte: come fa la dieta a combattere l’ipertensione? Per capirlo, dobbiamo considerare perché essere sovrappeso o francamente obesi predisponga all’ipertensione e alle “malattie di cuore”. Innanzitutto, l’eccesso di zuccheri e grassi rispetto al fabbisogno provoca un alterato utilizzo dell’insulina con aumento di peso. Insieme ad un’eccessiva introduzione di sodio nella dieta, determinano uno stato infiammatorio generale in tutto l’organismo. Un vero e forte stress biologico, con aumentata attività del sistema nervoso simpatico, che regola tutte le funzioni essenziali e involontarie del corpo, tra cui il battito cardiaco e la pressione arteriosa, appunto, ma anche metabolismo, fame, sete, sonno, temperatura corporea, funzioni escretorie, ghiandole endocrine e sessualità. Sotto stress, il sistema simpatico coordina lo stato di guerra silenzioso e insidioso in cui entriamo progressivamente mentre ingrassiamo. Lo stress provoca vasocostrizione e aumenta la pressione. Se cronico, che sia psichico o fisico, come è il sovrappeso, l’aumenta stabilmente.
Curiosamente, la persona grassa sembra paciosa, ma a livello microscopico tutto il suo corpo è in allarme rosso. Le molecole infiammatorie invadono il cervello e peggiorano la depressione. Riducono la capacità di pensare bene. Alterano il respiro e il sonno. Attaccano le pareti delle arterie, facilitando il deposito di colesterolo e di calcio, e le induriscono predisponendo all’aumento della pressione. Alterano l’attività dei reni.
Cosa otteniamo con una dieta ipocalorica e povera di sodio (o, almeno, sostituendolo con il “sale dietetico”, o cloruro di potassio)? Diminuisce lo stato di guerra biologico. Si riducono le molecole infiammatorie, il sistema nervoso autonomo comincia a calmarsi, i reni funzionano meglio, si riduce la ritenzione idrica, la parete delle arterie diventa più elastica. Tanto più se iniziamo ai primi segni di pressione in salita, e non dopo anni di ipertensione. Tuttavia, non è mai troppo tardi per recuperare in salute in modo naturale. Tutti vogliono il “naturale”, parola magica pass-partout, ma pochi si impegnano a mettere in pratica stili di vita sani. Se poi si fa movimento fisico quotidiano, ecco che il binomio virtuoso (dieta e attività fisica) riporta indietro, entro certi limiti, l’orologio biologico cardiovascolare precocemente usurato e invecchiato.
Prendere i farmaci, se non si adottano in parallelo stili di vita sani, è come mettere il coperchio su una pentola che bolle, invece di abbassare il fuoco: il guaio è garantito. Per gustare a lungo una luminosa salute, non possiamo delegare ad altri – medici e farmaci – la responsabilità della nostra vita. Curare personalmente che il nostro cuore stia bene – in senso reale oltre che metaforico – attraverso stili di vita appropriati, è indispensabile per allungare in dignità e autonomia la nostra aspettativa di salute. Nessun altro può farlo al posto nostro.

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