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Avversione sessuale dopo menopausa chirurgica

09/04/2008

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Un'operazione, poi qualcosa muta all'improvviso. E per il partner non si prova più il trasporto di sempre.
“Mi è successa una cosa molto strana, che mi ha messa in crisi anche nel mio matrimonio. Due anni fa, a 45 anni, mi è stato tolto l’utero per fibromi e le ovaie, perché erano cistiche. Così mi ha detto il medico. Non ho fatto ormoni perché mi fanno un po’ paura, con tutto quello che si sente di negativo su di loro. Però, a distanza di due anni, io non solo non ho più desiderio ma provo una vera avversione alla sola idea che mio marito mi tocchi. Se mi abbraccia, mi fa una carezza, mi dà un bacino tenero, va tutto bene. Ma se sento solo un’intenzione ad andare più in là mi irrigidisco come un baccalà. E’ più forte di me. Siccome non è successo niente di negativo tra di noi, e anzi lui è sempre stato un ottimo marito, sono molto dispiaciuta. Sento che ci stiamo allontanando e non vorrei perderlo. Pensa che l’intervento mi abbia cambiata dal punto di vista sessuale? C’è una cura che funzioni?”.
Maddalena S. (Perugia)
Sì, è possibile, e nemmeno tanto raro che l’asportazione dell’utero e delle ovaie, e la perdita degli ormoni sessuali, possa colpire la sessualità in modo profondo, a livello sia biologico, sia psicologico. Non solo bloccando il desiderio, ma al punto da creare una vera e propria avversione sessuale. In positivo, è possibile affrontare bene il problema ripristinando l’equilibrio ormonale perduto e affrontando in parallelo le possibili implicazioni psicologiche che l’asportazione di utero e ovaie può comportare nel senso di femminilità e seduttività della donna.

Che cosa succede a livello biologico dopo l'intervento di asportazione di utero e ovaie?

Dal punto di vista fisico, la perdita di tutta la produzione ovarica di estrogeni e testosterone toglie la spinta biologica più forte del desiderio: vengono frenate sia la via “dopaminergica”, ossia la parte del cervello che attiva il desiderio sessuale, l’energia vitale, l’assertività, la voglia di fare, di creare, di rispondere ad un’avance sessuale gradita e... di sedurre, sia la via “serotoninergica” che regola il tono dell’umore, migliorando il sorriso con cui guardiamo la vita quando siamo anche fisicamente in forma, e appannando lo sguardo sulle cose quando invece questi ormoni mancano dopo la menopausa chirurgica. Nella mia esperienza, in una percentuale di donne intorno all’8% questo appannamento del desiderio e dell’umore cambia addirittura di segno e diventa vera e propria avversione sessuale. Un’avversione strettamente dipendente proprio dalla carenza ormonale, quando non ci siano stati nella coppia conflitti, delusioni, tradimenti o altri fattori negativi di tipo affettivo.

Si può modificare quest'avversione?

Sì, se la base è biologica. Nella mia esperienza clinica, infatti, una terapia ormonale su misura, con ormoni bioidentici (estradiolo e testosterone in cerotto) può con gradualità attenuare l’avversione sessuale fino a ripristinare desiderio e piacere nel rispondere alle avances di un partner amato. Sottolineo con gradualità, perché riportare in equilibrio i neurotrasmettitori cerebrali dopo due anni di silenzio ormonale richiede tre-sei mesi di cura prima di avvertire che il corpo risponde come prima dell’intervento. La sensazione di “ritrovarsi” è molto bella: “Mi sento di nuovo una donna”, oppure: “Mi sento di nuovo viva”, o ancora; ”Che brutta quella sensazione di fastidio, di irritazione... Adesso che ho ritrovato il gusto di far l’amore mi sembra che tutta la mia vita abbia ripreso colore!”.

Dal punto di vista psicologico, quanto può pesare questo intervento di asportazione di utero e ovaie?

Molto dipende dalla motivazione all’intervento. La donna che ha sintomi pesanti, per esempio mestruazioni emorragiche che la indeboliscono e che non si riesce a controllare con la terapia medica, può vivere molto bene l’intervento perché le sembra di uscire da un incubo in cui la sua vita era dominata dai capricci delle mestruazioni.
Per le donne con pochi sintomi, per esempio per una fibromatosi evidenziata solo con l’ecografia e la visita, l’intervento può dare un contraccolpo depressivo se l’utero ha un grande valore simbolico per la donna, indipendentemente dall’età e dal poter avere ancora figli. Ecco allora la sensazione di sentirsi “meno donna” perché manca quell’organo “cuore” della femminilità. Inoltre, in circa il 30% delle donne l’utero “partecipa” all’orgasmo con contrazioni ritmiche e piacevoli. Dopo l’isterectomia alcune donne riferiscono che l’orgasmo “non è più come prima” e che hanno perso “la sua nota profonda”. Per questo è importante affrontare prima dell’intervento tutti i pro e i contro, e iniziare una terapia ormonale subito dopo, così da minimizzare le conseguenze e ottimizzare lo stato di salute su tutti i fronti.

Prevenire e curare – Tutte le strade per salvaguardare l'intimità

Per ridurre la probabilità di un intervento di isterectomia per fibromatosi è bene:
- effettuare controlli ginecologici almeno annuali, con ecografia pelvica transvaginale e pap-test, così da individuare per tempo la comparsa di fibromi o di altre patologie;
- in caso di fibromi con mestruazioni abbondanti, fare una terapia con progestinici e antiemorragici (come l’acido tranexamico) così da ridurre la crescita dei fibromi, la quantità del flusso e l’anemia conseguente;
- integrare la dieta con ferro e acido folico, per prevenire/curare l’anemia;
- dopo l’intervento, effettuare subito una terapia sostitutiva con estrogeni e testosterone, così da ottimizzare il senso di benessere e il desiderio di vivere e di amare ancora.

Avversione sessuale Menopausa iatrogena

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